A proposito delle "idee" del ministro della pubblica (d)istruzione....
La scuola di Valditara
Sono sempre più numerose le proposte dell’attuale ministro della Pubblica Istruzione, i cui interventi invadono ormai quotidianamente l’attività delle scuole italiane. Bisogna risalire al ministro Berlinguer degli anni 1999/2000 per trovare un tale profluvio di iniziative e di indicazioni di riforma provenienti dalle segrete stanze di coloro che si sentono detentori dell’educazione dei nostri giovani. Alcune proposte sono oggetto di aspre critiche, come quella delle “lezioni di educazione sentimentale”, che risulta essere una “invasione di campo” da parte dell’istituzione pubblica, la quale non dovrebbe sostituirsi ad altre “agenzie educative”, come la famiglia, le associazioni e i movimenti, ma teoricamente dovrebbe “istruire”, ossia dare delle conoscenze e competenze spendibili poi in campo lavorativo. Una scuola che assorba tutti gli aspetti dell’educazione dei ragazzi, cercando di condizionare il loro modo di pensare e di agire, sarebbe uno strumento dello Stato etico, non dello Stato laico. Sono gli Stati totalitari che si occupano di ogni aspetto della vita umana e che cercano di influire sul pensiero e sul comportamento degli individui! Lo Stato laico è lo Stato che lascia libere le persone di pensare, di agire e di organizzarsi come ritengono più opportuno, senza imporre una visione del mondo, un’etica appunto, qualunque essa sia. E non si può negare che il cosiddetto “gender” sia un’ideologia, che riguarda sia il modo di pensare che di agire! Per tale motivo non dovrebbe assolutamente essere reso obbligatorio, ma in realtà neanche insegnato nelle scuole, in quanto si tratta di un argomento che esorbita dalla competenza dell’istituzione scolastica.
Ma questo è solo la punta dell’iceberg, nell’azione del ministro Valditara. Il suo chiaro intento, infatti, è quello di affidare a poco a poco la trasmissione delle conoscenze e competenze a nuove “metodologie di insegnamento”, togliendole ai docenti in servizio, descritti come vetusti rottami di un sapere antiquato. La parola d’ordine dell’ex professore universitario è “Nuova Didattica”: l’apprendimento dovrebbe avvenire in “ambienti” (ovviamente rigorosamente informatizzati) e tramite “percorsi formativi”, che siano diametralmente opposti agli obsoleti programmi di una scuola orma completamente superata dai tempi. Il nemico da abbattere, per questo luminare della cultura, è il vecchio programma (anche perché la programmazione, vera perla della scuola italiana, è già defunta da tempo e nessuno sa più nemmeno che cosa sia), che va sostituito con attività non ben precisate, inventate volta per volta, che dovrebbero “legare” l’istituzione alla realtà circostante. Per raggiungere tale scopo il genio dell’educazione nostrana ha in serbo un’arma segreta, anzi due: da un lato il “tutor”, figura mitologica che avrebbe il compito non solamente di seguire personalmente alcuni studenti, ma soprattutto di far capire agli altri docenti come si insegna, se non l’avessero ancora capito; dall’altro l’intervento degli esperti esterni, vere e proprie divinità sotto l’aspetto apparentemente umano, che finalmente istruiscono i ragazzi come si conviene e non come maldestramente tentano di fare le mummie che salgono in cattedra ogni giorno.
Inutile dire che il faro indicatore da seguire ciecamente è la favolosa scuola anglosassone, nella quale non esiste il gruppo classe ma gli studenti si riuniscono insieme a seconda dell’argomento da trattare e si spostano nell’aula opportuna, così che imparano a muoversi ciclicamente e ininterrottamente nell’istituto, con indubbi risultati dal punto di vista ginnico e quindi della loro salute. Tutti sanno, d’altronde, che la bravura negli sport è considerato un fattore di estrema importanza nella scuola statunitense e in quelle affini. Peccato che il movimento “mentale” non sia pari a quello fisico. A conferma di ciò mi viene in mente la risposta che mi diede uno studente di quinta, durante l’esame di maturità, nella quale ero presidente di commissione. Questo studente aveva trascorso l’anno precedente in Canada, con il progetto “Erasmus” e allora io gli avevo chiesto: “Che giudizio dai di questo periodo?”. Lui rispose, senza esitazione. “prof., ho imparato a sciare”.
prof. Pietro Marinelli
La scuola di Valditara
Sono sempre più numerose le proposte dell’attuale ministro della Pubblica Istruzione, i cui interventi invadono ormai quotidianamente l’attività delle scuole italiane. Bisogna risalire al ministro Berlinguer degli anni 1999/2000 per trovare un tale profluvio di iniziative e di indicazioni di riforma provenienti dalle segrete stanze di coloro che si sentono detentori dell’educazione dei nostri giovani. Alcune proposte sono oggetto di aspre critiche, come quella delle “lezioni di educazione sentimentale”, che risulta essere una “invasione di campo” da parte dell’istituzione pubblica, la quale non dovrebbe sostituirsi ad altre “agenzie educative”, come la famiglia, le associazioni e i movimenti, ma teoricamente dovrebbe “istruire”, ossia dare delle conoscenze e competenze spendibili poi in campo lavorativo. Una scuola che assorba tutti gli aspetti dell’educazione dei ragazzi, cercando di condizionare il loro modo di pensare e di agire, sarebbe uno strumento dello Stato etico, non dello Stato laico. Sono gli Stati totalitari che si occupano di ogni aspetto della vita umana e che cercano di influire sul pensiero e sul comportamento degli individui! Lo Stato laico è lo Stato che lascia libere le persone di pensare, di agire e di organizzarsi come ritengono più opportuno, senza imporre una visione del mondo, un’etica appunto, qualunque essa sia. E non si può negare che il cosiddetto “gender” sia un’ideologia, che riguarda sia il modo di pensare che di agire! Per tale motivo non dovrebbe assolutamente essere reso obbligatorio, ma in realtà neanche insegnato nelle scuole, in quanto si tratta di un argomento che esorbita dalla competenza dell’istituzione scolastica.
Ma questo è solo la punta dell’iceberg, nell’azione del ministro Valditara. Il suo chiaro intento, infatti, è quello di affidare a poco a poco la trasmissione delle conoscenze e competenze a nuove “metodologie di insegnamento”, togliendole ai docenti in servizio, descritti come vetusti rottami di un sapere antiquato. La parola d’ordine dell’ex professore universitario è “Nuova Didattica”: l’apprendimento dovrebbe avvenire in “ambienti” (ovviamente rigorosamente informatizzati) e tramite “percorsi formativi”, che siano diametralmente opposti agli obsoleti programmi di una scuola orma completamente superata dai tempi. Il nemico da abbattere, per questo luminare della cultura, è il vecchio programma (anche perché la programmazione, vera perla della scuola italiana, è già defunta da tempo e nessuno sa più nemmeno che cosa sia), che va sostituito con attività non ben precisate, inventate volta per volta, che dovrebbero “legare” l’istituzione alla realtà circostante. Per raggiungere tale scopo il genio dell’educazione nostrana ha in serbo un’arma segreta, anzi due: da un lato il “tutor”, figura mitologica che avrebbe il compito non solamente di seguire personalmente alcuni studenti, ma soprattutto di far capire agli altri docenti come si insegna, se non l’avessero ancora capito; dall’altro l’intervento degli esperti esterni, vere e proprie divinità sotto l’aspetto apparentemente umano, che finalmente istruiscono i ragazzi come si conviene e non come maldestramente tentano di fare le mummie che salgono in cattedra ogni giorno.
Inutile dire che il faro indicatore da seguire ciecamente è la favolosa scuola anglosassone, nella quale non esiste il gruppo classe ma gli studenti si riuniscono insieme a seconda dell’argomento da trattare e si spostano nell’aula opportuna, così che imparano a muoversi ciclicamente e ininterrottamente nell’istituto, con indubbi risultati dal punto di vista ginnico e quindi della loro salute. Tutti sanno, d’altronde, che la bravura negli sport è considerato un fattore di estrema importanza nella scuola statunitense e in quelle affini. Peccato che il movimento “mentale” non sia pari a quello fisico. A conferma di ciò mi viene in mente la risposta che mi diede uno studente di quinta, durante l’esame di maturità, nella quale ero presidente di commissione. Questo studente aveva trascorso l’anno precedente in Canada, con il progetto “Erasmus” e allora io gli avevo chiesto: “Che giudizio dai di questo periodo?”. Lui rispose, senza esitazione. “prof., ho imparato a sciare”.
prof. Pietro Marinelli
A proposito delle "idee" del ministro della pubblica (d)istruzione....
La scuola di Valditara
Sono sempre più numerose le proposte dell’attuale ministro della Pubblica Istruzione, i cui interventi invadono ormai quotidianamente l’attività delle scuole italiane. Bisogna risalire al ministro Berlinguer degli anni 1999/2000 per trovare un tale profluvio di iniziative e di indicazioni di riforma provenienti dalle segrete stanze di coloro che si sentono detentori dell’educazione dei nostri giovani. Alcune proposte sono oggetto di aspre critiche, come quella delle “lezioni di educazione sentimentale”, che risulta essere una “invasione di campo” da parte dell’istituzione pubblica, la quale non dovrebbe sostituirsi ad altre “agenzie educative”, come la famiglia, le associazioni e i movimenti, ma teoricamente dovrebbe “istruire”, ossia dare delle conoscenze e competenze spendibili poi in campo lavorativo. Una scuola che assorba tutti gli aspetti dell’educazione dei ragazzi, cercando di condizionare il loro modo di pensare e di agire, sarebbe uno strumento dello Stato etico, non dello Stato laico. Sono gli Stati totalitari che si occupano di ogni aspetto della vita umana e che cercano di influire sul pensiero e sul comportamento degli individui! Lo Stato laico è lo Stato che lascia libere le persone di pensare, di agire e di organizzarsi come ritengono più opportuno, senza imporre una visione del mondo, un’etica appunto, qualunque essa sia. E non si può negare che il cosiddetto “gender” sia un’ideologia, che riguarda sia il modo di pensare che di agire! Per tale motivo non dovrebbe assolutamente essere reso obbligatorio, ma in realtà neanche insegnato nelle scuole, in quanto si tratta di un argomento che esorbita dalla competenza dell’istituzione scolastica.
Ma questo è solo la punta dell’iceberg, nell’azione del ministro Valditara. Il suo chiaro intento, infatti, è quello di affidare a poco a poco la trasmissione delle conoscenze e competenze a nuove “metodologie di insegnamento”, togliendole ai docenti in servizio, descritti come vetusti rottami di un sapere antiquato. La parola d’ordine dell’ex professore universitario è “Nuova Didattica”: l’apprendimento dovrebbe avvenire in “ambienti” (ovviamente rigorosamente informatizzati) e tramite “percorsi formativi”, che siano diametralmente opposti agli obsoleti programmi di una scuola orma completamente superata dai tempi. Il nemico da abbattere, per questo luminare della cultura, è il vecchio programma (anche perché la programmazione, vera perla della scuola italiana, è già defunta da tempo e nessuno sa più nemmeno che cosa sia), che va sostituito con attività non ben precisate, inventate volta per volta, che dovrebbero “legare” l’istituzione alla realtà circostante. Per raggiungere tale scopo il genio dell’educazione nostrana ha in serbo un’arma segreta, anzi due: da un lato il “tutor”, figura mitologica che avrebbe il compito non solamente di seguire personalmente alcuni studenti, ma soprattutto di far capire agli altri docenti come si insegna, se non l’avessero ancora capito; dall’altro l’intervento degli esperti esterni, vere e proprie divinità sotto l’aspetto apparentemente umano, che finalmente istruiscono i ragazzi come si conviene e non come maldestramente tentano di fare le mummie che salgono in cattedra ogni giorno.
Inutile dire che il faro indicatore da seguire ciecamente è la favolosa scuola anglosassone, nella quale non esiste il gruppo classe ma gli studenti si riuniscono insieme a seconda dell’argomento da trattare e si spostano nell’aula opportuna, così che imparano a muoversi ciclicamente e ininterrottamente nell’istituto, con indubbi risultati dal punto di vista ginnico e quindi della loro salute. Tutti sanno, d’altronde, che la bravura negli sport è considerato un fattore di estrema importanza nella scuola statunitense e in quelle affini. Peccato che il movimento “mentale” non sia pari a quello fisico. A conferma di ciò mi viene in mente la risposta che mi diede uno studente di quinta, durante l’esame di maturità, nella quale ero presidente di commissione. Questo studente aveva trascorso l’anno precedente in Canada, con il progetto “Erasmus” e allora io gli avevo chiesto: “Che giudizio dai di questo periodo?”. Lui rispose, senza esitazione. “prof., ho imparato a sciare”.
prof. Pietro Marinelli
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