• SECONDO UNA REVISIONE SISTEMATICA DELLE AUTOPSIE NEI DECESSI POST VACCINAZIONE COVID-19, "IL 73,9% DEI DECESSI CAUSATO DIRETTAMENTE O ASSOCIATO ALLA VACCINAZIONE COVID-19"
    Punti salienti
    • Abbiamo scoperto che la vaccinazione COVID-19 è stata direttamente la causa o ha contribuito in modo significativo al 73,9% dei decessi.
    • I nostri dati suggeriscono un’alta probabilità di un nesso causale tra la vaccinazione contro il COVID-19 e il decesso.
    • Questi risultati indicano l’urgente necessità di chiarire i meccanismi fisiopatologici della morte con l’obiettivo di stratificare il rischio ed evitare la morte per il gran numero di individui che hanno assunto o riceveranno uno o più vaccini COVID-19 in futuro.
    • Questa revisione aiuta a fornire alla comunità medica e forense una migliore comprensione degli eventi avversi fatali del vaccino COVID-19.

    Riassunto
    Il rapido sviluppo dei vaccini contro il COVID-19, combinato con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, ha portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e dell'mRNA, il danno tissutale associato alla proteina Spike, la trombogenicità, la disfunzione del sistema immunitario e la cancerogenicità. Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la morte utilizzando autopsie e analisi post mortem.

    Conclusioni
    La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con i meccanismi noti di lesioni e morte del vaccino COVID-19, insieme alla conferma dell’autopsia da parte del giudizio medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra i vaccini COVID-19 e la morte. Sono necessari ulteriori accertamenti urgenti per fare chiarezza.
    Fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0379073824001968

    Fonte: Segui Giubbe Rosse
    SECONDO UNA REVISIONE SISTEMATICA DELLE AUTOPSIE NEI DECESSI POST VACCINAZIONE COVID-19, "IL 73,9% DEI DECESSI CAUSATO DIRETTAMENTE O ASSOCIATO ALLA VACCINAZIONE COVID-19" Punti salienti • Abbiamo scoperto che la vaccinazione COVID-19 è stata direttamente la causa o ha contribuito in modo significativo al 73,9% dei decessi. • I nostri dati suggeriscono un’alta probabilità di un nesso causale tra la vaccinazione contro il COVID-19 e il decesso. • Questi risultati indicano l’urgente necessità di chiarire i meccanismi fisiopatologici della morte con l’obiettivo di stratificare il rischio ed evitare la morte per il gran numero di individui che hanno assunto o riceveranno uno o più vaccini COVID-19 in futuro. • Questa revisione aiuta a fornire alla comunità medica e forense una migliore comprensione degli eventi avversi fatali del vaccino COVID-19. Riassunto Il rapido sviluppo dei vaccini contro il COVID-19, combinato con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, ha portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e dell'mRNA, il danno tissutale associato alla proteina Spike, la trombogenicità, la disfunzione del sistema immunitario e la cancerogenicità. Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la morte utilizzando autopsie e analisi post mortem. Conclusioni La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con i meccanismi noti di lesioni e morte del vaccino COVID-19, insieme alla conferma dell’autopsia da parte del giudizio medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra i vaccini COVID-19 e la morte. Sono necessari ulteriori accertamenti urgenti per fare chiarezza. Fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0379073824001968 🟥 Fonte: Segui Giubbe Rosse
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  • Roberto Gambardella.
    Trent'anni fa venivano uccisi in Somalia Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Poche ore prima della loro " esecuzione" ( questo fu il titolo del libro scritto dai genitori con Maurizio Torre alta e Mariangela Gritta Grainer, quest' ultima portavoce dell' associazione Ilaria Alpi) riferirà via telefono alla redazione del TG3 di "essere finalmente in possesso di cose grosse" che sarebbero state rese note da ella stessa via satellite in occasione del TG3 delle ore 19.00. Era il 20 marzo 1994 quando sia Ilaria che Miran Hrovatin vennero uccisi impedendo loro di far conoscere ai telespettatori del tg3 le trame oscure e vergognose del traffico di armi, provenienti anche da aziende italiane, come la Oto Melara, con il benestare del governo, all' epoca presieduto da Craxi ( certamente un traffico già attivo anche durante precedenti governi), e rifiuti tossici e radioattivi. La Somalia all' epoca era ritenuta la
    " pattumiera" dei rifiuti che non si volevano smaltire nei territori nostrani.
    Era, la Somalia, in quel periodo funestata da una efferrata guerra intestina ove si muovevano disinvoltamente i servizi segreti italiani e non solo; vi era anche la presenza di un agente di Gladio, Vincendo Li Causi, che due mesi prima dell' uccisione dei due giornalisti venne ucciso perché informatore di Ilaria Alpi.
    I signori della guerra somala pur di prevalere l' uno sull' altro misero a disposizione larghe porzioni del territorio somalo ai Paesi occidentali affinché essi si liberassero delle scorie radioattive e tossiche in cambio di armi, per lo più vecchiotte ma ancora idonee per produrre morte e desolazione. I genitori di Ilaria morirono, il babbo a luglio del 2010 e la mamma a giugno del 2018, senza poter avere giustizia e verità.
    Giorgio Alpi: " c'è un legame che unisce le stragi che insanguinarono il nostro Paese e l' assassinio di Ilaria e Hrovatin. Giustizia e verità sono un diritto per chi è stato colpito e un dovere per chi ha responsabilità pubbliche".
    Luciana Costa Alpi: " Sono stanca di illudermi, ma farò di tutto perché l' inchiesta non finisca archiviata. È stato fatto di tutto pur di coprire chi ha voluto eliminare mia figlia ".
    Così si espresse sul mensile Il Dibattito a settembre del 1999 l' ex sindaco di Reggio Calabria Francesco Gangemi:
    " Ilaria Alpi si era recata in Somalia per un' indagine sulla movimentazione clandestina dei rifiuti radioattivi ad opera di faccendieri tutelato dai servizi segreti, dagli Stati di mezzo mondo, non escluso il governo italiano e dalla 'ndrangheta calabrese. (...) voglio informare i lettori e le autorità che eventuali rappresaglie che dovessi subire, non sarebbero riconducibili alla 'ndragheta o altre organizzazioni criminali, bensì ai servizi segreti e assoggettati a taluni magistrati inadempienti ai loro doveri d' ufficio e al governo, che rimane il fulcro delle attività sporche che stanno inginocchiando l' umanità intera a fronte di vantaggi di varia natura."

    Cosa rimane dei due giornalisti del TG3? Nulla. Inchiesta zittita, dimenticata, archiviata. Silenzio, solo silenzio.
    Giustizia per i danneggiati, che siamo tutti noi. Una giornalista, la cui giovane età venne spenta a 31 anni, appassionata del suo lavoro, coraggiosa, onesta ( qualità poco o per nulla presenti in molti giornalisti), punita per aver voluto fare luce sulle vergogne perseguite da personaggi, servizi, istituzioni dediti a corrompere e portare morte e desolazione, anziché difendere il bene comune.
    Il mio augurio che un pensiero venga riservato ad Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che non indietreggiarono di fronte ai rischi e pericoli pur di informare la società civile, in occasione dei presidi a difesa del giornalista, tale seppur privo della tessera dell' ordine del giornalismo, Julian Assange.
    Lieto pomeriggio....
    Roberto Gambardella. Trent'anni fa venivano uccisi in Somalia Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Poche ore prima della loro " esecuzione" ( questo fu il titolo del libro scritto dai genitori con Maurizio Torre alta e Mariangela Gritta Grainer, quest' ultima portavoce dell' associazione Ilaria Alpi) riferirà via telefono alla redazione del TG3 di "essere finalmente in possesso di cose grosse" che sarebbero state rese note da ella stessa via satellite in occasione del TG3 delle ore 19.00. Era il 20 marzo 1994 quando sia Ilaria che Miran Hrovatin vennero uccisi impedendo loro di far conoscere ai telespettatori del tg3 le trame oscure e vergognose del traffico di armi, provenienti anche da aziende italiane, come la Oto Melara, con il benestare del governo, all' epoca presieduto da Craxi ( certamente un traffico già attivo anche durante precedenti governi), e rifiuti tossici e radioattivi. La Somalia all' epoca era ritenuta la " pattumiera" dei rifiuti che non si volevano smaltire nei territori nostrani. Era, la Somalia, in quel periodo funestata da una efferrata guerra intestina ove si muovevano disinvoltamente i servizi segreti italiani e non solo; vi era anche la presenza di un agente di Gladio, Vincendo Li Causi, che due mesi prima dell' uccisione dei due giornalisti venne ucciso perché informatore di Ilaria Alpi. I signori della guerra somala pur di prevalere l' uno sull' altro misero a disposizione larghe porzioni del territorio somalo ai Paesi occidentali affinché essi si liberassero delle scorie radioattive e tossiche in cambio di armi, per lo più vecchiotte ma ancora idonee per produrre morte e desolazione. I genitori di Ilaria morirono, il babbo a luglio del 2010 e la mamma a giugno del 2018, senza poter avere giustizia e verità. Giorgio Alpi: " c'è un legame che unisce le stragi che insanguinarono il nostro Paese e l' assassinio di Ilaria e Hrovatin. Giustizia e verità sono un diritto per chi è stato colpito e un dovere per chi ha responsabilità pubbliche". Luciana Costa Alpi: " Sono stanca di illudermi, ma farò di tutto perché l' inchiesta non finisca archiviata. È stato fatto di tutto pur di coprire chi ha voluto eliminare mia figlia ". Così si espresse sul mensile Il Dibattito a settembre del 1999 l' ex sindaco di Reggio Calabria Francesco Gangemi: " Ilaria Alpi si era recata in Somalia per un' indagine sulla movimentazione clandestina dei rifiuti radioattivi ad opera di faccendieri tutelato dai servizi segreti, dagli Stati di mezzo mondo, non escluso il governo italiano e dalla 'ndrangheta calabrese. (...) voglio informare i lettori e le autorità che eventuali rappresaglie che dovessi subire, non sarebbero riconducibili alla 'ndragheta o altre organizzazioni criminali, bensì ai servizi segreti e assoggettati a taluni magistrati inadempienti ai loro doveri d' ufficio e al governo, che rimane il fulcro delle attività sporche che stanno inginocchiando l' umanità intera a fronte di vantaggi di varia natura." Cosa rimane dei due giornalisti del TG3? Nulla. Inchiesta zittita, dimenticata, archiviata. Silenzio, solo silenzio. Giustizia per i danneggiati, che siamo tutti noi. Una giornalista, la cui giovane età venne spenta a 31 anni, appassionata del suo lavoro, coraggiosa, onesta ( qualità poco o per nulla presenti in molti giornalisti), punita per aver voluto fare luce sulle vergogne perseguite da personaggi, servizi, istituzioni dediti a corrompere e portare morte e desolazione, anziché difendere il bene comune. Il mio augurio che un pensiero venga riservato ad Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che non indietreggiarono di fronte ai rischi e pericoli pur di informare la società civile, in occasione dei presidi a difesa del giornalista, tale seppur privo della tessera dell' ordine del giornalismo, Julian Assange. Lieto pomeriggio....
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  • Pubblichiamo qui in allegato l'ATLANTE DELL’INFANZIA (A RISCHIO) IN ITALIA - 2023 - A cura di Save the Children - lasciamo a voi le considerazioni ed i commenti sul futuro della scuola e delle nuove generazioni.

    PREFAZIONE

    La pandemia di Covid19 ha segnato un punto di svolta fondamentale della
    nostra epoca. C’è un prima e un dopo su molte cose e, indubbiamente, uno dei
    fattori che ha svolto un ruolo particolarmente significativo nel corso dei mesi
    del lockdown e in quelli successivi è stata la tecnologia digitale. Anche in
    questo caso, c’è un prima e un dopo, sia nel modo in cui queste tecnologie
    sono state utilizzate, sia nel modo in cui le abbiamo interpretate e vissute.
    In quell’ormai lontano 2020, ci sono stati giorni difficili in cui i nostri computer, i
    tablet e gli smartphone ci hanno tenuti vivi, nel vero senso della parola. Hanno fatto
    sì che la nostra vita procedesse sebbene fossimo segregati in casa, ci hanno permesso il contatto quotidiano con amici e parenti, sebbene mutuato attraverso lo schermo di un PC o di uno smartphone, mentre tutto il resto fuori era fermo.

    Abbiamo fatto aperitivi con gli amici collegati al pc, abbiamo ordinato la spesa, letto
    libri, guardato film, lavorato, studiato. Ma è stato davvero proprio così? O meglio, è
    stato così per tutti? La tecnologia è stata fondamentale per una parte del mondo e
    della società che ne aveva ampio accesso, ma per un’altra fetta di popolazione, a
    tutte le latitudini, questa accelerazione tecnologica ha significato l’emarginazione.
    Coloro che erano già indietro, che non avevano accesso ai dispositivi digitali, si sono
    visti tagliati fuori da ogni genere di attività. Hanno dovuto faticare molto di più per
    poter fruire dei servizi e trovare risposte ai loro bisogni, spesso vitali, in un momento
    in cui ci dicevamo “nessuno deve rimanere indietro”.

    Prima del maggio 2020, secondo un rapporto UNESCO, il 60% dei programmi
    nazionali di apprendimento a distanza si affidava esclusivamente a piattaforme
    connesse a internet, ma quasi mezzo miliardo di giovani – ovvero circa la metà degli
    studenti delle scuole primarie e secondarie di tutto il mondo non
    disponeva di una connessione a casa e veniva così escluso dalla partecipazione.
    Secondo i dati e le indagini citati nel rapporto, nel 2020 negli Stati Uniti, per esempio, un terzo degli
    studenti, dalla scuola dell’infanzia al dodicesimo anno di età, è stato escluso
    dall’istruzione a causa di connessioni a internet o hardware inadeguati. Per quanto
    riguarda i risultati dell’apprendimento degli studenti, secondo i ricercatori
    dell’UNESCO, questi si sono bloccati o sono diminuiti drasticamente quando le
    scuole hanno utilizzato l’edtech (education technology) in sostituzione
    dell’insegnamento in presenza, anche quando i bambini avevano accesso a dispositivi
    digitali e connessioni a internet...

    Neonati allo schermo

    In un mondo fatto di chiaroscuri, gli effetti del digitale sono in parte positivi, in parte negativi,
    ma sull’età evolutiva sembrano prevalere questi ultimi. Eppure, nel nostro Paese sono tanti i
    bambini persino molto piccoli che trascorrono del tempo davanti a uno schermo. I risultati
    della nuova indagine del Sistema di Sorveglianza Bambini 0­2 anni dell’Istituto Superiore di
    Sanità (ISS), presentata a marzo 2023 delinea un quadro preoccupante sotto questo profilo
    1. L’indagine si è svolta tra giugno e ottobre 2022 con interviste in tutte le regioni italiane ad
    eccezione del Molise e della Provincia autonoma di Bolzano. Complessivamente hanno risposto ai questionari 35.550 mamme con tassi di partecipazione a livello regionale compresi tra l’89,2% e il 98,6%. Un campione, dunque, molto vasto da cui è emerso che in Italia il 22,1% dei bambini di 2­5 mesi passa del tempo davanti a schermi che possono essere tv, computer, tablet o telefoni cellulari.
    Esiste una differenza di esposizione legata al territorio: in particolare si va dal 13,6%
    della Provincia autonoma di Trento al 30,3% riscontrato in Puglia. La maggior parte dei bambini esposti passa meno di un’ora al giorno davanti a uno schermo, ma dall’1,9% (Veneto) al 9,1% (Calabria) vi trascorre almeno 1-­2 ore.
    I livelli di esposizione crescono all’aumentare dell’età in tutte le regioni e, tra i bambini di 11-­15 mesi, i bambini che passano almeno 1-­2 ore al giorno davanti a uno schermo diventano una percentuale significativa che varia tra il 6,5% di Trento e il 39,3% della Calabria.
    Se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la
    percentuale di bambine e bambini che ha una esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, vale a dire 1 su 2. In generale, le percentuali sono più alte nelle regioni del Sud.

    Questi risultati hanno spinto l’ISS a fornire indicazioni, in particolare sulla “necessità di informare i genitori ­ e tutti gli adulti che si occupano del bambino ­ dei rischi legati all’uso delle tecnologie audiovisive e digitali in età precoce. Un ruolo importante in questa azione preventiva può essere svolto dagli operatori socio­sanitari e dagli educatori che hanno frequenti contatti con i genitori”.

    Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2019 ha stilato nuove linee guida su
    “attività fisica, comportamento sedentario e sonno” in cui si raccomanda un tempo limite di
    esposizione agli schermi per i bambini fino a 5 anni. In particolare, fino a 2 anni d’età questo
    tempo dovrebbe essere pari a zero, mentre da 2 a 5 anni non dovrebbe superare un’ora al giorno, possibilmente meno. Tra i rischi dello stare davanti a uno schermo vi è quello di favorire comportamenti sedentari che compromettono la salute dei bambini. È stato infatti dimostrato un legame tra l’esposizione agli schermi e l’obesità dovuto a diversi fattori: oltre alla mancanza di movimento, un aumento del consumo di cibo mentre si guarda lo schermo, l’esposizione a pubblicità di cibi e bevande non sane che influenzano le preferenze alimentari dei bambini, la riduzione della durata del sonno...
    Pubblichiamo qui in allegato l'ATLANTE DELL’INFANZIA (A RISCHIO) IN ITALIA - 2023 - A cura di Save the Children - lasciamo a voi le considerazioni ed i commenti sul futuro della scuola e delle nuove generazioni. PREFAZIONE La pandemia di Covid19 ha segnato un punto di svolta fondamentale della nostra epoca. C’è un prima e un dopo su molte cose e, indubbiamente, uno dei fattori che ha svolto un ruolo particolarmente significativo nel corso dei mesi del lockdown e in quelli successivi è stata la tecnologia digitale. Anche in questo caso, c’è un prima e un dopo, sia nel modo in cui queste tecnologie sono state utilizzate, sia nel modo in cui le abbiamo interpretate e vissute. In quell’ormai lontano 2020, ci sono stati giorni difficili in cui i nostri computer, i tablet e gli smartphone ci hanno tenuti vivi, nel vero senso della parola. Hanno fatto sì che la nostra vita procedesse sebbene fossimo segregati in casa, ci hanno permesso il contatto quotidiano con amici e parenti, sebbene mutuato attraverso lo schermo di un PC o di uno smartphone, mentre tutto il resto fuori era fermo. Abbiamo fatto aperitivi con gli amici collegati al pc, abbiamo ordinato la spesa, letto libri, guardato film, lavorato, studiato. Ma è stato davvero proprio così? O meglio, è stato così per tutti? La tecnologia è stata fondamentale per una parte del mondo e della società che ne aveva ampio accesso, ma per un’altra fetta di popolazione, a tutte le latitudini, questa accelerazione tecnologica ha significato l’emarginazione. Coloro che erano già indietro, che non avevano accesso ai dispositivi digitali, si sono visti tagliati fuori da ogni genere di attività. Hanno dovuto faticare molto di più per poter fruire dei servizi e trovare risposte ai loro bisogni, spesso vitali, in un momento in cui ci dicevamo “nessuno deve rimanere indietro”. Prima del maggio 2020, secondo un rapporto UNESCO, il 60% dei programmi nazionali di apprendimento a distanza si affidava esclusivamente a piattaforme connesse a internet, ma quasi mezzo miliardo di giovani – ovvero circa la metà degli studenti delle scuole primarie e secondarie di tutto il mondo non disponeva di una connessione a casa e veniva così escluso dalla partecipazione. Secondo i dati e le indagini citati nel rapporto, nel 2020 negli Stati Uniti, per esempio, un terzo degli studenti, dalla scuola dell’infanzia al dodicesimo anno di età, è stato escluso dall’istruzione a causa di connessioni a internet o hardware inadeguati. Per quanto riguarda i risultati dell’apprendimento degli studenti, secondo i ricercatori dell’UNESCO, questi si sono bloccati o sono diminuiti drasticamente quando le scuole hanno utilizzato l’edtech (education technology) in sostituzione dell’insegnamento in presenza, anche quando i bambini avevano accesso a dispositivi digitali e connessioni a internet... Neonati allo schermo In un mondo fatto di chiaroscuri, gli effetti del digitale sono in parte positivi, in parte negativi, ma sull’età evolutiva sembrano prevalere questi ultimi. Eppure, nel nostro Paese sono tanti i bambini persino molto piccoli che trascorrono del tempo davanti a uno schermo. I risultati della nuova indagine del Sistema di Sorveglianza Bambini 0­2 anni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), presentata a marzo 2023 delinea un quadro preoccupante sotto questo profilo 1. L’indagine si è svolta tra giugno e ottobre 2022 con interviste in tutte le regioni italiane ad eccezione del Molise e della Provincia autonoma di Bolzano. Complessivamente hanno risposto ai questionari 35.550 mamme con tassi di partecipazione a livello regionale compresi tra l’89,2% e il 98,6%. Un campione, dunque, molto vasto da cui è emerso che in Italia il 22,1% dei bambini di 2­5 mesi passa del tempo davanti a schermi che possono essere tv, computer, tablet o telefoni cellulari. Esiste una differenza di esposizione legata al territorio: in particolare si va dal 13,6% della Provincia autonoma di Trento al 30,3% riscontrato in Puglia. La maggior parte dei bambini esposti passa meno di un’ora al giorno davanti a uno schermo, ma dall’1,9% (Veneto) al 9,1% (Calabria) vi trascorre almeno 1-­2 ore. I livelli di esposizione crescono all’aumentare dell’età in tutte le regioni e, tra i bambini di 11-­15 mesi, i bambini che passano almeno 1-­2 ore al giorno davanti a uno schermo diventano una percentuale significativa che varia tra il 6,5% di Trento e il 39,3% della Calabria. Se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha una esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, vale a dire 1 su 2. In generale, le percentuali sono più alte nelle regioni del Sud. Questi risultati hanno spinto l’ISS a fornire indicazioni, in particolare sulla “necessità di informare i genitori ­ e tutti gli adulti che si occupano del bambino ­ dei rischi legati all’uso delle tecnologie audiovisive e digitali in età precoce. Un ruolo importante in questa azione preventiva può essere svolto dagli operatori socio­sanitari e dagli educatori che hanno frequenti contatti con i genitori”. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2019 ha stilato nuove linee guida su “attività fisica, comportamento sedentario e sonno” in cui si raccomanda un tempo limite di esposizione agli schermi per i bambini fino a 5 anni. In particolare, fino a 2 anni d’età questo tempo dovrebbe essere pari a zero, mentre da 2 a 5 anni non dovrebbe superare un’ora al giorno, possibilmente meno. Tra i rischi dello stare davanti a uno schermo vi è quello di favorire comportamenti sedentari che compromettono la salute dei bambini. È stato infatti dimostrato un legame tra l’esposizione agli schermi e l’obesità dovuto a diversi fattori: oltre alla mancanza di movimento, un aumento del consumo di cibo mentre si guarda lo schermo, l’esposizione a pubblicità di cibi e bevande non sane che influenzano le preferenze alimentari dei bambini, la riduzione della durata del sonno...
    Tipo di file: pdf
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  • PRIMA PARTE - Nella carne di pollo a marchio Lidl batteri resistenti agli antibiotici. In Italia dati tra i peggiori – Il nuovo studio Abbiamo pubblicato oggi un’analisi realizzata in cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, che rivela che la carne di pollo venduta da Lidl è spesso contaminata da agenti potenzialmente patogeni e da batteri resistenti agli antibiotici. Nel concreto, insieme ad altre organizzazioni europee, abbiamo incaricato un laboratorio di eseguire alcune analisi microbiologiche su 142 prodotti di carne fresca a marchio Lidl e i risultati sono allarmanti. Nello specifico, per quanto riguarda i dati italiani, lo scenario emerso nel nostro paese è tra i peggiori: quasi un campione analizzato su due contiene un enzima prodotto dai batteri e in grado di conferire loro resistenza a uno o più antibiotici e il 46% delle confezioni analizzate risulta contaminato da salmonelle, un batterio invece assente o quasi nei prodotti di pollo a marchio Lidl analizzati negli altri paesi.

    I risultati dei test microbiologici sulla carne di pollo a marchio Lidl Italia dovrebbero suonare come un gravissimo campanello d’allarme. Soprattutto se si considera che la resistenza agli antibiotici è una delle dieci cause di morte più comuni nel mondo. Nel 2019 più di 1,2 milioni di persone sono morte a causa di questo fenomeno, un numero che nel 2050 si stima potrebbe salire fino a 10 milioni. Solo nell’Unione Europea nel 2020 sono morte oltre 35.000 persone a causa dell’antibiotico resistenza, di cui quasi un terzo in Italia. Secondo gli esperti, gli allevamenti intensivi sono largamente responsabili dell’insorgenza di antibiotico-resistenza e creano le condizioni perfette perché agenti potenzialmente patogeni si diffondano rapidamente. Numerose immagini provenienti da allevamenti di fornitori europei di Lidl hanno già mostrato le condizioni catastrofiche in cui vengono allevati i polli: migliaia di animali ammassati e spesso malati vegetano in stalle piene di feci e tra compagni morti – un “paradiso” per gli agenti patogeni. Basta che si ammali un solo animale e anche a tutti gli altri vengono somministrati antibiotici, un pratica che concorre fortemente nella diffusione di batteri resistenti.

    Lidl è la più grande catena di supermercati in Europa e, di conseguenza, uno dei più grandi distributori di carne del nostro continente. Gli impegni presi — o non presi — da Lidl influenzano quindi direttamente gli standard di allevamento di decine di milioni di polli nelle filiere da cui provengono i prodotti che vendono a loro marchio. Per questo da ottobre 2022 chiediamo a Lidl di impegnarsi a sottoscrivere lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di requisiti con l’obiettivo di ridurre la sofferenza dei polli negli allevamenti intensivi. Aderendo all’ECC, Lidl si impegnerebbe a ridurre le densità di allevamento, abbandonare le razze a rapido accrescimento e garantire agli animali un ambiente migliore in cui esprimere i propri comportamenti naturali. Questa peraltro non è l’unica analisi che abbiamo condotto nei prodotti di pollo a marchio Lidl, qualcuno ricorderà il caso del white striping, un segno di malessere dei polli allevati. Le abbiamo trovate nel 90% dei petti di pollo venduti nei negozi Lidl in Italia. (segue)

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/06/18/nella-carne-di-pollo-a-marchio-lidl-batteri-resistenti-agli-antibiotici-in-italia-dati-tra-i-peggiori-il-nuovo-studio/7591400/
    PRIMA PARTE - Nella carne di pollo a marchio Lidl batteri resistenti agli antibiotici. In Italia dati tra i peggiori – Il nuovo studio Abbiamo pubblicato oggi un’analisi realizzata in cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, che rivela che la carne di pollo venduta da Lidl è spesso contaminata da agenti potenzialmente patogeni e da batteri resistenti agli antibiotici. Nel concreto, insieme ad altre organizzazioni europee, abbiamo incaricato un laboratorio di eseguire alcune analisi microbiologiche su 142 prodotti di carne fresca a marchio Lidl e i risultati sono allarmanti. Nello specifico, per quanto riguarda i dati italiani, lo scenario emerso nel nostro paese è tra i peggiori: quasi un campione analizzato su due contiene un enzima prodotto dai batteri e in grado di conferire loro resistenza a uno o più antibiotici e il 46% delle confezioni analizzate risulta contaminato da salmonelle, un batterio invece assente o quasi nei prodotti di pollo a marchio Lidl analizzati negli altri paesi. I risultati dei test microbiologici sulla carne di pollo a marchio Lidl Italia dovrebbero suonare come un gravissimo campanello d’allarme. Soprattutto se si considera che la resistenza agli antibiotici è una delle dieci cause di morte più comuni nel mondo. Nel 2019 più di 1,2 milioni di persone sono morte a causa di questo fenomeno, un numero che nel 2050 si stima potrebbe salire fino a 10 milioni. Solo nell’Unione Europea nel 2020 sono morte oltre 35.000 persone a causa dell’antibiotico resistenza, di cui quasi un terzo in Italia. Secondo gli esperti, gli allevamenti intensivi sono largamente responsabili dell’insorgenza di antibiotico-resistenza e creano le condizioni perfette perché agenti potenzialmente patogeni si diffondano rapidamente. Numerose immagini provenienti da allevamenti di fornitori europei di Lidl hanno già mostrato le condizioni catastrofiche in cui vengono allevati i polli: migliaia di animali ammassati e spesso malati vegetano in stalle piene di feci e tra compagni morti – un “paradiso” per gli agenti patogeni. Basta che si ammali un solo animale e anche a tutti gli altri vengono somministrati antibiotici, un pratica che concorre fortemente nella diffusione di batteri resistenti. Lidl è la più grande catena di supermercati in Europa e, di conseguenza, uno dei più grandi distributori di carne del nostro continente. Gli impegni presi — o non presi — da Lidl influenzano quindi direttamente gli standard di allevamento di decine di milioni di polli nelle filiere da cui provengono i prodotti che vendono a loro marchio. Per questo da ottobre 2022 chiediamo a Lidl di impegnarsi a sottoscrivere lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di requisiti con l’obiettivo di ridurre la sofferenza dei polli negli allevamenti intensivi. Aderendo all’ECC, Lidl si impegnerebbe a ridurre le densità di allevamento, abbandonare le razze a rapido accrescimento e garantire agli animali un ambiente migliore in cui esprimere i propri comportamenti naturali. Questa peraltro non è l’unica analisi che abbiamo condotto nei prodotti di pollo a marchio Lidl, qualcuno ricorderà il caso del white striping, un segno di malessere dei polli allevati. Le abbiamo trovate nel 90% dei petti di pollo venduti nei negozi Lidl in Italia. (segue) https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/06/18/nella-carne-di-pollo-a-marchio-lidl-batteri-resistenti-agli-antibiotici-in-italia-dati-tra-i-peggiori-il-nuovo-studio/7591400/
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  • FARSA A LUCERNA PER LA PACE IN UCRAINA

    Altro patetico tentativo del Paesi Occidentali per cercare di riprendersi il terreno perduto nella stima degli Stati del mondo. Un tentativo di pace che esclude il Paese più importante, direttamente coinvolto, la Federazione Russa, non può che essere privo di qualunque efficacia.

    Inoltre non viene fatta, alla fine dell'incontro, una dichiarazione congiunta, bensì solo una "comunicazione", che non viene sottoscritta da ben dodici Stati, tra cui ve ne sono alcuni decisamente importanti: il Brasile, l'India, l'Arabia Saudita. Risulta così monco questo ennesimo tentativo di isolare la Russia da parte dell'Occidente guidato dagli Stati Uniti.

    Ci sono poi altri due eventi collaterali da considerare: il primo è Forum economico di San Pietroburgo, che ha raccolto ben 132 Paesi di tutto il mondo non Occidentale. Ciò è avvenuto proprio durante il grottesco G7 durante il quale la teatrante Giorgia Meloni ha insistito perché fossero dati altri 50 miliardi di dollari al suo "collega" Zelensky. Sarebbe isolata la Russia, se riesce ad organizzare un incontro di scambi economici con la maggior parte dei Paesi del mondo?

    L'altro evento, ancora più significativo, è il rifiuto dell'Arabia Saudita di rinnovare l'accordo con il quale stabiliva il pagamento del petrolio in dollari statunitensi. Questo è il colpo di grazia per la fatiscente economia americana, che si regge con lo sputo sul fatto che la sua moneta sia mezzo di pagamento internazionale. Il sistema dell'"anglosfera" sta crollando e cerca di risollevarsi con la ricostruzione di Stati interi in macerie, come appunto l'Ucraina.
    FARSA A LUCERNA PER LA PACE IN UCRAINA Altro patetico tentativo del Paesi Occidentali per cercare di riprendersi il terreno perduto nella stima degli Stati del mondo. Un tentativo di pace che esclude il Paese più importante, direttamente coinvolto, la Federazione Russa, non può che essere privo di qualunque efficacia. Inoltre non viene fatta, alla fine dell'incontro, una dichiarazione congiunta, bensì solo una "comunicazione", che non viene sottoscritta da ben dodici Stati, tra cui ve ne sono alcuni decisamente importanti: il Brasile, l'India, l'Arabia Saudita. Risulta così monco questo ennesimo tentativo di isolare la Russia da parte dell'Occidente guidato dagli Stati Uniti. Ci sono poi altri due eventi collaterali da considerare: il primo è Forum economico di San Pietroburgo, che ha raccolto ben 132 Paesi di tutto il mondo non Occidentale. Ciò è avvenuto proprio durante il grottesco G7 durante il quale la teatrante Giorgia Meloni ha insistito perché fossero dati altri 50 miliardi di dollari al suo "collega" Zelensky. Sarebbe isolata la Russia, se riesce ad organizzare un incontro di scambi economici con la maggior parte dei Paesi del mondo? L'altro evento, ancora più significativo, è il rifiuto dell'Arabia Saudita di rinnovare l'accordo con il quale stabiliva il pagamento del petrolio in dollari statunitensi. Questo è il colpo di grazia per la fatiscente economia americana, che si regge con lo sputo sul fatto che la sua moneta sia mezzo di pagamento internazionale. Il sistema dell'"anglosfera" sta crollando e cerca di risollevarsi con la ricostruzione di Stati interi in macerie, come appunto l'Ucraina.
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  • La dott.ssa Julia Hippisley-Cox, docente di epidemiologia clinica presso il Nuffield Department of Primary Health Care Sciences dell’Università di Oxford, e i suoi colleghi hanno ottenuto i dati da un database nazionale sulla vaccinazione COVID-19, sulla mortalità, sui ricoveri ospedalieri e sulle infezioni da COVID-19. Hanno voluto esaminare il legame tra i vaccini COVID-19 di AstraZeneca, Pfizer e Moderna con 12 esiti...

    https://dituttoedipiu.altervista.org/rischio-elevato-di-epilessia-e-appendicite-nei-bambini-dopo-la-vaccinazione-covid-19-studio/
    La dott.ssa Julia Hippisley-Cox, docente di epidemiologia clinica presso il Nuffield Department of Primary Health Care Sciences dell’Università di Oxford, e i suoi colleghi hanno ottenuto i dati da un database nazionale sulla vaccinazione COVID-19, sulla mortalità, sui ricoveri ospedalieri e sulle infezioni da COVID-19. Hanno voluto esaminare il legame tra i vaccini COVID-19 di AstraZeneca, Pfizer e Moderna con 12 esiti... https://dituttoedipiu.altervista.org/rischio-elevato-di-epilessia-e-appendicite-nei-bambini-dopo-la-vaccinazione-covid-19-studio/
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    Rischio elevato di epilessia e appendicite nei bambini dopo la vaccinazione COVID-19: Studio - D TUTTO E D+
    Rischio elevato di epilessia e appendicite nei bambini dopo la vaccinazione COVID-19: Studio Secondo un nuovo studio, i bambini che hanno ricevuto i vaccini COVID-19 di AstraZeneca o Pfizer-BioNTech hanno affrontato un rischio elevato di epilessia e appendicite. I ricercatori hanno riscontrato che chi ha ricevuto il vaccino Pfizer aveva anche maggiori probabilità di soffrire di malattie demielinizzanti o infiammazioni cardiache. La dott.ssa Julia Hippisley-Cox, docente di epidemiologia
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  • Da Voci dalla strada


    https://dituttoedipiu.altervista.org/il-legame-tra-la-protezione-del-clima-e-la-sfera-privata-preannuncia-un-nuovo-totalitarismo-verde/
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    Il legame tra la protezione del clima e la sfera privata preannuncia un nuovo totalitarismo “verde” - D TUTTO E D+
    Il legame tra la protezione del clima e la sfera privata preannuncia un nuovo totalitarismo “verde” La giurisdizione dell’UE sta diventando sempre più arbitraria e invasiva Che rapporto esiste tra la tutela del clima e il diritto delle donne anziane al rispetto della propria vita privata e familiare? Ma nessuno, per chi ha conservato un po' di buon senso. Idem per la CO2 emessa nell’atmosfera dalla Svizzera e il
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  • 30 maggio 2024

    PUTIN COME DOVREBBE REAGIRE?
    di Mario Adinolfi

    Oggi e domani a Praga i ministri degli Esteri della NATO si incontrano per discutere una questione cruciale: come avviare la più pericolosa delle guerre verso un cessate il fuoco e il negoziato di pace? No. Sul piatto c’è l’autorizzazione a Kiev per usare le armi NATO per attacchi sul territorio russo a partire dalla città di Krasnodar. Gran Bretagna, Francia, Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Olanda, Canada, Lituania, Lettonia e Estonia hanno già detto sì. Soprattutto questa è la linea del segretario generale della NATO, Stoltenberg, così come del segretario di Stato USA, Blinken. Sunak e Macron da tempo poi parlano di inviare direttamente i soldati NATO sul campo di battaglia. Ditemi voi come il “cattivo” Putin dovrebbe reagire a questi atti di ostilità militare.
    Noi abbiamo digerito per un biennio la balla dell’invio da parte dell’Italia e dell’Ue “solo di armi di difesa”. Per i primi tre mesi della guerra in Ucraina c’era chi faceva una diretta tv ogni giorno per glorificare la scelta di supportare Zelensky e mostrificare i russi. Le tv e i giornali martellavano ogni giorno su quanto fosse giusta ogni forma di russofobia, hanno cancellato addirittura il diritto per gli atleti russi e bielorussi di partecipare agli eventi sportivi con la loro bandiera, prossime Olimpiadi comprese. La stessa cosa non accade, ad esempio, per Israele e badate bene che io penso che invece nello sport nessuna bandiera debba essere ammainata, è una grande occasione di dialogo e pace.
    Comunque, l’Italia fornisce da tempo all’Ucraina missili a lunga gittata. Come cittadini non dovremmo saperlo, visto che l’elenco delle armi fornite da noi a Kiev è autorizzato dal Parlamento ma coperto da segreto di Stato. Il ministro della Difesa inglese, Grant Shapps, si è però fatto sfuggire una dichiarazione: “I missili Storm Shadow sono un’arma straordinaria. L’Inghilterra, la Francia e l’Italia forniscono queste armi per essere utilizzate nella guerra in Ucraina, soprattutto in Crimea. Sono missili che stanno davvero facendo la differenza”. Fanno la differenza perché sono missili a lunga gittata, colpiscono obiettivi a 250 km di distanza. Perfetti per devastare Krasnodar, città russa con oltre un milione di abitanti. Se dovesse accadere, lo ripeto, ditemi come dovrebbe reagire Putin.
    Giorgia Meloni sa che gli italiani non sostengono l’invio di armi all’Ucraina e non vogliono fare la guerra alla Russia. Per questo ora dichiara che “bisogna evitare attacchi che provocherebbero una escalation”. Ci sono le elezioni tra 10 giorni e dunque tocca dare un colpo di freno. Ma se “bisogna evitare attacchi” perché l’Italia fornisce sistemi missilistici che servono solo ad attaccare, non certo a difendersi?
    Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, oggi ha dichiarato: “L'attuazione dei piani di dispiegamento di missili terrestri a medio e corto raggio non rimarrà senza la nostra reazione”. Il tipo di reazione la deciderà Putin, aggiunge Lavrov, inclusa la “deterrenza nucleare”. Allo stesso tempo Lavrov si è detto disposto ad “accelerare” una soluzione politica per il conflitto in Ucraina se “l’Occidente smetterà di fornire armi e Kiev cesserà le ostilità”. Quindi siamo davanti al solito bivio: Putin è come Hitler, un pazzo furioso che se lasciato fare porterà la guerra in tutta Europa? Allora bisogna fargli la guerra come la si fece a Hitler, costò ottanta milioni di morti. Oppure Putin è un nazionalista russo che vuole lo status di grande potenza e non vuole vivere sotto costante minaccia di una NATO ostile che si allarga sempre di più verso i suoi confini. Allora bisogna smettere di fornire armi e cominciare a negoziare la pace, visto che dopo due anni e mezzo è chiaro che Zelensky la guerra non la vince.
    Tutti i partiti da destra a sinistra hanno votato con questo governo o con il governo Draghi il sostegno armato alla guerra alla Russia. Credo sia il motivo principale per non votarli alle elezioni europee, specie i più ipocriti come M5S o il mitico Pd che candida Tarquinio che vuole uscire dalla NATO per poi rimbrottarlo e dire che “non è la linea del partito”. Elly Schlein ha superato con questo davvero i limiti dell’ambiguità indecente. Bisogna inviare un segnale di svolta storica all’Ue e anche per questo indico di votare per la lista Libertà che contiene il simbolo del Popolo della Famiglia, che da anni chiede la pace con una soluzione precisa ricalcata sul modello cipriota. Bisogna imboccare subito la via che noi indichiamo perché l’alternativa ormai è un conflitto mondiale che, viste anche le mosse di Xi Jinping nel Mar della Cina contro Taiwan, rischia di essere davvero dietro l’angolo.
    30 maggio 2024 PUTIN COME DOVREBBE REAGIRE? di Mario Adinolfi Oggi e domani a Praga i ministri degli Esteri della NATO si incontrano per discutere una questione cruciale: come avviare la più pericolosa delle guerre verso un cessate il fuoco e il negoziato di pace? No. Sul piatto c’è l’autorizzazione a Kiev per usare le armi NATO per attacchi sul territorio russo a partire dalla città di Krasnodar. Gran Bretagna, Francia, Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Olanda, Canada, Lituania, Lettonia e Estonia hanno già detto sì. Soprattutto questa è la linea del segretario generale della NATO, Stoltenberg, così come del segretario di Stato USA, Blinken. Sunak e Macron da tempo poi parlano di inviare direttamente i soldati NATO sul campo di battaglia. Ditemi voi come il “cattivo” Putin dovrebbe reagire a questi atti di ostilità militare. Noi abbiamo digerito per un biennio la balla dell’invio da parte dell’Italia e dell’Ue “solo di armi di difesa”. Per i primi tre mesi della guerra in Ucraina c’era chi faceva una diretta tv ogni giorno per glorificare la scelta di supportare Zelensky e mostrificare i russi. Le tv e i giornali martellavano ogni giorno su quanto fosse giusta ogni forma di russofobia, hanno cancellato addirittura il diritto per gli atleti russi e bielorussi di partecipare agli eventi sportivi con la loro bandiera, prossime Olimpiadi comprese. La stessa cosa non accade, ad esempio, per Israele e badate bene che io penso che invece nello sport nessuna bandiera debba essere ammainata, è una grande occasione di dialogo e pace. Comunque, l’Italia fornisce da tempo all’Ucraina missili a lunga gittata. Come cittadini non dovremmo saperlo, visto che l’elenco delle armi fornite da noi a Kiev è autorizzato dal Parlamento ma coperto da segreto di Stato. Il ministro della Difesa inglese, Grant Shapps, si è però fatto sfuggire una dichiarazione: “I missili Storm Shadow sono un’arma straordinaria. L’Inghilterra, la Francia e l’Italia forniscono queste armi per essere utilizzate nella guerra in Ucraina, soprattutto in Crimea. Sono missili che stanno davvero facendo la differenza”. Fanno la differenza perché sono missili a lunga gittata, colpiscono obiettivi a 250 km di distanza. Perfetti per devastare Krasnodar, città russa con oltre un milione di abitanti. Se dovesse accadere, lo ripeto, ditemi come dovrebbe reagire Putin. Giorgia Meloni sa che gli italiani non sostengono l’invio di armi all’Ucraina e non vogliono fare la guerra alla Russia. Per questo ora dichiara che “bisogna evitare attacchi che provocherebbero una escalation”. Ci sono le elezioni tra 10 giorni e dunque tocca dare un colpo di freno. Ma se “bisogna evitare attacchi” perché l’Italia fornisce sistemi missilistici che servono solo ad attaccare, non certo a difendersi? Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, oggi ha dichiarato: “L'attuazione dei piani di dispiegamento di missili terrestri a medio e corto raggio non rimarrà senza la nostra reazione”. Il tipo di reazione la deciderà Putin, aggiunge Lavrov, inclusa la “deterrenza nucleare”. Allo stesso tempo Lavrov si è detto disposto ad “accelerare” una soluzione politica per il conflitto in Ucraina se “l’Occidente smetterà di fornire armi e Kiev cesserà le ostilità”. Quindi siamo davanti al solito bivio: Putin è come Hitler, un pazzo furioso che se lasciato fare porterà la guerra in tutta Europa? Allora bisogna fargli la guerra come la si fece a Hitler, costò ottanta milioni di morti. Oppure Putin è un nazionalista russo che vuole lo status di grande potenza e non vuole vivere sotto costante minaccia di una NATO ostile che si allarga sempre di più verso i suoi confini. Allora bisogna smettere di fornire armi e cominciare a negoziare la pace, visto che dopo due anni e mezzo è chiaro che Zelensky la guerra non la vince. Tutti i partiti da destra a sinistra hanno votato con questo governo o con il governo Draghi il sostegno armato alla guerra alla Russia. Credo sia il motivo principale per non votarli alle elezioni europee, specie i più ipocriti come M5S o il mitico Pd che candida Tarquinio che vuole uscire dalla NATO per poi rimbrottarlo e dire che “non è la linea del partito”. Elly Schlein ha superato con questo davvero i limiti dell’ambiguità indecente. Bisogna inviare un segnale di svolta storica all’Ue e anche per questo indico di votare per la lista Libertà che contiene il simbolo del Popolo della Famiglia, che da anni chiede la pace con una soluzione precisa ricalcata sul modello cipriota. Bisogna imboccare subito la via che noi indichiamo perché l’alternativa ormai è un conflitto mondiale che, viste anche le mosse di Xi Jinping nel Mar della Cina contro Taiwan, rischia di essere davvero dietro l’angolo.
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  • Infermiere sospeso per non aver comunicato di essersi vaccinato contro il Covid, Asl condannata al pagamento delle retribuzioni

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    Il giudice del lavoro bacchetta l'Asl Lanciano: La sospensione dell'infermiere era illegittima - Tra le pieghe più insondabili della
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  • QUALCOSA SI MUOVE! FORZA!
    Devono risarcire tutti. Anche le centinaia di migliaia di persone danneggiate dai sieri genici sperimentali e le decine di migliaia di parenti delle vittime!
    CHIEDIAMO GIUSTIZIA!

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    QUALCOSA SI MUOVE! FORZA! Devono risarcire tutti. Anche le centinaia di migliaia di persone danneggiate dai sieri genici sperimentali e le decine di migliaia di parenti delle vittime! CHIEDIAMO GIUSTIZIA! Infermiere sospeso per non aver comunicato di essersi vaccinato contro il Covid, Asl condannata al pagamento delle retribuzioni https://dituttoedipiu.altervista.org/il-giudice-del-lavoro-bacchetta-lasl-lanciano-la-sospensione-dellinfermiere-era-illegittima/
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