• Attenzione BOMBA!

    Questo è sul sito televisivo di Bild, la rivista più letta in Germania.
    (E ancora niente nei media sovvenzionati francesi).

    Dottor Gunter Frank:
    Il tempo della verità è arrivato! Lo stato, durante la crisi Covid, ha danneggiato milioni
    di persone fisicamente, psicologicamente ed esistenzialmente.
    Ha ucciso diverse decine di migliaia di persone. Perché?

    Perché lui ha:
    · Persone rinchiuse in una quarantena completamente inutile.
    · persone addestrate in una campagna di vaccinazione criminale, con un vaccino la cui efficacia è marginale
    e lo spettro degli effetti collaterali è vasto.

    Lo stato è stato preso da una vasta rete e sotto pressione massiccia affinché 4000 brevetti Covid vengano finalmente rimborsati,
    a tutti i costi.

    Non facciamoci ingannare! Il lockdown, l'obbligo di indossare la mascherina, le molestie ai cittadini, la diffamazione delle critiche avevano un solo obiettivo: creare una pressione di soccorso affinché una merce invenduta, derivante dalla ricerca sulle armi biologiche, potesse finalmente portare ad una vendita riuscita nel settore civile.

    In definitiva, questo può essere considerato solo come un attacco alla popolazione civile, compiuto dallo Stato.

    Sono stati commessi reati gravi, tra cui i ministri della Salute Spahn e Lauterbach, nonché i direttori di Wiele (RKI)
    e Cichutek (PEI).

    Penso che dovremmo parlare di lesioni personali e omicidio involontario.

    Se siamo uno stato di diritto, questi reati vanno perseguiti, perché i prossimi attacchi come questo sono già pianificati e continueranno a nuocere alla nostra salute.
    Ecco perché dico che la crisi Covid non sarà finita finché i responsabili non saranno assicurati alla giustizia.

    Fonte:
    https://x.com/itsmeback_/status/1821138091920203805?t=mo_sL3zyYzl9v01Z3w6Iqg&s=19
    Grazie a Christine
    per la traduzione.

    Attenzione BOMBA!💣 Questo è sul sito televisivo di Bild, la rivista più letta in Germania. (E ancora niente nei media sovvenzionati francesi). Dottor Gunter Frank: Il tempo della verità è arrivato! Lo stato, durante la crisi Covid, ha danneggiato milioni di persone fisicamente, psicologicamente ed esistenzialmente. Ha ucciso diverse decine di migliaia di persone. Perché? Perché lui ha: · Persone rinchiuse in una quarantena completamente inutile. · persone addestrate in una campagna di vaccinazione criminale, con un vaccino la cui efficacia è marginale e lo spettro degli effetti collaterali è vasto. Lo stato è stato preso da una vasta rete e sotto pressione massiccia affinché 4000 brevetti Covid vengano finalmente rimborsati, a tutti i costi. Non facciamoci ingannare! Il lockdown, l'obbligo di indossare la mascherina, le molestie ai cittadini, la diffamazione delle critiche avevano un solo obiettivo: creare una pressione di soccorso affinché una merce invenduta, derivante dalla ricerca sulle armi biologiche, potesse finalmente portare ad una vendita riuscita nel settore civile. In definitiva, questo può essere considerato solo come un attacco alla popolazione civile, compiuto dallo Stato. Sono stati commessi reati gravi, tra cui i ministri della Salute Spahn e Lauterbach, nonché i direttori di Wiele (RKI) e Cichutek (PEI). Penso che dovremmo parlare di lesioni personali e omicidio involontario. Se siamo uno stato di diritto, questi reati vanno perseguiti, perché i prossimi attacchi come questo sono già pianificati e continueranno a nuocere alla nostra salute. Ecco perché dico che la crisi Covid non sarà finita finché i responsabili non saranno assicurati alla giustizia. Fonte: https://x.com/itsmeback_/status/1821138091920203805?t=mo_sL3zyYzl9v01Z3w6Iqg&s=19 Grazie a Christine per la traduzione. 👇👇👇
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  • Sul match Imane Khalif - Angela Carini

    Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia).

    Auguro all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria.
    Tuttavia c'è un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi XY e non XX.
    Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi.

    Ora, in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi.

    Chiedo scusa per essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in forma dimostrativa.

    E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici.
    (Segnalo un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.)

    Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto?
    Storicamente la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70. Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente.

    A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale" delle differenze.

    Di questo superamento sostanziale fanno parte numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica (o, per chi vi aderisce, ideale).

    Si tratta di una curiosa forma di idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io (alla Natura, alla Materia, alla Società).

    Di questa tendenza fa parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale percepita, vista come come superiore all'identità biologica.

    L'intera tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile, rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti.

    Il cerchio così si chiude.

    La prima mossa sancisce la superiorità delle pretese idealistiche di una sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla biologia, ma anche sulla realtà sociale).

    La seconda mossa, mette al sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come omofobe, sessiste, retrograde, ecc.).

    E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale?

    Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi.
    Ed è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo delirio culturale.

    Andrea Zhok
    Sul match Imane Khalif - Angela Carini Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia). Auguro all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria. Tuttavia c'è un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi XY e non XX. Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi. Ora, in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi. Chiedo scusa per essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in forma dimostrativa. E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici. (Segnalo un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.) Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto? Storicamente la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70. Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente. A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale" delle differenze. Di questo superamento sostanziale fanno parte numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica (o, per chi vi aderisce, ideale). Si tratta di una curiosa forma di idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io (alla Natura, alla Materia, alla Società). Di questa tendenza fa parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale percepita, vista come come superiore all'identità biologica. L'intera tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile, rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti. Il cerchio così si chiude. La prima mossa sancisce la superiorità delle pretese idealistiche di una sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla biologia, ma anche sulla realtà sociale). La seconda mossa, mette al sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come omofobe, sessiste, retrograde, ecc.). E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale? Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi. Ed è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo delirio culturale. Andrea Zhok
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  • OLIMPIADI PARIGI 24 E L'ULTIMA CENA

    Siamo stati inondati delle immagini della rappresentazione blasfema dell’Ultima cena all’inaugurazione delle Olimpiadi di Parigi 2024. Anzitutto devo premettere una considerazione: concordo con chi ritiene non solo inutile, ma addirittura dannoso continuare a far vedere immagini di questo tipo. Infatti, moltiplicando le visualizzazioni dell’obbrobrio per suscitare ribrezzo o scandalo, se ne aumenta la diffusione e si finisce con l’ingigantirne l’importanza; cresce la consistenza di tale provocazione.

    Perché di provocazione di tratta, ovviamente: è l’ennesimo atto di dissacrazione di ciò che sta più a cuore ai cristiani, cioè la persona e l’azione di Gesù. E il ridicolo tentativo di sminuirne l’obiettivo non sta in piedi nemmeno una frazione di secondo. Sentirsi dire da uno che ha lavorato per due anni a tale “messa in scena” che l’ha fatto perché “voleva che nessuno si sentisse escluso”, dà più l’impressione di uno che si “arrampica sugli specchi” piuttosto di uno che dice la verità. La motivazione è evidentemente la messa in ridicolo dell’Ultima cena, la cui versione più famosa e più bella è quella di Leonardo, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano.

    A questo punto uno potrebbe chiedersi: “ma che cosa c’entra l’Ultima cena con le Olimpiadi”? Perché hanno scelto di iniziare con una evidente denigrazione e ancor più ridicolizzazione di uno dei capolavori dell’arte cristiana di tutti i tempi? Anzi, forse il più emblematico, per quanto riguarda la fede cristiana?

    Evidentemente, per quanto possa sembrare paradossale, gli organizzatori di questa sceneggiata hanno la convinzione che la fede cristiana c’entri con tutto, anche con le Olimpiadi. La fede coinvolge tutti gli aspetti della vita e forma la mentalità della gente, per cui essi identificano il cristianesimo come il nemico da distruggere. In particolare è il cattolicesimo “tradizionale”, la fede cristiana autentica l’obiettivo dei loro strali dissacratori.

    Devo ammettere che c’è una certa intelligenza nella scelta dell’ultima cena. Ho l’impressione che chi opera “dietro le quinte” di tale rappresentazione oscena ci abbia pensato bene. Sembra che ci sia un’intelligenza “diabolica” (forse proprio in senso letterale). Perché dico ciò?

    Perché questo è un attacco mirato al cuore della fede cristiana e quindi all’essenza della Chiesa come realtà umana, come “corpo sociale” agente nella storia, nella quale è presente il divino. Tale realtà non è assimilabile ad alcun potere mondano, per cui costituisce il vero “pericolo” per chi detiene le “leve del comando” nel mondo.

    Facciamo un passo indietro: cosa avviene nell’ultima cena? Il momento fissato da Leonardo è quello dell’istante in cui Gesù pronuncia la frase “uno di voi mi tradirà” e i discepoli, sconvolti, si chiedono chi sia il traditore o smentiscono di esserlo. Ma l’ultima cena è soprattutto il momento dell’istituzione dell’Eucarestia, quando Gesù Cristo si dona totalmente agli apostoli e decide di darsi fisicamente a loro e di conseguenza a tutti gli uomini. Decide di continuare ad essere presente in mezzo a noi nella forma della carne (l’Ostia consacrata) e del sangue (il vino santo).

    Nell’Eucarestia si compie il Mistero dell’Incarnazione: Dio si rende presente in maniera talmente fisica da essere “mangiato e bevuto” e in tal modo entrare nella carne di ognuno di noi per darci la vera vita. Questa è una cosa che non è nemmeno pensabile dalla mente umana: che Dio, incommensurabile e onnipresente, si renda presente in un pezzo di pane e in un sorso di vino, che l’infinito si concretizzi in un particolare infimo, non può essere immaginato dall’uomo. Chi glielo farebbe fare? Perché Dio dovrebbe “rinunciare” alla sua “assolutezza” per diventare “finito”, cioè “definito” in una piccola parte di materia? E’ talmente assurda questa “scelta di Dio” che non esiste in nessun’altra religione, anzi quelle successive al cristianesimo l’hanno abolita e sono ritornate alla concezione di Dio come totalmente diverso dall’uomo, perfettissimo e incorruttibile e quindi assolutamente irraggiungibile dagli uomini.

    E’ solo nel cristianesimo, e in particolare nel cattolicesimo, che si stabilisce un contatto tra Dio e l’uomo, in quanto Dio, facendosi uomo, si rende incontrabile, toccabile, addirittura mangiabile, appunto nell’Eucarestia. E questo Dio-uomo ha scelto di nascere in una famiglia normalissima, composta da un padre e una madre, e di vivere la vita delle persone di quel luogo e di quel tempo esattamente come uno di loro. Non ha fatto alcuna “rivoluzione”, nel senso che non ha assolutamente azzerato e nemmeno ridotto la tradizione e i costumi che lo circondavano, bensì li ha portati a compimento, senza dimenticare nulla di ciò che era stato tramandato. Nemmeno uno iota della legge andrà perduto: questo è il “motto” che sta alla base del pensiero e dell’azione dell’Uomo-Dio.

    Ma tornando alla radice della questione, chi glielo ha fatto fare, a Dio, di diventare un uomo? E di soffrire come nessun altro? E di comunicarsi con il corpo e il sangue a chiunque lo voglia? Rischiando di essere deriso, denigrato o addirittura calpestato?

    La risposta è una sola, anch’essa impensabile dalla mente umana; l’amore per l’uomo, per ogni uomo, per tutti gli uomini da Lui voluti e continuamente ri-creati. L’essenza di Dio è amore, come ci ricordava Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica “Deus est caritas”, ed è amore incondizionato, senza limiti, infinito. Non è solo misericordia per i peccati: non è un pur a e semplice “copertura” delle colpe commesse dagli uomini; è totale dono di sé all’altro. D’altronde l’essenza di Dio è amore totale tra le tre Persone, che si donano continuamente una all’altra. Dio stesso non è un singolo individuo, bensì una “piccola comunità” di tre persone, che si vogliono talmente bene da formare una cosa sola.

    Don Giussani diceva: - “Dio” sono tre amici-
    OLIMPIADI PARIGI 24 E L'ULTIMA CENA Siamo stati inondati delle immagini della rappresentazione blasfema dell’Ultima cena all’inaugurazione delle Olimpiadi di Parigi 2024. Anzitutto devo premettere una considerazione: concordo con chi ritiene non solo inutile, ma addirittura dannoso continuare a far vedere immagini di questo tipo. Infatti, moltiplicando le visualizzazioni dell’obbrobrio per suscitare ribrezzo o scandalo, se ne aumenta la diffusione e si finisce con l’ingigantirne l’importanza; cresce la consistenza di tale provocazione. Perché di provocazione di tratta, ovviamente: è l’ennesimo atto di dissacrazione di ciò che sta più a cuore ai cristiani, cioè la persona e l’azione di Gesù. E il ridicolo tentativo di sminuirne l’obiettivo non sta in piedi nemmeno una frazione di secondo. Sentirsi dire da uno che ha lavorato per due anni a tale “messa in scena” che l’ha fatto perché “voleva che nessuno si sentisse escluso”, dà più l’impressione di uno che si “arrampica sugli specchi” piuttosto di uno che dice la verità. La motivazione è evidentemente la messa in ridicolo dell’Ultima cena, la cui versione più famosa e più bella è quella di Leonardo, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. A questo punto uno potrebbe chiedersi: “ma che cosa c’entra l’Ultima cena con le Olimpiadi”? Perché hanno scelto di iniziare con una evidente denigrazione e ancor più ridicolizzazione di uno dei capolavori dell’arte cristiana di tutti i tempi? Anzi, forse il più emblematico, per quanto riguarda la fede cristiana? Evidentemente, per quanto possa sembrare paradossale, gli organizzatori di questa sceneggiata hanno la convinzione che la fede cristiana c’entri con tutto, anche con le Olimpiadi. La fede coinvolge tutti gli aspetti della vita e forma la mentalità della gente, per cui essi identificano il cristianesimo come il nemico da distruggere. In particolare è il cattolicesimo “tradizionale”, la fede cristiana autentica l’obiettivo dei loro strali dissacratori. Devo ammettere che c’è una certa intelligenza nella scelta dell’ultima cena. Ho l’impressione che chi opera “dietro le quinte” di tale rappresentazione oscena ci abbia pensato bene. Sembra che ci sia un’intelligenza “diabolica” (forse proprio in senso letterale). Perché dico ciò? Perché questo è un attacco mirato al cuore della fede cristiana e quindi all’essenza della Chiesa come realtà umana, come “corpo sociale” agente nella storia, nella quale è presente il divino. Tale realtà non è assimilabile ad alcun potere mondano, per cui costituisce il vero “pericolo” per chi detiene le “leve del comando” nel mondo. Facciamo un passo indietro: cosa avviene nell’ultima cena? Il momento fissato da Leonardo è quello dell’istante in cui Gesù pronuncia la frase “uno di voi mi tradirà” e i discepoli, sconvolti, si chiedono chi sia il traditore o smentiscono di esserlo. Ma l’ultima cena è soprattutto il momento dell’istituzione dell’Eucarestia, quando Gesù Cristo si dona totalmente agli apostoli e decide di darsi fisicamente a loro e di conseguenza a tutti gli uomini. Decide di continuare ad essere presente in mezzo a noi nella forma della carne (l’Ostia consacrata) e del sangue (il vino santo). Nell’Eucarestia si compie il Mistero dell’Incarnazione: Dio si rende presente in maniera talmente fisica da essere “mangiato e bevuto” e in tal modo entrare nella carne di ognuno di noi per darci la vera vita. Questa è una cosa che non è nemmeno pensabile dalla mente umana: che Dio, incommensurabile e onnipresente, si renda presente in un pezzo di pane e in un sorso di vino, che l’infinito si concretizzi in un particolare infimo, non può essere immaginato dall’uomo. Chi glielo farebbe fare? Perché Dio dovrebbe “rinunciare” alla sua “assolutezza” per diventare “finito”, cioè “definito” in una piccola parte di materia? E’ talmente assurda questa “scelta di Dio” che non esiste in nessun’altra religione, anzi quelle successive al cristianesimo l’hanno abolita e sono ritornate alla concezione di Dio come totalmente diverso dall’uomo, perfettissimo e incorruttibile e quindi assolutamente irraggiungibile dagli uomini. E’ solo nel cristianesimo, e in particolare nel cattolicesimo, che si stabilisce un contatto tra Dio e l’uomo, in quanto Dio, facendosi uomo, si rende incontrabile, toccabile, addirittura mangiabile, appunto nell’Eucarestia. E questo Dio-uomo ha scelto di nascere in una famiglia normalissima, composta da un padre e una madre, e di vivere la vita delle persone di quel luogo e di quel tempo esattamente come uno di loro. Non ha fatto alcuna “rivoluzione”, nel senso che non ha assolutamente azzerato e nemmeno ridotto la tradizione e i costumi che lo circondavano, bensì li ha portati a compimento, senza dimenticare nulla di ciò che era stato tramandato. Nemmeno uno iota della legge andrà perduto: questo è il “motto” che sta alla base del pensiero e dell’azione dell’Uomo-Dio. Ma tornando alla radice della questione, chi glielo ha fatto fare, a Dio, di diventare un uomo? E di soffrire come nessun altro? E di comunicarsi con il corpo e il sangue a chiunque lo voglia? Rischiando di essere deriso, denigrato o addirittura calpestato? La risposta è una sola, anch’essa impensabile dalla mente umana; l’amore per l’uomo, per ogni uomo, per tutti gli uomini da Lui voluti e continuamente ri-creati. L’essenza di Dio è amore, come ci ricordava Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica “Deus est caritas”, ed è amore incondizionato, senza limiti, infinito. Non è solo misericordia per i peccati: non è un pur a e semplice “copertura” delle colpe commesse dagli uomini; è totale dono di sé all’altro. D’altronde l’essenza di Dio è amore totale tra le tre Persone, che si donano continuamente una all’altra. Dio stesso non è un singolo individuo, bensì una “piccola comunità” di tre persone, che si vogliono talmente bene da formare una cosa sola. Don Giussani diceva: - “Dio” sono tre amici-
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  • Professore emerito di fisica all'Università di Princeton, William Happer: "Più CO2 fa bene al mondo... È assurdo cercare di ridurre la CO2"
    "Siamo in una carestia di CO2... È incredibile che siano riusciti a trasformare questo gas benefico, parte della vita, in una minaccia".

    Professor Emeritus of Physics at Princeton University, William Happer: "More CO2 is good for the world... It is absurd to try to reduce CO2"
    “We are in a CO2 famine… It is incredible that they have managed to turn this beneficial gas, part of life, into a threat.”


    Fonte: https://x.com/iniziamoda0/status/1813303198418932142

    #williamapper
    #co2benefits
    Professore emerito di fisica all'Università di Princeton, William Happer: "Più CO2 fa bene al mondo... È assurdo cercare di ridurre la CO2" "Siamo in una carestia di CO2... È incredibile che siano riusciti a trasformare questo gas benefico, parte della vita, in una minaccia". Professor Emeritus of Physics at Princeton University, William Happer: "More CO2 is good for the world... It is absurd to try to reduce CO2" “We are in a CO2 famine… It is incredible that they have managed to turn this beneficial gas, part of life, into a threat.” 👇 Fonte: https://x.com/iniziamoda0/status/1813303198418932142 #williamapper #co2benefits
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  • COMUNICATO STAMPA
    L’abolizione dell’infame Legge Lorenzin è un atto dovuto per ogni paese civile, al quale la salute dei bambini e, dunque, il futuro del paese stanno realmente a cuore
    Non c’è una sostanza, il cui inoculo ai nostri bambini è imposto con la legge Lorenzin, la cui efficacia e sicurezza siano state confermate sulla base di uno studio clinico con un vero gruppo placebo (e cioè di controllo). Gli “pseudo-studi” per i vaccini prevedono tutti l’applicazione di vaccini comparabili (e, dunque, non di una sostanza neutrale come, invece, uno studio clinico richiederebbe) e, pertanto, non c’è la prova né dell’efficacia e tantomeno della sicurezza dei vaccini pediatrici.
    La loro imposizione è del tutto incostituzionale!
    Inoltre, studi clinici peer-reviewed dimostrano che i vaccini polivalenti (in Italia viene usato quello esavalente e quadrivalente) comportano un esponenziale aumento del rischio di gravissimi irreversibili effetti collaterali, tra cui la morte e grave invalidità fisica e/o mentale.

    Fonte: https://www.renate-holzeisen.eu/it/comunicato-stampa-10/?amp=1

    Da consultare lo studio in oggetto: https://ijvtpr.com/index.php/IJVTPR/article/view/100

    #renateholzeisen
    #holzeisen
    #lorenzin
    #stopleggelorenzin
    #leggelorenzin

    Fonte:
    ‼️COMUNICATO STAMPA L’abolizione dell’infame Legge Lorenzin è un atto dovuto per ogni paese civile, al quale la salute dei bambini e, dunque, il futuro del paese stanno realmente a cuore Non c’è una sostanza, il cui inoculo ai nostri bambini è imposto con la legge Lorenzin, la cui efficacia e sicurezza siano state confermate sulla base di uno studio clinico con un vero gruppo placebo (e cioè di controllo). Gli “pseudo-studi” per i vaccini prevedono tutti l’applicazione di vaccini comparabili (e, dunque, non di una sostanza neutrale come, invece, uno studio clinico richiederebbe) e, pertanto, non c’è la prova né dell’efficacia e tantomeno della sicurezza dei vaccini pediatrici. La loro imposizione è del tutto incostituzionale! Inoltre, studi clinici peer-reviewed dimostrano che i vaccini polivalenti (in Italia viene usato quello esavalente e quadrivalente) comportano un esponenziale aumento del rischio di gravissimi irreversibili effetti collaterali, tra cui la morte e grave invalidità fisica e/o mentale. Fonte: https://www.renate-holzeisen.eu/it/comunicato-stampa-10/?amp=1 Da consultare lo studio in oggetto: https://ijvtpr.com/index.php/IJVTPR/article/view/100 #renateholzeisen #holzeisen #lorenzin #stopleggelorenzin #leggelorenzin Fonte:
    WWW.RENATE-HOLZEISEN.EU
    COMUNICATO STAMPA - Renate Holzeisen
    L’abolizione dell’infame Legge Lorenzin è un atto dovuto per ogni paese civile, al quale la salute dei bambini e, dunque, il futuro del paese stanno realmente a cuore
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  • “In nome della “libertà” si può uccidere”:
    Dugin ha spiegato chi c’è dietro l’attentato alla vita di Trump.

    Il filosofo Alexander Dugin ha definito ciò che è accaduto negli Stati Uniti abbastanza prevedibile.

    “Non c’è dubbio che tutto sia organizzato dai globalisti con il sostegno di quella parte del Deep State che li sostiene.

    L’unico modo per mantenere il nonno il Dissennatore al potere è uccidere Trump, che in queste circostanze quasi sicuramente vincerà.
    In sostanza, c’è stato un tentativo di colpo di stato negli Stati Uniti”.
    - Lui ha spiegato.

    In Ucraina hanno ammesso apertamente di aver tentato più volte di compiere un attacco terroristico contro Putin.
    In Slovacchia c'è stato un attentato alla vita del primo ministro Fico.

    Ora - un attentato alla vita di Trump.

    Secondo Dugin, questo è il vero volto dell’egemonia e di un mondo unipolare.
    Chiunque ostacoli il globalismo è soggetto alla demonizzazione e poi alla liquidazione fisica.

    “Non c’è dubbio che la responsabilità del tentato omicidio di Trump, il leader della corsa presidenziale negli Stati Uniti, ricade sul gruppo formato da Obama, Blinken, Hillary Clinton e il completamente fuori di testa Biden, che ha già avvertito che “la libertà è superiore alla democrazia”, e quindi la democrazia e le sue leggi sono ora sospese, sospese.

    In nome della “libertà” (di continuare a governare) si può uccidere”,
    - scrive il filosofo.

    Ora nel mondo l’unico potere dell’Occidente si sta trasformando in multipolarità.

    E Trump è uno dei suoi poli. I globalisti non si preoccupano degli Stati Uniti come tutti gli altri. Hanno bisogno del potere planetario, del potere assoluto del capitale sovranazionale, ha sottolineato Alexander Dugin.

    Questo è il motivo per cui stiamo assistendo ad una transizione verso tattiche di terrorismo diretto.

    Dugin ha chiesto un duro colpo alla rete globalista:
    "Se non li fermiamo adesso, ci distruggeranno tutti."

    Fonte: Vincenzo Lorussot.me/multipolarenews
    “In nome della “libertà” si può uccidere”: Dugin ha spiegato chi c’è dietro l’attentato alla vita di Trump. Il filosofo Alexander Dugin ha definito ciò che è accaduto negli Stati Uniti abbastanza prevedibile. “Non c’è dubbio che tutto sia organizzato dai globalisti con il sostegno di quella parte del Deep State che li sostiene. L’unico modo per mantenere il nonno il Dissennatore al potere è uccidere Trump, che in queste circostanze quasi sicuramente vincerà. In sostanza, c’è stato un tentativo di colpo di stato negli Stati Uniti”. - Lui ha spiegato. In Ucraina hanno ammesso apertamente di aver tentato più volte di compiere un attacco terroristico contro Putin. In Slovacchia c'è stato un attentato alla vita del primo ministro Fico. Ora - un attentato alla vita di Trump. Secondo Dugin, questo è il vero volto dell’egemonia e di un mondo unipolare. Chiunque ostacoli il globalismo è soggetto alla demonizzazione e poi alla liquidazione fisica. “Non c’è dubbio che la responsabilità del tentato omicidio di Trump, il leader della corsa presidenziale negli Stati Uniti, ricade sul gruppo formato da Obama, Blinken, Hillary Clinton e il completamente fuori di testa Biden, che ha già avvertito che “la libertà è superiore alla democrazia”, e quindi la democrazia e le sue leggi sono ora sospese, sospese. In nome della “libertà” (di continuare a governare) si può uccidere”, - scrive il filosofo. Ora nel mondo l’unico potere dell’Occidente si sta trasformando in multipolarità. E Trump è uno dei suoi poli. I globalisti non si preoccupano degli Stati Uniti come tutti gli altri. Hanno bisogno del potere planetario, del potere assoluto del capitale sovranazionale, ha sottolineato Alexander Dugin. Questo è il motivo per cui stiamo assistendo ad una transizione verso tattiche di terrorismo diretto. Dugin ha chiesto un duro colpo alla rete globalista: "Se non li fermiamo adesso, ci distruggeranno tutti." Fonte: Vincenzo Lorussot.me/multipolarenews
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  • POLEMICA: SULLA LUNA SIAMO ANDATI O NO? IL FILM “FLY ME TO THE MOON” RILANCIA I DUBBI
    Fra il “sì” e il “no” netti, c’è una terza via: ci siamo andati, ma alcune foto sono (effettivamente) fasulle

    Un po’ di quel materiale fotografato e girato può essere sfuggito all’esterno, dando il via alla polemica sulle immagini fake... e magari la stessa Nasa, in seguito, ha faticato a distinguere le foto vere da quelle false, accreditando qualcuna di queste, e aumentando la confusione e i sospetti. Oppure possono esserci anche altre spiegazioni, ancora più complicate, della circolazione di foto false, accreditate come vere dalla Nasa nei suoi documenti ufficiali, senza che questo implichi il Grande Complotto.

    QUELLE FOTO RICONOSCIUTE FALSE DALLA NASA

    Tanto per cominciare, alcune delle foto che la Nasa ha diffuso al tempo delle missioni Apollo sono state riconosciute come false dalla stessa Nasa, che ha dovuto ritirarle. Per fare un esempio, senza avvedersene, la Nasa diffuse a suo tempo, fra migliaia di altre, una doppia versione di una foto dell’Apollo 15 sulla Luna. Nell’una e nell’altra si vede il comandante nella stessa posizione, vicino al modulo lunare e a una bandiera americana piantata al suolo. L’angolazione dell’inquadratura è la stessa e la posizione relativa dei tre soggetti astronauta-modulo-bandiera è identica. Per essere precisi, in una delle due il comandante Dave Scott ha le gambe appena un po’ più divaricate e nell’altra appena un po’ meno, quindi si tratta di due scatti differenti, ma presi in rapida successione esattamente dallo stesso punto. Infatti le due immagini del modulo lunare e della bandiera sono esattamente sovrapponibili. Eppure, sorpresa, il profilo della collina che fa da sfondo a queste due foto ufficiali è completamente diverso: in una copre tutto l’orizzonte e nell’altra circa la metà. La Nasa ha riconosciuto che questo è impossibile (e ci mancherebbe altro) pur avendolo fatto senza enfasi, non nell’ambito di un’autocritica generale. Ma non si è trattato di un caso isolato, ci sono state alcune altre ammissioni sporadiche di falso. Ad esempio, riguardo a un’immagine in cui una serie di riflettori si specchia inopportunamente sulla visiera di un astronauta, oppure un’altra in cui un incongruo cono di luce, tipo faretto, piove dall’alto (partendo da una misteriosa chiazza bianca) a illuminare una presunta superficie lunare. Si tratta di poche fotografie su migliaia e migliaia, e vengono liquidate sbrigativamente dalla Nasa come incidenti di percorso, irrilevanti. Ma il problema è: incidenti di che natura, nati come?

    Poi c’è una famosa foto di Aldrin che scende sulla Luna, scattata da Armstrong che era allunato poco prima di lui. Il profilo del modulo lunare appare nero, come nero è il suolo sotto di lui, invece la figura di Aldrin è illuminata, pur trovandosi nel cono d’ombra del modulo. Sulla Terra questa immagine non avrebbe niente di speciale, perché c’è l’atmosfera con i suoi miliardi di miliardi di molecole che riflettono casualmente, ognuna nel suo piccolo, un po’ di luce in tutte le direzioni, e così illuminano, in parte, anche il cono d’ombra, per il fenomeno (roba da corso di fisica della scuola media) detto diffusione della luce.

    Sulla Luna no. L’atmosfera non c’è. Per cui dove c’è luce c’è luce e dove le si frappone un ostacolo c’è un’ombra nera dai confini netti.

    La Nasa avrebbe fatto una figura migliore ammettendo che la foto è stata ritoccata per schiarire l’immagine dell’uomo e farla risaltare in modo che il tutto non risultasse buio.

    LA TESI PIU’ RADICALE DEGLI SCETTICI

    Quanto invece alla tesi più radicale degli scettici, cioè che sulla Luna non siamo andati affatto, un argomento non conclusivo, ma tale da suscitare dubbi, è la constatazione che oggi, mentre si parla di tornare sul nostro satellite, vengono sollevate difficoltà enormi.

    Fonte: https://www.lastampa.it/scienza/2024/07/12/news/luna_allunaggio_complottisti_film-14469791/

    Dagli anni 1969-1972 la scienza dei materiali ha fatto passi da gigante, le prestazioni dei propulsori si sono moltiplicate, per non parlare della capacità dei computer, che si è moltiplicata (addirittura) di milioni di volte; ma purtroppo la tecnologia con cui mezzo secolo fa siamo andati sulla Luna è andata perduta e non si riesce a replicarla. Un po’ di ironia è lecita. (Fonte: LaStampa)
    https://www.lastampa.it/scienza/2024/07/12/news/luna_allunaggio_complottisti_film-14469791/
    POLEMICA: SULLA LUNA SIAMO ANDATI O NO? IL FILM “FLY ME TO THE MOON” RILANCIA I DUBBI Fra il “sì” e il “no” netti, c’è una terza via: ci siamo andati, ma alcune foto sono (effettivamente) fasulle Un po’ di quel materiale fotografato e girato può essere sfuggito all’esterno, dando il via alla polemica sulle immagini fake... e magari la stessa Nasa, in seguito, ha faticato a distinguere le foto vere da quelle false, accreditando qualcuna di queste, e aumentando la confusione e i sospetti. Oppure possono esserci anche altre spiegazioni, ancora più complicate, della circolazione di foto false, accreditate come vere dalla Nasa nei suoi documenti ufficiali, senza che questo implichi il Grande Complotto. QUELLE FOTO RICONOSCIUTE FALSE DALLA NASA Tanto per cominciare, alcune delle foto che la Nasa ha diffuso al tempo delle missioni Apollo sono state riconosciute come false dalla stessa Nasa, che ha dovuto ritirarle. Per fare un esempio, senza avvedersene, la Nasa diffuse a suo tempo, fra migliaia di altre, una doppia versione di una foto dell’Apollo 15 sulla Luna. Nell’una e nell’altra si vede il comandante nella stessa posizione, vicino al modulo lunare e a una bandiera americana piantata al suolo. L’angolazione dell’inquadratura è la stessa e la posizione relativa dei tre soggetti astronauta-modulo-bandiera è identica. Per essere precisi, in una delle due il comandante Dave Scott ha le gambe appena un po’ più divaricate e nell’altra appena un po’ meno, quindi si tratta di due scatti differenti, ma presi in rapida successione esattamente dallo stesso punto. Infatti le due immagini del modulo lunare e della bandiera sono esattamente sovrapponibili. Eppure, sorpresa, il profilo della collina che fa da sfondo a queste due foto ufficiali è completamente diverso: in una copre tutto l’orizzonte e nell’altra circa la metà. La Nasa ha riconosciuto che questo è impossibile (e ci mancherebbe altro) pur avendolo fatto senza enfasi, non nell’ambito di un’autocritica generale. Ma non si è trattato di un caso isolato, ci sono state alcune altre ammissioni sporadiche di falso. Ad esempio, riguardo a un’immagine in cui una serie di riflettori si specchia inopportunamente sulla visiera di un astronauta, oppure un’altra in cui un incongruo cono di luce, tipo faretto, piove dall’alto (partendo da una misteriosa chiazza bianca) a illuminare una presunta superficie lunare. Si tratta di poche fotografie su migliaia e migliaia, e vengono liquidate sbrigativamente dalla Nasa come incidenti di percorso, irrilevanti. Ma il problema è: incidenti di che natura, nati come? Poi c’è una famosa foto di Aldrin che scende sulla Luna, scattata da Armstrong che era allunato poco prima di lui. Il profilo del modulo lunare appare nero, come nero è il suolo sotto di lui, invece la figura di Aldrin è illuminata, pur trovandosi nel cono d’ombra del modulo. Sulla Terra questa immagine non avrebbe niente di speciale, perché c’è l’atmosfera con i suoi miliardi di miliardi di molecole che riflettono casualmente, ognuna nel suo piccolo, un po’ di luce in tutte le direzioni, e così illuminano, in parte, anche il cono d’ombra, per il fenomeno (roba da corso di fisica della scuola media) detto diffusione della luce. Sulla Luna no. L’atmosfera non c’è. Per cui dove c’è luce c’è luce e dove le si frappone un ostacolo c’è un’ombra nera dai confini netti. La Nasa avrebbe fatto una figura migliore ammettendo che la foto è stata ritoccata per schiarire l’immagine dell’uomo e farla risaltare in modo che il tutto non risultasse buio. LA TESI PIU’ RADICALE DEGLI SCETTICI Quanto invece alla tesi più radicale degli scettici, cioè che sulla Luna non siamo andati affatto, un argomento non conclusivo, ma tale da suscitare dubbi, è la constatazione che oggi, mentre si parla di tornare sul nostro satellite, vengono sollevate difficoltà enormi. Fonte: https://www.lastampa.it/scienza/2024/07/12/news/luna_allunaggio_complottisti_film-14469791/ Dagli anni 1969-1972 la scienza dei materiali ha fatto passi da gigante, le prestazioni dei propulsori si sono moltiplicate, per non parlare della capacità dei computer, che si è moltiplicata (addirittura) di milioni di volte; ma purtroppo la tecnologia con cui mezzo secolo fa siamo andati sulla Luna è andata perduta e non si riesce a replicarla. Un po’ di ironia è lecita. (Fonte: LaStampa) https://www.lastampa.it/scienza/2024/07/12/news/luna_allunaggio_complottisti_film-14469791/
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    Polemica: sulla Luna siamo andati o no? Il film “Fly me to the Moon” rilancia i dubbi
    Fra il “sì” e il “no” netti, c’è una terza via: ci siamo andati, ma alcune foto sono (effettivamente) fasulle
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  • Se la mia previsione di 16 giorni fa è esatta una cosa dovrebbe escludere l'altra. I globalisti hanno fatto la loro mossa, optando per l'eliminazione fisica del leader avversario. Ora l'altro schieramento sta allerta, "dormono con la corazza", e non credo permetteranno lo scoppio di una grande guerra in Medio Oriente o in centro Europa. Penso abbiano ancora una certa influenza sui militari, che non credo la vogliano, anche perché sanno bene che non la vincerebbero. Servirebbe solo come pretesto per sospendere di nuovo la democrazia con la scusa dell'emergenza e lasciare formalmente al potere un loro pupazzo che, se si votasse, nonostante le frodi perderebbe malamente. Stesso copione utilizzato per Zelensky in Ucraina.

    Fonte: https://x.com/M25016096/status/1812474704801747227?t=oCenhMZFdP-FCHOWcH40GQ&s=19
    Se la mia previsione di 16 giorni fa è esatta una cosa dovrebbe escludere l'altra. I globalisti hanno fatto la loro mossa, optando per l'eliminazione fisica del leader avversario. Ora l'altro schieramento sta allerta, "dormono con la corazza", e non credo permetteranno lo scoppio di una grande guerra in Medio Oriente o in centro Europa. Penso abbiano ancora una certa influenza sui militari, che non credo la vogliano, anche perché sanno bene che non la vincerebbero. Servirebbe solo come pretesto per sospendere di nuovo la democrazia con la scusa dell'emergenza e lasciare formalmente al potere un loro pupazzo che, se si votasse, nonostante le frodi perderebbe malamente. Stesso copione utilizzato per Zelensky in Ucraina. ⤵️ Fonte: https://x.com/M25016096/status/1812474704801747227?t=oCenhMZFdP-FCHOWcH40GQ&s=19
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  • Pubblichiamo qui in allegato l'ATLANTE DELL’INFANZIA (A RISCHIO) IN ITALIA - 2023 - A cura di Save the Children - lasciamo a voi le considerazioni ed i commenti sul futuro della scuola e delle nuove generazioni.

    PREFAZIONE

    La pandemia di Covid19 ha segnato un punto di svolta fondamentale della
    nostra epoca. C’è un prima e un dopo su molte cose e, indubbiamente, uno dei
    fattori che ha svolto un ruolo particolarmente significativo nel corso dei mesi
    del lockdown e in quelli successivi è stata la tecnologia digitale. Anche in
    questo caso, c’è un prima e un dopo, sia nel modo in cui queste tecnologie
    sono state utilizzate, sia nel modo in cui le abbiamo interpretate e vissute.
    In quell’ormai lontano 2020, ci sono stati giorni difficili in cui i nostri computer, i
    tablet e gli smartphone ci hanno tenuti vivi, nel vero senso della parola. Hanno fatto
    sì che la nostra vita procedesse sebbene fossimo segregati in casa, ci hanno permesso il contatto quotidiano con amici e parenti, sebbene mutuato attraverso lo schermo di un PC o di uno smartphone, mentre tutto il resto fuori era fermo.

    Abbiamo fatto aperitivi con gli amici collegati al pc, abbiamo ordinato la spesa, letto
    libri, guardato film, lavorato, studiato. Ma è stato davvero proprio così? O meglio, è
    stato così per tutti? La tecnologia è stata fondamentale per una parte del mondo e
    della società che ne aveva ampio accesso, ma per un’altra fetta di popolazione, a
    tutte le latitudini, questa accelerazione tecnologica ha significato l’emarginazione.
    Coloro che erano già indietro, che non avevano accesso ai dispositivi digitali, si sono
    visti tagliati fuori da ogni genere di attività. Hanno dovuto faticare molto di più per
    poter fruire dei servizi e trovare risposte ai loro bisogni, spesso vitali, in un momento
    in cui ci dicevamo “nessuno deve rimanere indietro”.

    Prima del maggio 2020, secondo un rapporto UNESCO, il 60% dei programmi
    nazionali di apprendimento a distanza si affidava esclusivamente a piattaforme
    connesse a internet, ma quasi mezzo miliardo di giovani – ovvero circa la metà degli
    studenti delle scuole primarie e secondarie di tutto il mondo non
    disponeva di una connessione a casa e veniva così escluso dalla partecipazione.
    Secondo i dati e le indagini citati nel rapporto, nel 2020 negli Stati Uniti, per esempio, un terzo degli
    studenti, dalla scuola dell’infanzia al dodicesimo anno di età, è stato escluso
    dall’istruzione a causa di connessioni a internet o hardware inadeguati. Per quanto
    riguarda i risultati dell’apprendimento degli studenti, secondo i ricercatori
    dell’UNESCO, questi si sono bloccati o sono diminuiti drasticamente quando le
    scuole hanno utilizzato l’edtech (education technology) in sostituzione
    dell’insegnamento in presenza, anche quando i bambini avevano accesso a dispositivi
    digitali e connessioni a internet...

    Neonati allo schermo

    In un mondo fatto di chiaroscuri, gli effetti del digitale sono in parte positivi, in parte negativi,
    ma sull’età evolutiva sembrano prevalere questi ultimi. Eppure, nel nostro Paese sono tanti i
    bambini persino molto piccoli che trascorrono del tempo davanti a uno schermo. I risultati
    della nuova indagine del Sistema di Sorveglianza Bambini 0­2 anni dell’Istituto Superiore di
    Sanità (ISS), presentata a marzo 2023 delinea un quadro preoccupante sotto questo profilo
    1. L’indagine si è svolta tra giugno e ottobre 2022 con interviste in tutte le regioni italiane ad
    eccezione del Molise e della Provincia autonoma di Bolzano. Complessivamente hanno risposto ai questionari 35.550 mamme con tassi di partecipazione a livello regionale compresi tra l’89,2% e il 98,6%. Un campione, dunque, molto vasto da cui è emerso che in Italia il 22,1% dei bambini di 2­5 mesi passa del tempo davanti a schermi che possono essere tv, computer, tablet o telefoni cellulari.
    Esiste una differenza di esposizione legata al territorio: in particolare si va dal 13,6%
    della Provincia autonoma di Trento al 30,3% riscontrato in Puglia. La maggior parte dei bambini esposti passa meno di un’ora al giorno davanti a uno schermo, ma dall’1,9% (Veneto) al 9,1% (Calabria) vi trascorre almeno 1-­2 ore.
    I livelli di esposizione crescono all’aumentare dell’età in tutte le regioni e, tra i bambini di 11-­15 mesi, i bambini che passano almeno 1-­2 ore al giorno davanti a uno schermo diventano una percentuale significativa che varia tra il 6,5% di Trento e il 39,3% della Calabria.
    Se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la
    percentuale di bambine e bambini che ha una esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, vale a dire 1 su 2. In generale, le percentuali sono più alte nelle regioni del Sud.

    Questi risultati hanno spinto l’ISS a fornire indicazioni, in particolare sulla “necessità di informare i genitori ­ e tutti gli adulti che si occupano del bambino ­ dei rischi legati all’uso delle tecnologie audiovisive e digitali in età precoce. Un ruolo importante in questa azione preventiva può essere svolto dagli operatori socio­sanitari e dagli educatori che hanno frequenti contatti con i genitori”.

    Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2019 ha stilato nuove linee guida su
    “attività fisica, comportamento sedentario e sonno” in cui si raccomanda un tempo limite di
    esposizione agli schermi per i bambini fino a 5 anni. In particolare, fino a 2 anni d’età questo
    tempo dovrebbe essere pari a zero, mentre da 2 a 5 anni non dovrebbe superare un’ora al giorno, possibilmente meno. Tra i rischi dello stare davanti a uno schermo vi è quello di favorire comportamenti sedentari che compromettono la salute dei bambini. È stato infatti dimostrato un legame tra l’esposizione agli schermi e l’obesità dovuto a diversi fattori: oltre alla mancanza di movimento, un aumento del consumo di cibo mentre si guarda lo schermo, l’esposizione a pubblicità di cibi e bevande non sane che influenzano le preferenze alimentari dei bambini, la riduzione della durata del sonno...
    Pubblichiamo qui in allegato l'ATLANTE DELL’INFANZIA (A RISCHIO) IN ITALIA - 2023 - A cura di Save the Children - lasciamo a voi le considerazioni ed i commenti sul futuro della scuola e delle nuove generazioni. PREFAZIONE La pandemia di Covid19 ha segnato un punto di svolta fondamentale della nostra epoca. C’è un prima e un dopo su molte cose e, indubbiamente, uno dei fattori che ha svolto un ruolo particolarmente significativo nel corso dei mesi del lockdown e in quelli successivi è stata la tecnologia digitale. Anche in questo caso, c’è un prima e un dopo, sia nel modo in cui queste tecnologie sono state utilizzate, sia nel modo in cui le abbiamo interpretate e vissute. In quell’ormai lontano 2020, ci sono stati giorni difficili in cui i nostri computer, i tablet e gli smartphone ci hanno tenuti vivi, nel vero senso della parola. Hanno fatto sì che la nostra vita procedesse sebbene fossimo segregati in casa, ci hanno permesso il contatto quotidiano con amici e parenti, sebbene mutuato attraverso lo schermo di un PC o di uno smartphone, mentre tutto il resto fuori era fermo. Abbiamo fatto aperitivi con gli amici collegati al pc, abbiamo ordinato la spesa, letto libri, guardato film, lavorato, studiato. Ma è stato davvero proprio così? O meglio, è stato così per tutti? La tecnologia è stata fondamentale per una parte del mondo e della società che ne aveva ampio accesso, ma per un’altra fetta di popolazione, a tutte le latitudini, questa accelerazione tecnologica ha significato l’emarginazione. Coloro che erano già indietro, che non avevano accesso ai dispositivi digitali, si sono visti tagliati fuori da ogni genere di attività. Hanno dovuto faticare molto di più per poter fruire dei servizi e trovare risposte ai loro bisogni, spesso vitali, in un momento in cui ci dicevamo “nessuno deve rimanere indietro”. Prima del maggio 2020, secondo un rapporto UNESCO, il 60% dei programmi nazionali di apprendimento a distanza si affidava esclusivamente a piattaforme connesse a internet, ma quasi mezzo miliardo di giovani – ovvero circa la metà degli studenti delle scuole primarie e secondarie di tutto il mondo non disponeva di una connessione a casa e veniva così escluso dalla partecipazione. Secondo i dati e le indagini citati nel rapporto, nel 2020 negli Stati Uniti, per esempio, un terzo degli studenti, dalla scuola dell’infanzia al dodicesimo anno di età, è stato escluso dall’istruzione a causa di connessioni a internet o hardware inadeguati. Per quanto riguarda i risultati dell’apprendimento degli studenti, secondo i ricercatori dell’UNESCO, questi si sono bloccati o sono diminuiti drasticamente quando le scuole hanno utilizzato l’edtech (education technology) in sostituzione dell’insegnamento in presenza, anche quando i bambini avevano accesso a dispositivi digitali e connessioni a internet... Neonati allo schermo In un mondo fatto di chiaroscuri, gli effetti del digitale sono in parte positivi, in parte negativi, ma sull’età evolutiva sembrano prevalere questi ultimi. Eppure, nel nostro Paese sono tanti i bambini persino molto piccoli che trascorrono del tempo davanti a uno schermo. I risultati della nuova indagine del Sistema di Sorveglianza Bambini 0­2 anni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), presentata a marzo 2023 delinea un quadro preoccupante sotto questo profilo 1. L’indagine si è svolta tra giugno e ottobre 2022 con interviste in tutte le regioni italiane ad eccezione del Molise e della Provincia autonoma di Bolzano. Complessivamente hanno risposto ai questionari 35.550 mamme con tassi di partecipazione a livello regionale compresi tra l’89,2% e il 98,6%. Un campione, dunque, molto vasto da cui è emerso che in Italia il 22,1% dei bambini di 2­5 mesi passa del tempo davanti a schermi che possono essere tv, computer, tablet o telefoni cellulari. Esiste una differenza di esposizione legata al territorio: in particolare si va dal 13,6% della Provincia autonoma di Trento al 30,3% riscontrato in Puglia. La maggior parte dei bambini esposti passa meno di un’ora al giorno davanti a uno schermo, ma dall’1,9% (Veneto) al 9,1% (Calabria) vi trascorre almeno 1-­2 ore. I livelli di esposizione crescono all’aumentare dell’età in tutte le regioni e, tra i bambini di 11-­15 mesi, i bambini che passano almeno 1-­2 ore al giorno davanti a uno schermo diventano una percentuale significativa che varia tra il 6,5% di Trento e il 39,3% della Calabria. Se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha una esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, vale a dire 1 su 2. In generale, le percentuali sono più alte nelle regioni del Sud. Questi risultati hanno spinto l’ISS a fornire indicazioni, in particolare sulla “necessità di informare i genitori ­ e tutti gli adulti che si occupano del bambino ­ dei rischi legati all’uso delle tecnologie audiovisive e digitali in età precoce. Un ruolo importante in questa azione preventiva può essere svolto dagli operatori socio­sanitari e dagli educatori che hanno frequenti contatti con i genitori”. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2019 ha stilato nuove linee guida su “attività fisica, comportamento sedentario e sonno” in cui si raccomanda un tempo limite di esposizione agli schermi per i bambini fino a 5 anni. In particolare, fino a 2 anni d’età questo tempo dovrebbe essere pari a zero, mentre da 2 a 5 anni non dovrebbe superare un’ora al giorno, possibilmente meno. Tra i rischi dello stare davanti a uno schermo vi è quello di favorire comportamenti sedentari che compromettono la salute dei bambini. È stato infatti dimostrato un legame tra l’esposizione agli schermi e l’obesità dovuto a diversi fattori: oltre alla mancanza di movimento, un aumento del consumo di cibo mentre si guarda lo schermo, l’esposizione a pubblicità di cibi e bevande non sane che influenzano le preferenze alimentari dei bambini, la riduzione della durata del sonno...
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  • Avete mai sentito la parola resilienza?
    Vi siete mai chiesti perché in televisione, alla radio, perfino sui giornali c’è la moda dilagante di usare questa parola?

    Tutti la usano. I politici la adorano. Addirittura l’hanno messa nel nome del piano di ripresa nazionale. Ma sapevate da cosa deriva la parola resilienza? Cosa significa? Resilienza è una parola presa in prestito dal mondo della fisica. Ha resilienza un «materiale capace di assorbire continui urti senza rompersi. Restando intatto, inerte».
    La plastica è resiliente.
    La gomma è resiliente, non importa quanto la colpisci, resta sempre uguale. Il vinile è resiliente, sì quello che viene usato per le pavimentazioni.

    Ecco come ci considerando in poche parole. In un mondo in cui le persone sono definite «risorse», «contribuenti», «consumatori», in cui le vittime prendono il nome di «perdite e costi umani», come nei bilanci aziendali, gli esseri umani devono essere resilienti appunto. E fateci caso: flessibilità, adattabilità, resilienza, tutti aggettivi che vanno di moda nel mondo del lavoro, sono tutti presi in prestito dallo stesso mondo: quello delle pavimentazioni.
    L’ho già detto ma lo ripeto: le parole non sono mai soltanto parole ma sono orizzonti.
    Le parole che usi creano e definiscono il tuo mondo.

    E allora lo dico, e lo dico a gran voce: al diavolo la resilienza. Al diavolo il «rider felice di percorre cinquanta chilometri in bicicletta per consegnare un panino». Al diavolo l’uomo macchina che più lo insulti, lo maltratti e lo metti sotto pressione, più si lascia scivolare tutto addosso. Quando la vita picchia duro non rispondo con un sorriso ebete. Accuso il colpo. Ogni urto mi lascia una cicatrice addosso.

    Ecco cosa vorrei dirvi: non lasciate che nessuno vi consideri come una cosa e non come una persona! «Siamo persone, non tasti di pianoforte. Nessuno può schiacciarci per suonare la musica che piace a loro». E ogni volta che sentite qualcuno parlare di resilienza, mandatelo gentilmente a quel paese perché quasi sicuramente sta facendo una cosa, e una cosa soltanto: vi sta trattando come un elettrodomestico e non come una persona!

    - Guendalina Middei
    Avete mai sentito la parola resilienza? Vi siete mai chiesti perché in televisione, alla radio, perfino sui giornali c’è la moda dilagante di usare questa parola? Tutti la usano. I politici la adorano. Addirittura l’hanno messa nel nome del piano di ripresa nazionale. Ma sapevate da cosa deriva la parola resilienza? Cosa significa? Resilienza è una parola presa in prestito dal mondo della fisica. Ha resilienza un «materiale capace di assorbire continui urti senza rompersi. Restando intatto, inerte». La plastica è resiliente. La gomma è resiliente, non importa quanto la colpisci, resta sempre uguale. Il vinile è resiliente, sì quello che viene usato per le pavimentazioni. Ecco come ci considerando in poche parole. In un mondo in cui le persone sono definite «risorse», «contribuenti», «consumatori», in cui le vittime prendono il nome di «perdite e costi umani», come nei bilanci aziendali, gli esseri umani devono essere resilienti appunto. E fateci caso: flessibilità, adattabilità, resilienza, tutti aggettivi che vanno di moda nel mondo del lavoro, sono tutti presi in prestito dallo stesso mondo: quello delle pavimentazioni. L’ho già detto ma lo ripeto: le parole non sono mai soltanto parole ma sono orizzonti. Le parole che usi creano e definiscono il tuo mondo. E allora lo dico, e lo dico a gran voce: al diavolo la resilienza. Al diavolo il «rider felice di percorre cinquanta chilometri in bicicletta per consegnare un panino». Al diavolo l’uomo macchina che più lo insulti, lo maltratti e lo metti sotto pressione, più si lascia scivolare tutto addosso. Quando la vita picchia duro non rispondo con un sorriso ebete. Accuso il colpo. Ogni urto mi lascia una cicatrice addosso. Ecco cosa vorrei dirvi: non lasciate che nessuno vi consideri come una cosa e non come una persona! «Siamo persone, non tasti di pianoforte. Nessuno può schiacciarci per suonare la musica che piace a loro». E ogni volta che sentite qualcuno parlare di resilienza, mandatelo gentilmente a quel paese perché quasi sicuramente sta facendo una cosa, e una cosa soltanto: vi sta trattando come un elettrodomestico e non come una persona! - Guendalina Middei
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