• E' improponibile questo FOLLE vuole portarci alla TERZA GUERRA Mondiale.
    Mandiamolo in pensione. Trump lo fermerà!!!
    Arriva Trump, Rutte accelera su Kiev nella Nato: "Iter irreversibile. E servirà più del 2% del Pil". La n.1 delle politiche di sicurezza: "Fare in fretta" - Il Fatto Quotidiano
    "Gli Usa? Abbiamo bisogno di loro ma anche loro di noi"

    Il percorso che porterà all’ingresso dell’Ucraina nella Nato è “irreversibile“. E gli stati membri dovranno contribuire con più del 2% del loro Pil, come finora previsto. A dirlo è il segretario generale dell’Alleanza atlantica è il segretario generale Mark Rutte. Parole – pronunciate durante una visita in Lettonia, altro paese in prima linea sul fronte orientale dell’Ue, al confine con il territorio russo – che sembrano voler dare un colpo di acceleratore su una strada che la comunità internazionale sembrava voler tenere da parte: vista da Mosca, con il conflitto che ha ancora una fiamma più che viva, l’adesione alla Nato potrebbe avere effetti diversi e più impattanti rispetto, per esempio, all’integrazione nell’Unione Europea. Ma nell’ultimo mese – in avvicinamento alle elezioni negli Stati Uniti – la questione è tornata sul tavolo dei vertici internazionali.

    Occorre far entrare Kiev nell’Alleanza e “bisogna farlo adesso più in fretta, per evitare un’escalation come quella che sta preparando Putin”, coinvolgendo la Corea del Nord, ha aggiunto in un’intervista a Radio Radicale Carmen Romero, direttrice della Security Policy Political Affairs and Security Policy Division della Nato. “Il fatto che la Corea del Nord adesso partecipa in questo conflitto significa che Pyongyang percepirà qualcosa in cambio da parte della Russia, e sarà sicuramente tecnologia missilistica. Il che significa che la Corea del Nord può lanciare dei missili che possono arrivare in Europa, possono arrivare in America del Nord e possono anche attaccare Paesi come il Giappone e la Corea del Sud”. Alla domanda se sia realistico pensare a un ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica, Romero ha risposto: “Chiaramente un Paese che è in un conflitto non può entrare in un’organizzazione perché deve anche esportare sicurezza”, però “stiamo lavorando, sia l’Unione europea che noi” perché Kiev “faccia parte di queste due organizzazioni”.

    Era stato il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky a rimettere in pista la questione in un incontro di ottobre a Bruxelles in un forcing che durava da mesi: “La Nato per noi è un ombrello di sicurezza cruciale. In fondo è la nostra unica speranza – aveva detto dopo una riunione del Consiglio europeo –. La debolezza relativa dell’Ucraina si traduce in una forza relativa della Russia. Sarebbe un errore non permetterci di entrare nell’organizzazione militare. La prima tappa può essere un invito, poi l’ingresso. Forse anche dopo la fine della guerra. Comunque, il prima possibile”. In quei giorni di ottobre a frenare era stata l’Ungheria che aveva avvertito che l’eventuale approdo di Kiev nell’Alleanza atlantica “nelle attuali circostanze” provocherebbe la “terza guerra mondiale“. Il termine “irreversibile” era stato usato per la prima volta all’ultimo vertice Nato di luglio a Washington, anche se non era stata ipotizzata una possibile data. La reazione del Cremlino fu prevedibilmente glaciale: mentre il vicepresidente del Consiglio di sicurezza – l’ex presidente Dmitry Medvedev – disse seccamente che Mosca deve impegnarsi per far “scomparire Ucraina e Nato”, la portavoce del ministero degli Esteri si “limitò” a prevedere che la strada scelta dagli Alleati va “verso il precipizio“.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/11/14/arriva-trump-rutte-accelera-sullucraina-nella-nato-il-segretario-della-nato-percorso-irreversibile-con-40-miliardi-di-aiuti/7767091/
    E' improponibile questo FOLLE vuole portarci alla TERZA GUERRA Mondiale. Mandiamolo in pensione. Trump lo fermerà!!! Arriva Trump, Rutte accelera su Kiev nella Nato: "Iter irreversibile. E servirà più del 2% del Pil". La n.1 delle politiche di sicurezza: "Fare in fretta" - Il Fatto Quotidiano "Gli Usa? Abbiamo bisogno di loro ma anche loro di noi" Il percorso che porterà all’ingresso dell’Ucraina nella Nato è “irreversibile“. E gli stati membri dovranno contribuire con più del 2% del loro Pil, come finora previsto. A dirlo è il segretario generale dell’Alleanza atlantica è il segretario generale Mark Rutte. Parole – pronunciate durante una visita in Lettonia, altro paese in prima linea sul fronte orientale dell’Ue, al confine con il territorio russo – che sembrano voler dare un colpo di acceleratore su una strada che la comunità internazionale sembrava voler tenere da parte: vista da Mosca, con il conflitto che ha ancora una fiamma più che viva, l’adesione alla Nato potrebbe avere effetti diversi e più impattanti rispetto, per esempio, all’integrazione nell’Unione Europea. Ma nell’ultimo mese – in avvicinamento alle elezioni negli Stati Uniti – la questione è tornata sul tavolo dei vertici internazionali. Occorre far entrare Kiev nell’Alleanza e “bisogna farlo adesso più in fretta, per evitare un’escalation come quella che sta preparando Putin”, coinvolgendo la Corea del Nord, ha aggiunto in un’intervista a Radio Radicale Carmen Romero, direttrice della Security Policy Political Affairs and Security Policy Division della Nato. “Il fatto che la Corea del Nord adesso partecipa in questo conflitto significa che Pyongyang percepirà qualcosa in cambio da parte della Russia, e sarà sicuramente tecnologia missilistica. Il che significa che la Corea del Nord può lanciare dei missili che possono arrivare in Europa, possono arrivare in America del Nord e possono anche attaccare Paesi come il Giappone e la Corea del Sud”. Alla domanda se sia realistico pensare a un ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica, Romero ha risposto: “Chiaramente un Paese che è in un conflitto non può entrare in un’organizzazione perché deve anche esportare sicurezza”, però “stiamo lavorando, sia l’Unione europea che noi” perché Kiev “faccia parte di queste due organizzazioni”. Era stato il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky a rimettere in pista la questione in un incontro di ottobre a Bruxelles in un forcing che durava da mesi: “La Nato per noi è un ombrello di sicurezza cruciale. In fondo è la nostra unica speranza – aveva detto dopo una riunione del Consiglio europeo –. La debolezza relativa dell’Ucraina si traduce in una forza relativa della Russia. Sarebbe un errore non permetterci di entrare nell’organizzazione militare. La prima tappa può essere un invito, poi l’ingresso. Forse anche dopo la fine della guerra. Comunque, il prima possibile”. In quei giorni di ottobre a frenare era stata l’Ungheria che aveva avvertito che l’eventuale approdo di Kiev nell’Alleanza atlantica “nelle attuali circostanze” provocherebbe la “terza guerra mondiale“. Il termine “irreversibile” era stato usato per la prima volta all’ultimo vertice Nato di luglio a Washington, anche se non era stata ipotizzata una possibile data. La reazione del Cremlino fu prevedibilmente glaciale: mentre il vicepresidente del Consiglio di sicurezza – l’ex presidente Dmitry Medvedev – disse seccamente che Mosca deve impegnarsi per far “scomparire Ucraina e Nato”, la portavoce del ministero degli Esteri si “limitò” a prevedere che la strada scelta dagli Alleati va “verso il precipizio“. https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/11/14/arriva-trump-rutte-accelera-sullucraina-nella-nato-il-segretario-della-nato-percorso-irreversibile-con-40-miliardi-di-aiuti/7767091/
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  • Le ombre dell’industria musicale sulla morte di Liam Payne: “Pochi giorni prima era stato scaricato dalla Universal”. Il padre in lacrime a Buenos Aires –

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/19/le-ombre-dellindustria-musicale-sulla-morte-di-liam-payne-pochi-giorni-prima-era-stato-scaricato-dalla-universal-il-padre-in-lacrime-a-buenos-aires-video/7736535/#google_vignette
    Le ombre dell’industria musicale sulla morte di Liam Payne: “Pochi giorni prima era stato scaricato dalla Universal”. Il padre in lacrime a Buenos Aires – https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/19/le-ombre-dellindustria-musicale-sulla-morte-di-liam-payne-pochi-giorni-prima-era-stato-scaricato-dalla-universal-il-padre-in-lacrime-a-buenos-aires-video/7736535/#google_vignette
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    Le ombre dell’industria musicale sulla morte di Liam Payne: “Pochi giorni prima era stato scaricato dalla Universal”. Il padre in lacrime a Buenos Aires - VIDEO - Il Fatto Quotidiano
    Geoff, padre dell’artista, si è commosso davanti ai tributi degli appassionati. Nel frattempo, il Daily Mail ha aggiunto un’altra tessera al mosaico incompleto del decesso dell’ex membro degli One Direction
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  • A PROPOSITO di PUTIN!
    Per lavoro, mi hanno chiesto quale sia la foto, secondo la mia opinione, che più mi ha colpito di Putin
    Questa

    Nessun politico...politicante nostrano potrebbe fare altrettanto
    per i suoi caduti della IIWW, rimane volutamente senza ombrello, impassibile, sotto la pioggia battente.

    Fonte: https://x.com/anubi77787292/status/1834327144349978667?t=apaOxbpNBJYt3KylX6dkHA&s=19

    #putin
    #russia
    #guerraucraina
    A PROPOSITO di PUTIN! Per lavoro, mi hanno chiesto quale sia la foto, secondo la mia opinione, che più mi ha colpito di Putin Questa Nessun politico...politicante nostrano potrebbe fare altrettanto per i suoi caduti della IIWW, rimane volutamente senza ombrello, impassibile, sotto la pioggia battente. Fonte: https://x.com/anubi77787292/status/1834327144349978667?t=apaOxbpNBJYt3KylX6dkHA&s=19 #putin #russia #guerraucraina
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  • QUESTI SONO FOLLI E VANNO FERMATI ORA!
    NON COMPRIAMO PIÙ QUESTI PRODOTTI.
    I bambini di tutti gli Stati Uniti avranno presto una bambola Barbie e Ken che aspettano un bambino, tranne che non sarà Barbie a portare il bambino, ma Ken.

    Il CEO Andrew Shave ha affermato che gli uomini incinti sono rimasti nell’ombra per troppo tempo ed è ora di cambiare la situazione. Questa è una guerra spirituale e ci prendono di mira da ogni angolazione.

    Les enfants à travers les États-Unis auront bientôt une poupée Barbie et Ken attendant un bébé, sauf que ce ne sera pas Barbie qui portera le bébé, c'est Ken.

    Le PDG Andrew Shave a déclaré que les hommes enceintes sont restés dans l’ombre pendant trop longtemps et qu’il était temps de changer cela. Il s’agit d’une guerre spirituelle, et ils nous ciblent sous tous les angles.

    Fonte: https://t.me/trottasilvano
    QUESTI SONO FOLLI E VANNO FERMATI ORA! NON COMPRIAMO PIÙ QUESTI PRODOTTI. I bambini di tutti gli Stati Uniti avranno presto una bambola Barbie e Ken che aspettano un bambino, tranne che non sarà Barbie a portare il bambino, ma Ken. Il CEO Andrew Shave ha affermato che gli uomini incinti sono rimasti nell’ombra per troppo tempo ed è ora di cambiare la situazione. Questa è una guerra spirituale e ci prendono di mira da ogni angolazione. Les enfants à travers les États-Unis auront bientôt une poupée Barbie et Ken attendant un bébé, sauf que ce ne sera pas Barbie qui portera le bébé, c'est Ken. Le PDG Andrew Shave a déclaré que les hommes enceintes sont restés dans l’ombre pendant trop longtemps et qu’il était temps de changer cela. Il s’agit d’une guerre spirituelle, et ils nous ciblent sous tous les angles. Fonte: https://t.me/trottasilvano
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  • TRUMP DEVE MORIRE

    Ci sono due notizie recenti che vanno osservate da vicino, e messe in relazione fra loro.

    La prima. Si attende ad ore il passo indietro di Joe Biden, a favore della candidatura della sua vice Kamala Harris, complice il quinto Covid preso dal presidente: uno dopo ogni vaccinazione alla quale POTUS si è sottoposto. L’infezione è “mild”, moderata.

    Questo colpo di scena, se arriverà, sarà dopo settimane di resistenze in seguito alla figuraccia nell’irrituale dibattito presidenziale di giugno – tuttavia non risolve il problema dei democratici: nonostante i sondaggi accreditino altri potenziali candidati come Michelle Obama, Gavin Newsom e la stessa Harris intorno alle stesse percentuali di Biden (a sua volta dato 2-3 punti sotto Trump) la realtà appare molto meno confortante, con le chances di battere un Trump lanciatissimo ridotte ad un lumicino.

    La seconda. Di cinque giorni fa – quindi posteriore all’attentato di Butler a Trump – la notizia data dalla premiata ditta Cia-Mossad di un piano iraniano per assassinare Trump. Il piano, affermano le fonti, sarebbe una vendetta per l’assassinio del generale Soleimani, perpetrato nel 2020 proprio da Cia e Mossad sotto la presidenza Trump. C’è chi dice senza l’avallo presidenziale: il presidente ha dovuto fare buon viso e cattivo gioco.

    Quale che sia la verità fattuale – non credo alla versione, vagamente naïve, di Trump nemico giurato del deep state e contrario all’assassinio di Soleimani – la possibilità che emerge dal combinato disposto del “groviglio armonioso” Dem e dell’attentato fallito a Trump è un secondo attentato al candidato repubblicano, questa volta più radicale. Penso ad un’autobomba o qualcosa di più devastante, ad imitazione del bombardamento che a Baghdad ha colpito il corteo di Soleimani, uccidendolo.

    L’ipotesi può sembrare folle, ma ha senso. Esaminiamo il “campo largo” della storia recente: gli Stati Uniti, dopo decenni di guerre “minori” e proxy war contro avversari manifestamente inferiori – Iraq, Libia, Serbia, Siria – hanno ora vitale (o letale, a seconda dei punti di vista) bisogno di uno scontro con un nemico all’altezza. Una nemesi, per citare il mito greco. Che si chiami Russia, Cina o Iran è secondario. Solo la vittoria in uno scontro di questo tipo garantirebbe un’egemonia stabile per almeno un secolo.

    Ne hanno bisogno perché sono una superpotenza cultural-militare. L’idea stessa di superpotenza è un dato di cultura, figlio di decenni di costosissima propaganda che hanno reso il modello americano vincente sul piano psichico. La superpotenza americana è immagine cinematografica: non soltanto il cinema la riflette, ma la realtà stessa dell’esercizio del potere si è dovuta adattare al linguaggio dell’immagine. La politica americana, le campagne elettorali sono puro show.

    Il problema è che non tutto il mondo è sensibile alla propaganda: non lo è l’impero russo, non lo è quello cinese, non lo è il più piccolo ma non meno agguerrito, quello iraniano. Allora, complice il velo di Maya della propaganda che prima distrugge il nemico sul piano spirituale (il male assoluto, Hitler e via dicendo), bisogna sottometterlo militarmente. Solo dopo averne distrutto l’immagine.

    Non solo. Per garantirsi uno scontro che ponga da subito gli Stati Uniti sul piano superiore – spirituale e morale – dell’immagine pubblica, bisogna che sia la nemesi ad attaccare. È stato così a Pearl Harbour, è stato così con l’incidente del Tonchino che diede agio a Johnson di attaccare il Vietnam senza una formale dichiarazione di guerra, è stato così l’11 settembre.

    Mentre nei tre casi citati il popolo americano si è mostrato compatto sotto l’ombrello dell’ideale, a questa curva della storia gli U.S.A. arrivano profondamente logori, sfilacciati, divisi. Qualche autorevole commentatore sostiene sull’orlo della guerra civile.

    Ecco allora che per ricompattare il fronte interno bisogna che la nemesi esterna uccida quella interna, vale a dire Donald Trump, l’Hitler americano come Putin è l’Hitler Russo, Assad l’Hitler siriano e via dicendo. Solo in questo modo, pensano gli strateghi occulti registi di queste operazioni, una società in frantumi tornerebbe ad unirsi. È un calcolo cinico, ma per certi aspetti fondato.

    Così avverrebbe lo scontro contro una delle superpotenze rivali – la più debole, in un certo senso: tuttavia visto l’esito del Vietnam bisognerebbe comunque fare attenzione, anche perché l’Iran non è il Vietnam, essendo militarmente superiore – che dovrebbe porre fine all’emergente mondo multipolare, garantendo al plesso americano una supremazia incontrastata.

    Una guerra, fra l’altro, avrebbe l’indiscutibile pregio di rinviare ad libitum le elezioni presidenziali, consentendo ai Dem di conservare presidenza, camera e senato, i tre pilastri del potere democratico o come volete chiamare ciò che ne resta. Allo stato attuale, rischiano di abbandonare tutti i tavoli da gioco.

    Per queste ragioni brevemente esposte, ritengo che proveranno ad uccidere ancora Donald Trump addossando la colpa all’Iran. Data la situazione generale, non hanno altra scelta.

    Pluto
    TRUMP DEVE MORIRE Ci sono due notizie recenti che vanno osservate da vicino, e messe in relazione fra loro. La prima. Si attende ad ore il passo indietro di Joe Biden, a favore della candidatura della sua vice Kamala Harris, complice il quinto Covid preso dal presidente: uno dopo ogni vaccinazione alla quale POTUS si è sottoposto. L’infezione è “mild”, moderata. Questo colpo di scena, se arriverà, sarà dopo settimane di resistenze in seguito alla figuraccia nell’irrituale dibattito presidenziale di giugno – tuttavia non risolve il problema dei democratici: nonostante i sondaggi accreditino altri potenziali candidati come Michelle Obama, Gavin Newsom e la stessa Harris intorno alle stesse percentuali di Biden (a sua volta dato 2-3 punti sotto Trump) la realtà appare molto meno confortante, con le chances di battere un Trump lanciatissimo ridotte ad un lumicino. La seconda. Di cinque giorni fa – quindi posteriore all’attentato di Butler a Trump – la notizia data dalla premiata ditta Cia-Mossad di un piano iraniano per assassinare Trump. Il piano, affermano le fonti, sarebbe una vendetta per l’assassinio del generale Soleimani, perpetrato nel 2020 proprio da Cia e Mossad sotto la presidenza Trump. C’è chi dice senza l’avallo presidenziale: il presidente ha dovuto fare buon viso e cattivo gioco. Quale che sia la verità fattuale – non credo alla versione, vagamente naïve, di Trump nemico giurato del deep state e contrario all’assassinio di Soleimani – la possibilità che emerge dal combinato disposto del “groviglio armonioso” Dem e dell’attentato fallito a Trump è un secondo attentato al candidato repubblicano, questa volta più radicale. Penso ad un’autobomba o qualcosa di più devastante, ad imitazione del bombardamento che a Baghdad ha colpito il corteo di Soleimani, uccidendolo. L’ipotesi può sembrare folle, ma ha senso. Esaminiamo il “campo largo” della storia recente: gli Stati Uniti, dopo decenni di guerre “minori” e proxy war contro avversari manifestamente inferiori – Iraq, Libia, Serbia, Siria – hanno ora vitale (o letale, a seconda dei punti di vista) bisogno di uno scontro con un nemico all’altezza. Una nemesi, per citare il mito greco. Che si chiami Russia, Cina o Iran è secondario. Solo la vittoria in uno scontro di questo tipo garantirebbe un’egemonia stabile per almeno un secolo. Ne hanno bisogno perché sono una superpotenza cultural-militare. L’idea stessa di superpotenza è un dato di cultura, figlio di decenni di costosissima propaganda che hanno reso il modello americano vincente sul piano psichico. La superpotenza americana è immagine cinematografica: non soltanto il cinema la riflette, ma la realtà stessa dell’esercizio del potere si è dovuta adattare al linguaggio dell’immagine. La politica americana, le campagne elettorali sono puro show. Il problema è che non tutto il mondo è sensibile alla propaganda: non lo è l’impero russo, non lo è quello cinese, non lo è il più piccolo ma non meno agguerrito, quello iraniano. Allora, complice il velo di Maya della propaganda che prima distrugge il nemico sul piano spirituale (il male assoluto, Hitler e via dicendo), bisogna sottometterlo militarmente. Solo dopo averne distrutto l’immagine. Non solo. Per garantirsi uno scontro che ponga da subito gli Stati Uniti sul piano superiore – spirituale e morale – dell’immagine pubblica, bisogna che sia la nemesi ad attaccare. È stato così a Pearl Harbour, è stato così con l’incidente del Tonchino che diede agio a Johnson di attaccare il Vietnam senza una formale dichiarazione di guerra, è stato così l’11 settembre. Mentre nei tre casi citati il popolo americano si è mostrato compatto sotto l’ombrello dell’ideale, a questa curva della storia gli U.S.A. arrivano profondamente logori, sfilacciati, divisi. Qualche autorevole commentatore sostiene sull’orlo della guerra civile. Ecco allora che per ricompattare il fronte interno bisogna che la nemesi esterna uccida quella interna, vale a dire Donald Trump, l’Hitler americano come Putin è l’Hitler Russo, Assad l’Hitler siriano e via dicendo. Solo in questo modo, pensano gli strateghi occulti registi di queste operazioni, una società in frantumi tornerebbe ad unirsi. È un calcolo cinico, ma per certi aspetti fondato. Così avverrebbe lo scontro contro una delle superpotenze rivali – la più debole, in un certo senso: tuttavia visto l’esito del Vietnam bisognerebbe comunque fare attenzione, anche perché l’Iran non è il Vietnam, essendo militarmente superiore – che dovrebbe porre fine all’emergente mondo multipolare, garantendo al plesso americano una supremazia incontrastata. Una guerra, fra l’altro, avrebbe l’indiscutibile pregio di rinviare ad libitum le elezioni presidenziali, consentendo ai Dem di conservare presidenza, camera e senato, i tre pilastri del potere democratico o come volete chiamare ciò che ne resta. Allo stato attuale, rischiano di abbandonare tutti i tavoli da gioco. Per queste ragioni brevemente esposte, ritengo che proveranno ad uccidere ancora Donald Trump addossando la colpa all’Iran. Data la situazione generale, non hanno altra scelta. Pluto
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  • Oggi, sfogliando un po' di siti di informazione online sono incappato in due notizie, nessuna delle due del tutto nuove.

    La prima è la notizia della cessione del governo italiano delle infrastrutture di telecomunicazione nazionali, prima TIM, al KKR Global Institute, fondo americano presieduto dall'ex generale David H. Petraeus, ex direttore della CIA.

    Niente di anomalo, niente che non rientri nella fisiologia di questo paese.

    Il governo "sovranista", quello che si imporpora d'orgoglio nazionale quando deve fare gli spottoni pre-elettorali, cede serenamente e sistematicamente ogni residuo di autonomia al capobastone americano.

    Per l'occasione, allarmi antifascisti non pervenuti.

    I nostri sovranisti à la carte del "fascismo" hanno recepito più o meno solo il principio di cieca obbedienza gerarchica e un po' di darwinismo sociale.

    La cieca obbedienza al capobranco oggi si esercita in direzione di un padrone con passaporto americano e il darwinismo sociale si traduce in mercatismo (il mercato ha sempre ragione, il mercato è efficiente, il mercato è buono, in particolare se a comprare è un padrone a stelle e strisce.)

    E incidentalmente, queste due ombreggiature "fasciste" - cieca obbedienza ai caporali di Washington e mercatismo - sono principi abbracciati entusiasticamente anche dal centrosinistra.
    Ricordiamo, di passaggio, che la dismissione delle telecomunicazioni venne inaugurata illo tempore dal centrosinistra, con Prodi: c'è qualcosa di esteticamente mirabile nel vedere che la parabola che si è aperta con Prodi viene oggi chiusa dalla Meloni.

    La seconda notizia in cui sono incappato è un'articolessa su Repubblica, in cui si perorava la causa della didattica a distanza, spiegando nel titolo come "l'84% degli studenti si sente più sicuro e preparato grazie al mondo digitale".

    Assumendo di rivolgermi a persone intelligenti non mi metterò neppure a refutare questa corbelleria.

    Vi troviamo l'usuale sparata percentuale (l'84% eh, mica ca**i) che mima la retorica scientifica, attraverso la quale questi incartamenti per il pesce gabellano la propria propaganda come "autorevole".

    Vi troviamo una balla sesquipedale, evidente a chiunque abbia constatato la mostruosa impennata dei problemi psichiatrici adolescenziali dopo la clausura (e la didattica a distanza) del covid.

    Ma ci troviamo, soprattutto - e questo è ciò che fa venire i brividi - una quadratura mirabile - ancorché contingente - con la prima notizia.

    Ricordiamo infatti cos'è esattamente la rete venduta agli americani. Riporto, a titolo di resoconto, un passaggio da fonte non sospettabile di antiamericanismo, una pagina del Corriere della Sera di qualche tempo fa:

    "La rete di telecomunicazioni di Tim è la più estesa d’Italia: è composta da oltre 21 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica e copre l’89% delle abitazioni. È la principale infrastruttura per la trasmissione dei dati di cittadini, imprese e pubblica amministrazione. É considerata strategica per la sicurezza nazionale ed è lo snodo principale per la digitalizzazione del Paese, che passa per l’introduzione delle applicazioni digitali fondamentali per il futuro delle imprese italiane e per l’ammodernamento dei servizi al cittadino da parte della pubblica amministrazione previsto dal Piano di ripresa e resilienza."

    Dunque, in sostanza.
    Il Piano di ripresa e resilienza, insieme a tutti i vari progetti europei di digitalizzazione forzata, preme per estendersi anche alla formazione scolastica (donde l'articolessa pubblicitaria di Repubblica).

    Il quadro della società che emerge come un desideratum è dunque quello di un mondo di interazioni massimamente digitalizzate, i cui veicoli sono sorvegliati o sorvegliabili, manipolati o manipolabili, a piacimento da un comando estero con agenda militare.

    Aggiungo una notazione laterale.
    Conosco fin troppo bene le reazioni del liberale italiano medio (cioè dell'elettorato mainstream) per non anticiparne la reazione automatica di fronte a simili osservazioni.

    La loro reazione naturale è di vedere in tutte queste osservazioni i germi di un complottismo che vede piani malvagi e intenzioni di nocumento ovunque.
    Invece bisogna fidarsi.
    Perché il soggetto politico qui è il Blocco-del-Bene (progressismo, liberalismo, dirittumanismo, globalismo, americanismo).

    Ciò che in qualche misura diverte in questa forma di cecità selettiva è l'inavvertita inconsequenzialità.

    Infatti, è parte della concezione antropologica di fondo del liberale l'assunto che tutti gli agenti siano mossi sistematicamente da agende di interesse autoaffermativo, da egoismo, ambizione autoreferenziale, pulsione ad appagare la propria curva privata di utilità.
    Tra i tanti difetti di una visione così deprimente dell'umano, almeno un aspetto potrebbe tornare utile in tempi oscuri come i presenti: sotto tali premesse dovrebbe almeno essere diffusa un'allerta costante, una cultura del sospetto rispetto a intenzioni e dichiarazioni "idealiste", una sfiducia nella "voce del padrone".

    E invece - potenza del bispensiero - niente di tutto ciò accade. Rispetto al padrone reale in carica vige solo infinita fiducia nella sua superiore nobiltà e lungimiranza.
    Perché il Grande Fratello è buono.
    E chi ne dubita è un complottista.

    Andrea Zhok
    Oggi, sfogliando un po' di siti di informazione online sono incappato in due notizie, nessuna delle due del tutto nuove. La prima è la notizia della cessione del governo italiano delle infrastrutture di telecomunicazione nazionali, prima TIM, al KKR Global Institute, fondo americano presieduto dall'ex generale David H. Petraeus, ex direttore della CIA. Niente di anomalo, niente che non rientri nella fisiologia di questo paese. Il governo "sovranista", quello che si imporpora d'orgoglio nazionale quando deve fare gli spottoni pre-elettorali, cede serenamente e sistematicamente ogni residuo di autonomia al capobastone americano. Per l'occasione, allarmi antifascisti non pervenuti. I nostri sovranisti à la carte del "fascismo" hanno recepito più o meno solo il principio di cieca obbedienza gerarchica e un po' di darwinismo sociale. La cieca obbedienza al capobranco oggi si esercita in direzione di un padrone con passaporto americano e il darwinismo sociale si traduce in mercatismo (il mercato ha sempre ragione, il mercato è efficiente, il mercato è buono, in particolare se a comprare è un padrone a stelle e strisce.) E incidentalmente, queste due ombreggiature "fasciste" - cieca obbedienza ai caporali di Washington e mercatismo - sono principi abbracciati entusiasticamente anche dal centrosinistra. Ricordiamo, di passaggio, che la dismissione delle telecomunicazioni venne inaugurata illo tempore dal centrosinistra, con Prodi: c'è qualcosa di esteticamente mirabile nel vedere che la parabola che si è aperta con Prodi viene oggi chiusa dalla Meloni. La seconda notizia in cui sono incappato è un'articolessa su Repubblica, in cui si perorava la causa della didattica a distanza, spiegando nel titolo come "l'84% degli studenti si sente più sicuro e preparato grazie al mondo digitale". Assumendo di rivolgermi a persone intelligenti non mi metterò neppure a refutare questa corbelleria. Vi troviamo l'usuale sparata percentuale (l'84% eh, mica ca**i) che mima la retorica scientifica, attraverso la quale questi incartamenti per il pesce gabellano la propria propaganda come "autorevole". Vi troviamo una balla sesquipedale, evidente a chiunque abbia constatato la mostruosa impennata dei problemi psichiatrici adolescenziali dopo la clausura (e la didattica a distanza) del covid. Ma ci troviamo, soprattutto - e questo è ciò che fa venire i brividi - una quadratura mirabile - ancorché contingente - con la prima notizia. Ricordiamo infatti cos'è esattamente la rete venduta agli americani. Riporto, a titolo di resoconto, un passaggio da fonte non sospettabile di antiamericanismo, una pagina del Corriere della Sera di qualche tempo fa: "La rete di telecomunicazioni di Tim è la più estesa d’Italia: è composta da oltre 21 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica e copre l’89% delle abitazioni. È la principale infrastruttura per la trasmissione dei dati di cittadini, imprese e pubblica amministrazione. É considerata strategica per la sicurezza nazionale ed è lo snodo principale per la digitalizzazione del Paese, che passa per l’introduzione delle applicazioni digitali fondamentali per il futuro delle imprese italiane e per l’ammodernamento dei servizi al cittadino da parte della pubblica amministrazione previsto dal Piano di ripresa e resilienza." Dunque, in sostanza. Il Piano di ripresa e resilienza, insieme a tutti i vari progetti europei di digitalizzazione forzata, preme per estendersi anche alla formazione scolastica (donde l'articolessa pubblicitaria di Repubblica). Il quadro della società che emerge come un desideratum è dunque quello di un mondo di interazioni massimamente digitalizzate, i cui veicoli sono sorvegliati o sorvegliabili, manipolati o manipolabili, a piacimento da un comando estero con agenda militare. Aggiungo una notazione laterale. Conosco fin troppo bene le reazioni del liberale italiano medio (cioè dell'elettorato mainstream) per non anticiparne la reazione automatica di fronte a simili osservazioni. La loro reazione naturale è di vedere in tutte queste osservazioni i germi di un complottismo che vede piani malvagi e intenzioni di nocumento ovunque. Invece bisogna fidarsi. Perché il soggetto politico qui è il Blocco-del-Bene (progressismo, liberalismo, dirittumanismo, globalismo, americanismo). Ciò che in qualche misura diverte in questa forma di cecità selettiva è l'inavvertita inconsequenzialità. Infatti, è parte della concezione antropologica di fondo del liberale l'assunto che tutti gli agenti siano mossi sistematicamente da agende di interesse autoaffermativo, da egoismo, ambizione autoreferenziale, pulsione ad appagare la propria curva privata di utilità. Tra i tanti difetti di una visione così deprimente dell'umano, almeno un aspetto potrebbe tornare utile in tempi oscuri come i presenti: sotto tali premesse dovrebbe almeno essere diffusa un'allerta costante, una cultura del sospetto rispetto a intenzioni e dichiarazioni "idealiste", una sfiducia nella "voce del padrone". E invece - potenza del bispensiero - niente di tutto ciò accade. Rispetto al padrone reale in carica vige solo infinita fiducia nella sua superiore nobiltà e lungimiranza. Perché il Grande Fratello è buono. E chi ne dubita è un complottista. Andrea Zhok
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  • COVID E VACCINO, ESPERIMENTI SULLA PELLE DELLA GENTE


    https://dituttoedipiu.altervista.org/il-mistero-di-wuhan-esperimenti-genetici-e-ombre-di-pandemia/

    #COVID #Vaccino #EffettiCollaterali #Pandemia #Esperimenti #Wuhan #Genetica #Trasparenza #Verità #SalutePubblica #NoVax #Dibattito #Media #Giornali #Scienza #Ricerca #CommissioneInchiesta #Risarcimenti #SicurezzaVaccini #ReazioniAvverse #Difidenza #Ostracismo #Responsabilità #EsperienzeUmane #Informazione #EticaGiornalistica #Fiducia #AutoritàSanitarie #Vaccinazione #Sierovaccinali
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    Il mistero di Wuhan: Esperimenti genetici e ombre di pandemia - D TUTTO E D+
    Il mistero di Wuhan: Esperimenti genetici e ombre di pandemia - Un'oscura nube di segreti e intrighi avvolge gli eventi che hanno preceduto
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  • AVVOCATI E GIORNALISTI PERSEGUITATI IN TUNISIA

    Défense des migrants : des avocats et journalistes persécutés en Tunisie

    Des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires, sont pour certains arrêtés et d’autres intimidés.

    —-----------------------------------------------

    Le 6 mai 2024, la police a arrêté là militante antiraciste Saadia Mosbah, opposante à la hausse du racisme à l’encontre des migrants noirs et des Tunisiens noirs. Elle est une victime de la série d’arrestations visant des détracteurs du gouvernement contre le traitement déshumanisant que subit des migrants, pour la plupart originaires du sud du Sahara, ainsi que de la montée des discours xénophobes dans le pays.

    Selon Amnesty International, les forces de sécurité ont multiplié des expulsions collectives illégales de réfugié(e)s et de migrant(e)s, et ont procédé à un certain nombre d’évictions forcées, et ont arrêté et condamné des propriétaires pour avoir loué des appartements à des migrants sans permis.

    Des actes à l'antipode du Pacte international relatif aux droits civils et politiques, dont la Tunisie est signataire. Le pays est supposé assurer le respect et la sauvegarde des libertés d’expression, d’association et de rassemblement pacifique.


    Le Bureau des droits de l’homme de l’ONU dénonce « l’intimidation et le harcèlement » dont sont victimes en Tunisie des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires. Le Haut-Commissariat des Nations Unies aux droits de l’homme, à travers son porte-parole Ravina Shamdasani, souligne que : « Les droits humains de tous les migrants doivent être protégés et les discours de haine xénophobe doivent cesser ».


    Décret à problème

    Depuis l’élection du président de la République Kais Saied en 2019, la situation des Droits de l’homme connaît un net recul. Après le décret promulgué en septembre 2022 pour réprimer la diffusion des « fausses nouvelles », plus de 60 personnes dont des journalistes, des avocats et des opposants ont fait l’objet d’arrestation sur la base de ce texte, selon le Syndicat des journalistes.

    Le 12 mai 2024, 300 personnes se sont rassemblées à l'appel du Front du salut national (FSN), la principale coalition de l’opposition, pour demander la libération de tous les prisonniers politiques, parmi lesquels une quarantaine de militants et de hauts responsables du FSN. Les acteurs politiques ainsi que les organismes internationaux appellent à la fin de “l’État policier”,

    Amnesty International, quant à elle, demande l'ouverture d'une enquête pour s’assurer que l’État tunisien n’est pas complice de violations des droits fondamentaux des migrants et des réfugiés, ni de la répression exercée contre des médias, des avocats, des migrants et des militants.

    Par Djimi Amadou Ahidjo
    AVVOCATI E GIORNALISTI PERSEGUITATI IN TUNISIA Défense des migrants : des avocats et journalistes persécutés en Tunisie Des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires, sont pour certains arrêtés et d’autres intimidés. —----------------------------------------------- Le 6 mai 2024, la police a arrêté là militante antiraciste Saadia Mosbah, opposante à la hausse du racisme à l’encontre des migrants noirs et des Tunisiens noirs. Elle est une victime de la série d’arrestations visant des détracteurs du gouvernement contre le traitement déshumanisant que subit des migrants, pour la plupart originaires du sud du Sahara, ainsi que de la montée des discours xénophobes dans le pays. Selon Amnesty International, les forces de sécurité ont multiplié des expulsions collectives illégales de réfugié(e)s et de migrant(e)s, et ont procédé à un certain nombre d’évictions forcées, et ont arrêté et condamné des propriétaires pour avoir loué des appartements à des migrants sans permis. Des actes à l'antipode du Pacte international relatif aux droits civils et politiques, dont la Tunisie est signataire. Le pays est supposé assurer le respect et la sauvegarde des libertés d’expression, d’association et de rassemblement pacifique. Le Bureau des droits de l’homme de l’ONU dénonce « l’intimidation et le harcèlement » dont sont victimes en Tunisie des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires. Le Haut-Commissariat des Nations Unies aux droits de l’homme, à travers son porte-parole Ravina Shamdasani, souligne que : « Les droits humains de tous les migrants doivent être protégés et les discours de haine xénophobe doivent cesser ». Décret à problème Depuis l’élection du président de la République Kais Saied en 2019, la situation des Droits de l’homme connaît un net recul. Après le décret promulgué en septembre 2022 pour réprimer la diffusion des « fausses nouvelles », plus de 60 personnes dont des journalistes, des avocats et des opposants ont fait l’objet d’arrestation sur la base de ce texte, selon le Syndicat des journalistes. Le 12 mai 2024, 300 personnes se sont rassemblées à l'appel du Front du salut national (FSN), la principale coalition de l’opposition, pour demander la libération de tous les prisonniers politiques, parmi lesquels une quarantaine de militants et de hauts responsables du FSN. Les acteurs politiques ainsi que les organismes internationaux appellent à la fin de “l’État policier”, Amnesty International, quant à elle, demande l'ouverture d'une enquête pour s’assurer que l’État tunisien n’est pas complice de violations des droits fondamentaux des migrants et des réfugiés, ni de la répression exercée contre des médias, des avocats, des migrants et des militants. Par Djimi Amadou Ahidjo
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  • La domanda sorge spontanea...I numeri erano gonfiati solo in Liguria?

    https://dituttoedipiu.altervista.org/liguria-ombre-sulla-gestione-della-pandemia-e-favoritismi-in-sanita/

    #Liguria #pandemia #gestione #numeri #gonfiati #sanità #favoritismi #politica #regione #trasparenza #dati #salute #indagini #inchiesta #contagi #decessi #ricoveri #casi #COVID19 #amministrazione #sospetti #dubbi #analisi #verità #informazioni #risorse #pubblica #opacità #tracciabilità #comportamento
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    Liguria: ombre sulla gestione della pandemia e favoritismi in sanità - D
    Il governatore ligure Giovanni Toti è nel mirino della Procura di Genova per presunta manipolazione dei dati Covid e favoritismi alla sanità privata. Le accuse sono gravi: gonfiamento dei contagi p
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