Questione Israele - Stato palestinese

Il conflitto tra Israele e lo Stato palestinese è di nuovo salito alla ribalta della informazione dei media con l’attentato di Hamas alla discoteca di Tel Aviv, alla quale è stato dato un enorme risalto. La stessa attenzione mediatica non si può dire sia stata offerta alla reazione di Israele, che viene fatta passare come “atto difensivo” alla minaccia di sterminare tutto il popolo ebraico. Ma vediamo i numeri e i fatti, cercando di essere oggettivi e non prioritariamente da una parte sola, come hanno dimostrato quasi tutti i mezzi di comunicazione italiani (e non solo).
Gli attentati di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno causato, da quello che posso dedurre da fonti israeliane, 826 morti civili, che sono moltissimi e soprattutto avvengono all’interno del territorio dello Stato d’Israele, nel cuore della sua città più significativa, capitale, prima della dichiarazione unilaterale di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico. Immediatamente dopo tale attentato Israele comincia a bombardare la striscia di Gaza e non solo a colpire le basi di Hamas, ma tutta la popolazione di quella parte dello Stato palestinese, compresi ospedali, moschee, chiese, provocando più di ottomila morti, tra civili e militari (qui le statistiche offerte dall’Autorità palestinese non distinguono tra civili e militari, ma è evidente che le donne, i bambini e gli uomini comuni sono molto superiori agli appartenenti ai gruppi miliziani di Hamas). Quindi, a prescindere dalla posizione ideologico-politica che ciascuno può prendere, si nota immediatamente una sproporzione tra i morti di parte israeliana e quelli palestinesi. Viene subito alla mente il paragone con quelle milizie che uccidevano dieci stranieri ogni persona dei loro (ricordate le Fosse Ardeatine? 335 italiani uccisi dai nazisti per vendicare i 33 tedeschi morti in un attentato dei partigiani).
Ma ciò che mi lascia più perplesso è la mancanza di memoria storica e l’omissione dei fatti storici precedenti, che caratterizza l’attuale informazione. All’inizio di tale recrudescenza del conflitto, infatti, questa veniva presentata come una “nuova guerra”. Nuova guerra? Ma se la questione va avanti fin dal 1948, di quale nuova guerra stiamo parlando? Sono passati ben 75 anni, anzi 76, da quando l’ONU dichiarò, in una risoluzione, la divisione della Palestina in due Stati, quello d’Israele e quello palestinese, con la conseguente immediata guerra che gli Stati arabi intrapresero contro Israele, nel ‘48/49? E la guerra del canale di Suez del ’56? E la guerra dei sei giorni del ’67, con la quale Israele occupò la penisola del Sinai, la Cisgiordania e le alture del Golan? E la guerra del Kippur del ’73, nella quale furono l’Egitto, la Siria e la Giordania ad attaccare Israele di sorpresa, durante una delle feste religiose più importanti, quella del perdono? E la prima e la seconda “intifada” dichiarate dall’OLP, che possono essere considerate una vera e propria guerra civile interna? Per non parlare di tutti gli altri attentati di Hamas e delle reazioni di Israele, che provocano sempre un numero di morti molto superiore a quello ricevuto.
Insomma, a me sembra difficile schierarsi totalmente da una delle due parti, dimenticando le sofferenze dell’altra. E poi, perché bisogna necessariamente schierarsi da una parte? Perché non si possono considerare i torti e le ragioni di entrambe? Perché adottare acriticamente questo criterio dei “buoni e cattivi”, degli Stati alleati e degli Stati “canaglia” tipico degli Stati Uniti d’America ma che adesso appare scontato anche da noi?
Non esistono oppressi ed oppressori, non esistono popolazioni “vittime” e popolazioni “carnefici”, ma realtà è molto più complessa ed articolata. Non si può ragionevolmente sostenere che tutta la popolazione palestinese (circa due milioni nella Striscia di Gaza, tre milioni e mezzo nella Cisgiordania e due milioni circa nello Stato d’Israele) sia composta da terroristi, come non si può affermare che tutto il popolo israeliano sia dalla parte di Netanyahu e sia d’accordo con i bombardamenti e l’invasione della Striscia di Gaza! Anche il mondo ebraico è estremamente variegato e le posizioni sono molto diversificate; inoltre basterebbe leggere alcuni versetti dell’Antico Testamento per capire che quanto sta facendo il Governo d’Israele in questo momento non corrisponde esattamente alla mentalità di un vero ebreo; ad esempio: “Non maltratterai il forestiero né lo opprimerai, perché anche voi foste forestieri nel Paese d’Egitto” (Esodo 22, 20 – versione CEI).
Questione Israele - Stato palestinese Il conflitto tra Israele e lo Stato palestinese è di nuovo salito alla ribalta della informazione dei media con l’attentato di Hamas alla discoteca di Tel Aviv, alla quale è stato dato un enorme risalto. La stessa attenzione mediatica non si può dire sia stata offerta alla reazione di Israele, che viene fatta passare come “atto difensivo” alla minaccia di sterminare tutto il popolo ebraico. Ma vediamo i numeri e i fatti, cercando di essere oggettivi e non prioritariamente da una parte sola, come hanno dimostrato quasi tutti i mezzi di comunicazione italiani (e non solo). Gli attentati di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno causato, da quello che posso dedurre da fonti israeliane, 826 morti civili, che sono moltissimi e soprattutto avvengono all’interno del territorio dello Stato d’Israele, nel cuore della sua città più significativa, capitale, prima della dichiarazione unilaterale di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico. Immediatamente dopo tale attentato Israele comincia a bombardare la striscia di Gaza e non solo a colpire le basi di Hamas, ma tutta la popolazione di quella parte dello Stato palestinese, compresi ospedali, moschee, chiese, provocando più di ottomila morti, tra civili e militari (qui le statistiche offerte dall’Autorità palestinese non distinguono tra civili e militari, ma è evidente che le donne, i bambini e gli uomini comuni sono molto superiori agli appartenenti ai gruppi miliziani di Hamas). Quindi, a prescindere dalla posizione ideologico-politica che ciascuno può prendere, si nota immediatamente una sproporzione tra i morti di parte israeliana e quelli palestinesi. Viene subito alla mente il paragone con quelle milizie che uccidevano dieci stranieri ogni persona dei loro (ricordate le Fosse Ardeatine? 335 italiani uccisi dai nazisti per vendicare i 33 tedeschi morti in un attentato dei partigiani). Ma ciò che mi lascia più perplesso è la mancanza di memoria storica e l’omissione dei fatti storici precedenti, che caratterizza l’attuale informazione. All’inizio di tale recrudescenza del conflitto, infatti, questa veniva presentata come una “nuova guerra”. Nuova guerra? Ma se la questione va avanti fin dal 1948, di quale nuova guerra stiamo parlando? Sono passati ben 75 anni, anzi 76, da quando l’ONU dichiarò, in una risoluzione, la divisione della Palestina in due Stati, quello d’Israele e quello palestinese, con la conseguente immediata guerra che gli Stati arabi intrapresero contro Israele, nel ‘48/49? E la guerra del canale di Suez del ’56? E la guerra dei sei giorni del ’67, con la quale Israele occupò la penisola del Sinai, la Cisgiordania e le alture del Golan? E la guerra del Kippur del ’73, nella quale furono l’Egitto, la Siria e la Giordania ad attaccare Israele di sorpresa, durante una delle feste religiose più importanti, quella del perdono? E la prima e la seconda “intifada” dichiarate dall’OLP, che possono essere considerate una vera e propria guerra civile interna? Per non parlare di tutti gli altri attentati di Hamas e delle reazioni di Israele, che provocano sempre un numero di morti molto superiore a quello ricevuto. Insomma, a me sembra difficile schierarsi totalmente da una delle due parti, dimenticando le sofferenze dell’altra. E poi, perché bisogna necessariamente schierarsi da una parte? Perché non si possono considerare i torti e le ragioni di entrambe? Perché adottare acriticamente questo criterio dei “buoni e cattivi”, degli Stati alleati e degli Stati “canaglia” tipico degli Stati Uniti d’America ma che adesso appare scontato anche da noi? Non esistono oppressi ed oppressori, non esistono popolazioni “vittime” e popolazioni “carnefici”, ma realtà è molto più complessa ed articolata. Non si può ragionevolmente sostenere che tutta la popolazione palestinese (circa due milioni nella Striscia di Gaza, tre milioni e mezzo nella Cisgiordania e due milioni circa nello Stato d’Israele) sia composta da terroristi, come non si può affermare che tutto il popolo israeliano sia dalla parte di Netanyahu e sia d’accordo con i bombardamenti e l’invasione della Striscia di Gaza! Anche il mondo ebraico è estremamente variegato e le posizioni sono molto diversificate; inoltre basterebbe leggere alcuni versetti dell’Antico Testamento per capire che quanto sta facendo il Governo d’Israele in questo momento non corrisponde esattamente alla mentalità di un vero ebreo; ad esempio: “Non maltratterai il forestiero né lo opprimerai, perché anche voi foste forestieri nel Paese d’Egitto” (Esodo 22, 20 – versione CEI).
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