• IL REGNO UNITO VUOLE DEPORTARE I RICHIEDENTI ASILO IN RWANDA, MA NON CI RIESCE

    Quando cambia un governo, spesso si scopre qualche altarino di quello precedente, come se il nuovo governo dovesse mandate un segnale di discontinuità: noi siamo diversi, noi siamo migliori. Il Regno Unito, eccezionale in molte cose e non tutte lodevoli, in questa si adegua al tran-tran.

    La notizia data dal ministro degli Interni Yvette Copper del nuovo governo Starmer circa il fallimento della deportazione dei richiedenti asilo in Rwanda approvata dal precedente governo Sunak, ha risvolti davvero notevoli, quasi esilaranti se non riguardasse la vita di decine di migliaia di persone.

    Deportazione pianificata dal governo tory di Boris Johnson e messa a terra da quello di Sunak, che prevedeva il versamento di una cospicua somma di denaro al Rwanda di Paul Kagame, appena rieletto col il 99,15% dei voti per il quarto mandato. 209 milioni di sterline la cifra promessa al ruandese: poco più che una mancia, data la vastità e la portata del piano in questione, ma consideriamolo un acconto in credito alla buona volontà.

    Il buon Kagame, ex militare, è incredibilmente riuscito a migliorare costantemente le proprie performance elettorali: dopo la leggera flessione del 2010 (93%) seguita alla prima elezione del 2003 (95%), ha preso il 98% nel 2017 per planare sul morbido 99% e spiccioli della settimana scorsa.

    La rivista Africa lo definisce, con una punta di ironia, “l’autocrate che piace”. A chi? Ruandesi a parte, che ad eccezione di uno sparuto scarto di lavorazione proprio non riescono a rinunciare all’allampanato Paul, piace sicuramente all’Occidente democratico, le cui responsabilità nel genocidio ruandese sono un dato storico acquisito. Lo stesso Occidente che fregia Putin dell’augusto titolo di dittatore sanguinario se prende un ridicolo (rispetto alle performance di Kagame) 87%, di fronte all’ennesimo utile negro da cortile si arresta in estatica e soprattutto silenziosa contemplazione.

    Il fatto che lo stesso Sunak sia un immigrato indiano diversamente bianco, per quanto di famiglia parsimoniosamente miliardaria, smentisce una volta di più (casomai ce ne fosse il bisogno) la vulgata secondo la quale un membro di una categoria sociale non possa agire contro la categoria alla quale appartiene.

    Eppure Sunak si è mostrato totalmente rispettoso degli usi e costumi del proprio paese di origine, specialmente per quanto riguarda la divisione in caste della società: ci sono i paria, gli intoccabili e privi di diritti, e poi su su fino a quelli come Sunak. Ma questi sono dettagli che non devono scalfire il mito del buon selvaggio, vero pilastro della narrazione accogliente e inclusiva.

    Il perché appartenere ad una certa categoria impedisca di danneggiarla è un mistero più complesso della Trinità, ma a quanto pare viene massicciamente creduto, e senza andare tanto per il sottile: l’Africa in festa per l’elezione di Obama ha subito preso contatto col fatto che all’africano Barack (pare sia nato in Kenya) dell’Africa non cale né tanto né poco. Per non parlare della della rielezione di Von der Leyen: in quanto donna e madre, ella è naturalmente inclusiva ed incapace di scatenare guerre. Ci mancherebbe altro: lo sanno bene tanto i russi quanto gli ucraini. Come lo sanno gli inglesi, che spedirono Johnson ad ordinare a Zelensky, pronto a negoziare la pace coi russi, di continuare la guerra senza se e senza ma. Come lo sa la premier per un giorno Liz Truss, altra donna accogliente e inclusiva che cinguettò di essere pronta a schiacciare il bottone della bomba nucleare. Sparita dalla circolazione, il che data la coazione a riproporre sempre le stesse eminenti figure dell’Occidente democratico un po’ stupisce e un po’ preoccupa: che fine ha fatto?

    Dopo di che, per tornare alla denuncia della Copper, vengono i sempre sgradevoli conti della serva. La Copper non solo quantifica lo sperpero in oltre un miliardo di euro nel varo della fantasiosa ed accogliente iniziativa, contro la quale il sempre vigile Papa Francesco, sempre prodigo di parole taglienti verso ciò che disapprova, non ha emesso una sillaba. Ma aggiunge che il governo precedente aveva preventivato un

    modesto contributo all’iniziativa di almeno 10 miliardi di sterline, ovvero circa 12 miliardi di euro, senza riferire al parlamento.

    Kagame, il quale ha già beneficiato dell’ennesimo “aiuto alla sviluppo” occidentale, si è affrettato a dichiarare che nonostante il piano sia miseramente fallito, non è tenuto a restituire la caparra. Ci mancherebbe altro: se il cliente rinuncia alla vacanza, paga. È un vero peccato, perché date le tensioni col vicino Congo (leggi: guerra) questa marcia indietro priva i rwandesi di molta ottima carne da cannone: decine di migliaia di uomini in età militare che sarebbero andati ad ingrossare le fila degli oltre 120 gruppi di “ribelli” operanti nel Nord e nel Sud Kivu, che nel silenzio generale – anche del governo di Kinshasa in altre faccende affaccendato – assiste ai continui massacri di civili inermi e al saccheggio di risorse naturali che fanno rimpiangere l’epoca coloniale come un’età dell’oro.

    Ci sono tre considerazioni sintetiche e quasi istintive da fare in conclusione. La prima è che questa globalizzazione della paura e del malaffare per via statuale, a parere di chi scrive nasconde il più colossale giro di mazzette e creazione di fondi neri mai apparso sulla trista scena del mondo. Mentre il denaro dei servi sciocchi che non emettono scontrini viene spiato e contabilizzato fino all’ultimo centesimo, capitali enormi, esentasse e fuori controllo si aggirano per il mondo destinati ai fini più luridi e inumani. Questo mi pare il fine di gran parte degli “aiuti umanitari” e del “sostegno della comunità internazionale” a questa o quella guerra civile e democratica.

    La seconda è che viviamo sottomessi ad apparati e istituzioni pubbliche che non rispondono più ai popoli che le hanno custodite e legittimate talvolta per secoli, le quali dilapidano la ricchezza in operazioni apertamente contrarie non solo al diritto internazionale ma anche agli interessi particolari del paese, estendendosi anche ad altri paesi come un cancro.

    La terza è che mentre notizie del tutto trascurabili vengono pompate a dismisura, queste notizie scomode non è che non vengano date, ma sono del tutto ignorate. Una possibile ragione è l’abituare lentamente l’opinione pubblica alla normalità dello scandalo e del malaffare, predisponendola alla sua accettazione come fatto trascurabile. Mentre noi inveiamo contro il mostro di turno e il pericolo mortale del momento, milioni di uomini vengono spostati e ammassati come roba vecchia dalla soffitta alla cantina, giustificando il passaggio di mano di somme enormi di denaro sottratte alla sanità, alla giustizia, ai servizi essenziali, alla pace e alla prosperità di tutti.

    Pluto
    IL REGNO UNITO VUOLE DEPORTARE I RICHIEDENTI ASILO IN RWANDA, MA NON CI RIESCE Quando cambia un governo, spesso si scopre qualche altarino di quello precedente, come se il nuovo governo dovesse mandate un segnale di discontinuità: noi siamo diversi, noi siamo migliori. Il Regno Unito, eccezionale in molte cose e non tutte lodevoli, in questa si adegua al tran-tran. La notizia data dal ministro degli Interni Yvette Copper del nuovo governo Starmer circa il fallimento della deportazione dei richiedenti asilo in Rwanda approvata dal precedente governo Sunak, ha risvolti davvero notevoli, quasi esilaranti se non riguardasse la vita di decine di migliaia di persone. Deportazione pianificata dal governo tory di Boris Johnson e messa a terra da quello di Sunak, che prevedeva il versamento di una cospicua somma di denaro al Rwanda di Paul Kagame, appena rieletto col il 99,15% dei voti per il quarto mandato. 209 milioni di sterline la cifra promessa al ruandese: poco più che una mancia, data la vastità e la portata del piano in questione, ma consideriamolo un acconto in credito alla buona volontà. Il buon Kagame, ex militare, è incredibilmente riuscito a migliorare costantemente le proprie performance elettorali: dopo la leggera flessione del 2010 (93%) seguita alla prima elezione del 2003 (95%), ha preso il 98% nel 2017 per planare sul morbido 99% e spiccioli della settimana scorsa. La rivista Africa lo definisce, con una punta di ironia, “l’autocrate che piace”. A chi? Ruandesi a parte, che ad eccezione di uno sparuto scarto di lavorazione proprio non riescono a rinunciare all’allampanato Paul, piace sicuramente all’Occidente democratico, le cui responsabilità nel genocidio ruandese sono un dato storico acquisito. Lo stesso Occidente che fregia Putin dell’augusto titolo di dittatore sanguinario se prende un ridicolo (rispetto alle performance di Kagame) 87%, di fronte all’ennesimo utile negro da cortile si arresta in estatica e soprattutto silenziosa contemplazione. Il fatto che lo stesso Sunak sia un immigrato indiano diversamente bianco, per quanto di famiglia parsimoniosamente miliardaria, smentisce una volta di più (casomai ce ne fosse il bisogno) la vulgata secondo la quale un membro di una categoria sociale non possa agire contro la categoria alla quale appartiene. Eppure Sunak si è mostrato totalmente rispettoso degli usi e costumi del proprio paese di origine, specialmente per quanto riguarda la divisione in caste della società: ci sono i paria, gli intoccabili e privi di diritti, e poi su su fino a quelli come Sunak. Ma questi sono dettagli che non devono scalfire il mito del buon selvaggio, vero pilastro della narrazione accogliente e inclusiva. Il perché appartenere ad una certa categoria impedisca di danneggiarla è un mistero più complesso della Trinità, ma a quanto pare viene massicciamente creduto, e senza andare tanto per il sottile: l’Africa in festa per l’elezione di Obama ha subito preso contatto col fatto che all’africano Barack (pare sia nato in Kenya) dell’Africa non cale né tanto né poco. Per non parlare della della rielezione di Von der Leyen: in quanto donna e madre, ella è naturalmente inclusiva ed incapace di scatenare guerre. Ci mancherebbe altro: lo sanno bene tanto i russi quanto gli ucraini. Come lo sanno gli inglesi, che spedirono Johnson ad ordinare a Zelensky, pronto a negoziare la pace coi russi, di continuare la guerra senza se e senza ma. Come lo sa la premier per un giorno Liz Truss, altra donna accogliente e inclusiva che cinguettò di essere pronta a schiacciare il bottone della bomba nucleare. Sparita dalla circolazione, il che data la coazione a riproporre sempre le stesse eminenti figure dell’Occidente democratico un po’ stupisce e un po’ preoccupa: che fine ha fatto? Dopo di che, per tornare alla denuncia della Copper, vengono i sempre sgradevoli conti della serva. La Copper non solo quantifica lo sperpero in oltre un miliardo di euro nel varo della fantasiosa ed accogliente iniziativa, contro la quale il sempre vigile Papa Francesco, sempre prodigo di parole taglienti verso ciò che disapprova, non ha emesso una sillaba. Ma aggiunge che il governo precedente aveva preventivato un modesto contributo all’iniziativa di almeno 10 miliardi di sterline, ovvero circa 12 miliardi di euro, senza riferire al parlamento. Kagame, il quale ha già beneficiato dell’ennesimo “aiuto alla sviluppo” occidentale, si è affrettato a dichiarare che nonostante il piano sia miseramente fallito, non è tenuto a restituire la caparra. Ci mancherebbe altro: se il cliente rinuncia alla vacanza, paga. È un vero peccato, perché date le tensioni col vicino Congo (leggi: guerra) questa marcia indietro priva i rwandesi di molta ottima carne da cannone: decine di migliaia di uomini in età militare che sarebbero andati ad ingrossare le fila degli oltre 120 gruppi di “ribelli” operanti nel Nord e nel Sud Kivu, che nel silenzio generale – anche del governo di Kinshasa in altre faccende affaccendato – assiste ai continui massacri di civili inermi e al saccheggio di risorse naturali che fanno rimpiangere l’epoca coloniale come un’età dell’oro. Ci sono tre considerazioni sintetiche e quasi istintive da fare in conclusione. La prima è che questa globalizzazione della paura e del malaffare per via statuale, a parere di chi scrive nasconde il più colossale giro di mazzette e creazione di fondi neri mai apparso sulla trista scena del mondo. Mentre il denaro dei servi sciocchi che non emettono scontrini viene spiato e contabilizzato fino all’ultimo centesimo, capitali enormi, esentasse e fuori controllo si aggirano per il mondo destinati ai fini più luridi e inumani. Questo mi pare il fine di gran parte degli “aiuti umanitari” e del “sostegno della comunità internazionale” a questa o quella guerra civile e democratica. La seconda è che viviamo sottomessi ad apparati e istituzioni pubbliche che non rispondono più ai popoli che le hanno custodite e legittimate talvolta per secoli, le quali dilapidano la ricchezza in operazioni apertamente contrarie non solo al diritto internazionale ma anche agli interessi particolari del paese, estendendosi anche ad altri paesi come un cancro. La terza è che mentre notizie del tutto trascurabili vengono pompate a dismisura, queste notizie scomode non è che non vengano date, ma sono del tutto ignorate. Una possibile ragione è l’abituare lentamente l’opinione pubblica alla normalità dello scandalo e del malaffare, predisponendola alla sua accettazione come fatto trascurabile. Mentre noi inveiamo contro il mostro di turno e il pericolo mortale del momento, milioni di uomini vengono spostati e ammassati come roba vecchia dalla soffitta alla cantina, giustificando il passaggio di mano di somme enormi di denaro sottratte alla sanità, alla giustizia, ai servizi essenziali, alla pace e alla prosperità di tutti. Pluto
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  • Ecco l'articolo integrale del giornalista africano

    Recolonisation
    La France veut reconquérir l’Afrique par les armes

    Le général François Lecointre, ancien chef d’état-major de l’armée française, planifie une intervention militaire européenne visant à reconquérir l’Afrique par les armes. Dans un contexte d’expulsion des militaires français de certains pays du Sahel : Burkina Faso, Mali et Niger, les propos du militaire retentissent comme de la provocation et suscitent une onde de colère.

    -------------------------------------------------------------------------------------------

    La France digère mal l’expulsion de ses militaires au Burkina Faso, au Mali et au Niger. Le pays d’Emmanuel Macron paye son échec à mettre fin au territorisme au Burkina Faso et au Mali, et de ses accords secrets passés avec l’ancien ordre gouvernant au Niger. Plus largement, la France subit sur l’ensemble du continent un désamour des populations africaines en raison de sa politique favorable au pillage des ressources, et de soutien aux dictateurs entre autres. L’agacement semble profiter à la percée des chinois, des turcs et des Russes notamment.

    Face au potentiel économique que regorge l’Afrique (richesse du sol et du sous-sol), la France vit une forte concurrence même si elle y garde de gros intérêts. Sa politique néocoloniale, sous le prisme du partenariat relation Afrique-France, est aujourd'hui complètement démasquée. « Nous avons toujours essayé, nous Français, d’entraîner les Européens dans cette prise de conscience de la nécessité d’agir collectivement en Afrique et en Méditerranée. Je suis absolument désolé de voir l’échec de nos engagements au Sahel. », regrette le général François Lecointre, ancien chef d’état-major des armées françaises, dans une interview accordée au journal Le Figaro le 17 avril 2024.

    Dans un ton paternaliste, l’officier qui a dirigé les troupes françaises au Gabon puis au Rwanda en 1994, soutient que l’Europe doit agir en Afrique en raison de « la destruction des appareils de gouvernement et des États », de la « guerre civile dans beaucoup de pays » et des difficultés « liées aux évolutions climatiques ». L’autre argument qu’il avance est que l’Afrique « va connaître une explosion démographique comme aucun continent n’en a jamais connu » et cela aura des « conséquences sur l’Europe » dans les dix et vingt prochaines années. « Je pense que cet intérêt commun là devrait un jour faire que l’Europe se décidera à agir comme une entité politique qui ira défendre elle-même ses intérêts, y compris par le moyen de l’engagement de ses armées », conseille le militaire avant de conclure que : « Ce n’est pas la Chine, la Russie et Wagner qui vont apporter des solutions durables aux très grandes difficultés que connaissent ces pays africains et leur population. ».

    Ces propos condescendants et irrévérencieux provoquent un tollé au sein de l’opinion dans la classe politique africaine. Lors d’une rencontre avec ses militaires, le président burkinabè Ibrahim Traoré a donné sa lecture de cette déclaration qu'il conçoit en filigrane comme étant un message de guerre. « Certains généraux ailleurs ont fait comprendre qu’ils viennent avec leurs armées nous recoloniser, il faut qu’ils viennent bien préparés. Préparez-vous à la guerre de haute intensité. Ssoit ils viendront eux-mêmes, soit ils passeront par leurs valets locaux qui sont ici pour essayer de troubler notre quiétude. », a-t-il avisé.

    Le président Traoré appelle son armée à se préparer à une guerre qu’il définit comme une lutte pour l’autonomie et la souveraineté : « Vous allez commencer un nouveau cycle d’entraînement, la guerre de haute intensité c’est à vous, chers officiers militaires, de prendre ça en compte. C’est beaucoup plus que du terrorisme, c’est une guerre de décolonisation. », dénonce-t-il.

    Même son de cloches que le juriste malien Boubacar Touré, qui constate que :

    « il y a un acharnement avec mépris à ne pas laisser les Africains se développer et s’épanouir selon leur réalité et leur choix (...) Pourquoi ce destin franco-européen a muté en Afrique ? Pauvre maudite Afrique, jadis où la seule évocation de ce continent rappelait injustement la misère, les maladies contagieuses et dangereuses, la désolation, la pitié, mais, qui subitement devient viable, suscitant l’appétit de la convoitise, capable d’assurer la survie des Européens qui ont adopté une politique d’immigration pour chasser et refouler les migrants noirs africains ! Sous le prétexte fallacieux qu’ils sont des illégaux. Paradoxalement, l’Europe doit planifier d’immigrer en Afrique pour l’envahir par la force militaire d’occupation. C’est ce qu’on appelle ” la morale d’État “ ».

    Calculs, stratégie, manipulation ou menace, les interrogations fusent depuis la sortie du général François Lecointre. Ses déclarations semblent pour beaucoup d’africains, s'inscrire dans un agenda politico-militaire.

    Par Djimi Ahmadou Ahidjo
    Ecco l'articolo integrale del giornalista africano Recolonisation La France veut reconquérir l’Afrique par les armes Le général François Lecointre, ancien chef d’état-major de l’armée française, planifie une intervention militaire européenne visant à reconquérir l’Afrique par les armes. Dans un contexte d’expulsion des militaires français de certains pays du Sahel : Burkina Faso, Mali et Niger, les propos du militaire retentissent comme de la provocation et suscitent une onde de colère. ------------------------------------------------------------------------------------------- La France digère mal l’expulsion de ses militaires au Burkina Faso, au Mali et au Niger. Le pays d’Emmanuel Macron paye son échec à mettre fin au territorisme au Burkina Faso et au Mali, et de ses accords secrets passés avec l’ancien ordre gouvernant au Niger. Plus largement, la France subit sur l’ensemble du continent un désamour des populations africaines en raison de sa politique favorable au pillage des ressources, et de soutien aux dictateurs entre autres. L’agacement semble profiter à la percée des chinois, des turcs et des Russes notamment. Face au potentiel économique que regorge l’Afrique (richesse du sol et du sous-sol), la France vit une forte concurrence même si elle y garde de gros intérêts. Sa politique néocoloniale, sous le prisme du partenariat relation Afrique-France, est aujourd'hui complètement démasquée. « Nous avons toujours essayé, nous Français, d’entraîner les Européens dans cette prise de conscience de la nécessité d’agir collectivement en Afrique et en Méditerranée. Je suis absolument désolé de voir l’échec de nos engagements au Sahel. », regrette le général François Lecointre, ancien chef d’état-major des armées françaises, dans une interview accordée au journal Le Figaro le 17 avril 2024. Dans un ton paternaliste, l’officier qui a dirigé les troupes françaises au Gabon puis au Rwanda en 1994, soutient que l’Europe doit agir en Afrique en raison de « la destruction des appareils de gouvernement et des États », de la « guerre civile dans beaucoup de pays » et des difficultés « liées aux évolutions climatiques ». L’autre argument qu’il avance est que l’Afrique « va connaître une explosion démographique comme aucun continent n’en a jamais connu » et cela aura des « conséquences sur l’Europe » dans les dix et vingt prochaines années. « Je pense que cet intérêt commun là devrait un jour faire que l’Europe se décidera à agir comme une entité politique qui ira défendre elle-même ses intérêts, y compris par le moyen de l’engagement de ses armées », conseille le militaire avant de conclure que : « Ce n’est pas la Chine, la Russie et Wagner qui vont apporter des solutions durables aux très grandes difficultés que connaissent ces pays africains et leur population. ». Ces propos condescendants et irrévérencieux provoquent un tollé au sein de l’opinion dans la classe politique africaine. Lors d’une rencontre avec ses militaires, le président burkinabè Ibrahim Traoré a donné sa lecture de cette déclaration qu'il conçoit en filigrane comme étant un message de guerre. « Certains généraux ailleurs ont fait comprendre qu’ils viennent avec leurs armées nous recoloniser, il faut qu’ils viennent bien préparés. Préparez-vous à la guerre de haute intensité. Ssoit ils viendront eux-mêmes, soit ils passeront par leurs valets locaux qui sont ici pour essayer de troubler notre quiétude. », a-t-il avisé. Le président Traoré appelle son armée à se préparer à une guerre qu’il définit comme une lutte pour l’autonomie et la souveraineté : « Vous allez commencer un nouveau cycle d’entraînement, la guerre de haute intensité c’est à vous, chers officiers militaires, de prendre ça en compte. C’est beaucoup plus que du terrorisme, c’est une guerre de décolonisation. », dénonce-t-il. Même son de cloches que le juriste malien Boubacar Touré, qui constate que : « il y a un acharnement avec mépris à ne pas laisser les Africains se développer et s’épanouir selon leur réalité et leur choix (...) Pourquoi ce destin franco-européen a muté en Afrique ? Pauvre maudite Afrique, jadis où la seule évocation de ce continent rappelait injustement la misère, les maladies contagieuses et dangereuses, la désolation, la pitié, mais, qui subitement devient viable, suscitant l’appétit de la convoitise, capable d’assurer la survie des Européens qui ont adopté une politique d’immigration pour chasser et refouler les migrants noirs africains ! Sous le prétexte fallacieux qu’ils sont des illégaux. Paradoxalement, l’Europe doit planifier d’immigrer en Afrique pour l’envahir par la force militaire d’occupation. C’est ce qu’on appelle ” la morale d’État “ ». Calculs, stratégie, manipulation ou menace, les interrogations fusent depuis la sortie du général François Lecointre. Ses déclarations semblent pour beaucoup d’africains, s'inscrire dans un agenda politico-militaire. Par Djimi Ahmadou Ahidjo
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  • Congo: tutto quello che non vi vogliono far sapere Articolo illuminante sulla crisi con il Ruanda,

    "Riporto l’appello-denuncia della guerra infinita fra Congo e Rwanda. La situazione tra il gigante africano e il piccolo paese confinante è incandescente. Il Rwanda, protettorato angloamericano, sta depredando da decenni le risorse congolesi, causando massacri protratti della popolazione civile, che poco hanno da invidiare – si parva licet – al genocidio palestinese.

    Da quattro anni in Congo si parla di un accordo segreto fra l’attuale presidente congolese Felix Antoine Tshisekedi Thsilombo e il suo omologo rwandese, Paul Kagame. La notizia mi venne data da una persona molto inserita nell’establishment congolese. Le diedi un peso relativo, convincendomi in seguito che fosse ben altro che una boutade"..... continua.....

    L'articolo integrale è sul mio blog www.indisponente.com
    Congo: tutto quello che non vi vogliono far sapere Articolo illuminante sulla crisi con il Ruanda, "Riporto l’appello-denuncia della guerra infinita fra Congo e Rwanda. La situazione tra il gigante africano e il piccolo paese confinante è incandescente. Il Rwanda, protettorato angloamericano, sta depredando da decenni le risorse congolesi, causando massacri protratti della popolazione civile, che poco hanno da invidiare – si parva licet – al genocidio palestinese. Da quattro anni in Congo si parla di un accordo segreto fra l’attuale presidente congolese Felix Antoine Tshisekedi Thsilombo e il suo omologo rwandese, Paul Kagame. La notizia mi venne data da una persona molto inserita nell’establishment congolese. Le diedi un peso relativo, convincendomi in seguito che fosse ben altro che una boutade"..... continua..... L'articolo integrale è sul mio blog www.indisponente.com
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  • VOLETE SAPERE COME VIENE AFFRONTATO IL PROBLEMA DEI RICHIEDENTI ASILO DAL "CIVILISSIMO" REGNO UNITO? ECCO A VOI UN ARTICOLO ILLUMINANTE

    Il Regno Unito deporta decine di migliaia di rifugiati nel Rwanda in guerra col Congo

    Nel silenzio e nell’acquiescenza generali, il Regno Unito ha iniziato a deportare i richiedenti asilo presenti nel proprio territorio nazionale nel Rwanda, mentre la tensione fra il piccolo stato africano e la confinante Repubblica Democratica del Congo sale alle stelle, con lo spiegamento in territorio congolese di 3000 soldati rwandesi armati di droni, lanciagranate e mezzi pesanti.

    L’analista Stephanie Wolters, dell’Istituto Sudafricano di Affari Internazionali, ha dichiarato: “Non siamo mai stati così vicini alla guerra aperta fra il Rwanda e il Congo”. Ad aggravare il contesto, il 29 febbraio è cominciato il ritiro della Monuc dal Congo: la più antica, costosa e sostanzialmente inefficace missione di peace-keeping ONU del mondo, che ad ogni modo costituiva un minimo diaframma, più diplomatico che reale, di deterrenza e contenimento di una violenza già endemica.

    L’accordo fra Regno Unito e Rwanda è stato ratificato nel dicembre 2023, ma l’annuncio del trattato, le negoziazioni e una prima deportazione di richiedenti asilo risalgono all’aprile del 2022. Il Segretario di Stato inglese James Cleverly ha dichiarato che “il Rwanda è un paese sicuro”.

    Una delle clausole del trattato, che risuona persino irridente, riguarda il divieto imposto a Kigali di non inviare i richiedenti asilo verso “paesi non sicuri”. Il tutto mentre la tensione, storicamente alta, con il Congo sta per esplodere nell’ennesima guerra regionale, dalle conseguenze imprevedibili considerato il contesto geopolitico incandescente.

    Louis Gitinywa, analista politico rwandese, parla senza mezzi termini di “brutale manifestazione di neo-colonialismo ed imperialismo occidentale”. La parte economica dell’accordo prevede un versamento di circa 300 milioni di dollari nei prossimi cinque anni. Secondo il reporter della BBC Dominic Casciani, l’accordo dovrebbe interessare la deportazione di 52.000 persone, senza troppi riguardi nei confronti dell’origine dei rifugiati.

    Tre considerazioni personali. La prima di ordine storico: a quanto pare, dopo la dichiarazione di Balfour del 1917 all’origine del conflitto israelo-palestinese che vive in questi mesi il suo episodio più tragico, la Corona inglese non perde il vizio di considerare il resto del mondo, e nel caso specifico l’Africa, una sorta di “terra di nessuno”, o per dirla più crudamente una discarica nella quale si possono deportare con assoluta non-chalance popoli o, alla bisogna, masse enormi di disgraziati. Disgraziati che non di rado lo sono proprio grazie a politiche, anche belliche, dissennate messe a terra dall’Occidente liberale.

    A margine, bisogna notare che i deportati non sono tecnicamente dei clandestini, ma appunto dei richiedenti asilo: uno status giuridico molto preciso, violando il quale il Regno Unito si macchierebbe di un reato internazionale molto grave. Nel caso di una richiesta d’asilo, si tratta di stabilire se il richiedente abbia diritto o meno. La deportazione in un paese terzo – nemmeno quello di origine, nel qual caso si dovrebbe parlare di rimpatrio – è una clamorosa violazione dei diritti del richiedente, e persino di quelli di un clandestino.

    La seconda. Data la situazione ormai deteriorata fra Congo e Rwanda, non è improbabile che questi richiedenti asilo siano impiegati come carne da cannone dal regime di Kagame, che attualmente dispone di circa 33.000 effettivi. Essendo il 90% di questi rifugiati deportati uomini in età militare, la maggior parte di loro potrebbero ingrossare le fila non tanto dell’RDF, l’esercito regolare rwandese, quanto quelle degli oltre 120 gruppi di “ribelli” che insanguinano l’Ituri, il Nord e il Sud Kivu, le tre regioni orientali del Congo fra le più ricche di minerali preziosi, fra i come il litio, il cobalto, il coltan e le terre rare, materie prime indispensabili per la transizione elettrica e digitale sulla quale l’Occidente pare aver puntato le sue fiches residue.

    La terza. È plausibile che la parte occulta di questo accordo riguardi proprio il traffico illecito di questi minerali. Russia e Cina, che possiedono o controllano i maggiori giacimenti mondiali di queste risorse chiave – la Cina si è affrettata a stipulare accordi minerari con l’Afghanistan tornato sotto il controllo talebano dopo la fuga americana – sono state proditoriamente rese ostili, dunque lo sfruttamento del Congo diventa un obiettivo primario se l’Occidente vuole mantenere i propri obiettivi politici ed industriali. Il Rwanda pacificato, diventato rapidamente un centro d’interessi anglo-americano (coi francesi confinati nello scomodo ruolo di responsabili del genocidio rwandese) funziona da decenni come borsa nera dei minerali trafugati in Congo.

    Il Congo da parte sua conta circa 350.000 effettivi regolari, mal pagati e peggio armati dispersi in un territorio incontrollabile. Per quanto meglio armato, l’esercito rwandese rimane – o meglio: rimaneva – troppo esiguo per impensierire il gigante africano.

    Questa vergognosa iniziativa iniziativa inglese può provocare, nel giro di qualche mese, un brusco innalzamento del livello dello scontro, rafforzando il saccheggio del Congo e causando un aumento esponenziale delle violenze contro la popolazione civile, già stremata da decenni di violenze nella sostanziale indifferenza non soltanto della comunità internazionale, ma dello stesso establishment congolese, con il presidente appena rieletto Tshisekedi accusato apertamente di aver sottoscritto un accordo segreto col suo omologo rwandese Paul Kagame.

    Questo pessimo trattato fra il Regno Unito e il Rwanda verrà ricordato come un caso da manuale di perversione politica e diplomatica, con evidenti aspetti criminali e riflessi potenzialmente catastrofici.

    Pluto
    VOLETE SAPERE COME VIENE AFFRONTATO IL PROBLEMA DEI RICHIEDENTI ASILO DAL "CIVILISSIMO" REGNO UNITO? ECCO A VOI UN ARTICOLO ILLUMINANTE Il Regno Unito deporta decine di migliaia di rifugiati nel Rwanda in guerra col Congo Nel silenzio e nell’acquiescenza generali, il Regno Unito ha iniziato a deportare i richiedenti asilo presenti nel proprio territorio nazionale nel Rwanda, mentre la tensione fra il piccolo stato africano e la confinante Repubblica Democratica del Congo sale alle stelle, con lo spiegamento in territorio congolese di 3000 soldati rwandesi armati di droni, lanciagranate e mezzi pesanti. L’analista Stephanie Wolters, dell’Istituto Sudafricano di Affari Internazionali, ha dichiarato: “Non siamo mai stati così vicini alla guerra aperta fra il Rwanda e il Congo”. Ad aggravare il contesto, il 29 febbraio è cominciato il ritiro della Monuc dal Congo: la più antica, costosa e sostanzialmente inefficace missione di peace-keeping ONU del mondo, che ad ogni modo costituiva un minimo diaframma, più diplomatico che reale, di deterrenza e contenimento di una violenza già endemica. L’accordo fra Regno Unito e Rwanda è stato ratificato nel dicembre 2023, ma l’annuncio del trattato, le negoziazioni e una prima deportazione di richiedenti asilo risalgono all’aprile del 2022. Il Segretario di Stato inglese James Cleverly ha dichiarato che “il Rwanda è un paese sicuro”. Una delle clausole del trattato, che risuona persino irridente, riguarda il divieto imposto a Kigali di non inviare i richiedenti asilo verso “paesi non sicuri”. Il tutto mentre la tensione, storicamente alta, con il Congo sta per esplodere nell’ennesima guerra regionale, dalle conseguenze imprevedibili considerato il contesto geopolitico incandescente. Louis Gitinywa, analista politico rwandese, parla senza mezzi termini di “brutale manifestazione di neo-colonialismo ed imperialismo occidentale”. La parte economica dell’accordo prevede un versamento di circa 300 milioni di dollari nei prossimi cinque anni. Secondo il reporter della BBC Dominic Casciani, l’accordo dovrebbe interessare la deportazione di 52.000 persone, senza troppi riguardi nei confronti dell’origine dei rifugiati. Tre considerazioni personali. La prima di ordine storico: a quanto pare, dopo la dichiarazione di Balfour del 1917 all’origine del conflitto israelo-palestinese che vive in questi mesi il suo episodio più tragico, la Corona inglese non perde il vizio di considerare il resto del mondo, e nel caso specifico l’Africa, una sorta di “terra di nessuno”, o per dirla più crudamente una discarica nella quale si possono deportare con assoluta non-chalance popoli o, alla bisogna, masse enormi di disgraziati. Disgraziati che non di rado lo sono proprio grazie a politiche, anche belliche, dissennate messe a terra dall’Occidente liberale. A margine, bisogna notare che i deportati non sono tecnicamente dei clandestini, ma appunto dei richiedenti asilo: uno status giuridico molto preciso, violando il quale il Regno Unito si macchierebbe di un reato internazionale molto grave. Nel caso di una richiesta d’asilo, si tratta di stabilire se il richiedente abbia diritto o meno. La deportazione in un paese terzo – nemmeno quello di origine, nel qual caso si dovrebbe parlare di rimpatrio – è una clamorosa violazione dei diritti del richiedente, e persino di quelli di un clandestino. La seconda. Data la situazione ormai deteriorata fra Congo e Rwanda, non è improbabile che questi richiedenti asilo siano impiegati come carne da cannone dal regime di Kagame, che attualmente dispone di circa 33.000 effettivi. Essendo il 90% di questi rifugiati deportati uomini in età militare, la maggior parte di loro potrebbero ingrossare le fila non tanto dell’RDF, l’esercito regolare rwandese, quanto quelle degli oltre 120 gruppi di “ribelli” che insanguinano l’Ituri, il Nord e il Sud Kivu, le tre regioni orientali del Congo fra le più ricche di minerali preziosi, fra i come il litio, il cobalto, il coltan e le terre rare, materie prime indispensabili per la transizione elettrica e digitale sulla quale l’Occidente pare aver puntato le sue fiches residue. La terza. È plausibile che la parte occulta di questo accordo riguardi proprio il traffico illecito di questi minerali. Russia e Cina, che possiedono o controllano i maggiori giacimenti mondiali di queste risorse chiave – la Cina si è affrettata a stipulare accordi minerari con l’Afghanistan tornato sotto il controllo talebano dopo la fuga americana – sono state proditoriamente rese ostili, dunque lo sfruttamento del Congo diventa un obiettivo primario se l’Occidente vuole mantenere i propri obiettivi politici ed industriali. Il Rwanda pacificato, diventato rapidamente un centro d’interessi anglo-americano (coi francesi confinati nello scomodo ruolo di responsabili del genocidio rwandese) funziona da decenni come borsa nera dei minerali trafugati in Congo. Il Congo da parte sua conta circa 350.000 effettivi regolari, mal pagati e peggio armati dispersi in un territorio incontrollabile. Per quanto meglio armato, l’esercito rwandese rimane – o meglio: rimaneva – troppo esiguo per impensierire il gigante africano. Questa vergognosa iniziativa iniziativa inglese può provocare, nel giro di qualche mese, un brusco innalzamento del livello dello scontro, rafforzando il saccheggio del Congo e causando un aumento esponenziale delle violenze contro la popolazione civile, già stremata da decenni di violenze nella sostanziale indifferenza non soltanto della comunità internazionale, ma dello stesso establishment congolese, con il presidente appena rieletto Tshisekedi accusato apertamente di aver sottoscritto un accordo segreto col suo omologo rwandese Paul Kagame. Questo pessimo trattato fra il Regno Unito e il Rwanda verrà ricordato come un caso da manuale di perversione politica e diplomatica, con evidenti aspetti criminali e riflessi potenzialmente catastrofici. Pluto
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