• ASSASSINI!
    Pazzesco... l' insalata no perché deve essere stralavata, il prosciutto crudo mai, il caffè è veleno, il prezzemolo è abortivo, lassativi vietati e anche i cosmetici vanno guardati bene ma... SE PORGI IL BRACCIO VA BENE TUTTO!!!
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  • Storie della Resistenza che ci piacciono.

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano
    Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo

    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti”
    di Martina Castigliani
    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione.

    Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice.

    La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato.

    La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”.

    Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”.

    Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”.

    Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono
    spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”.

    La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono.

    Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude.

    Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto.

    Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”.

    La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”.

    Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini.

    *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione)

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
    Storie della Resistenza che ci piacciono. La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti” di Martina Castigliani Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione. Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice. La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato. La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”. Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”. Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”. Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”. La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono. Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude. Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto. Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”. La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”. Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini. *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione) Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
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  • Update per Greta – ecco i veri nemici del clima (di Ivo Sasek)

    I brevetti di geoingegneria mostrano:
    Le stesse menti che ci chiedono sempre più soldi per “salute e clima”, sono le stesse che ci stanno comprovatamente danneggiando e manipolando il clima da decenni.

    I responsabili della crisi climatica devono essere chiamati per nome! I VERI inquinatori devono essere accusati pubblicamente.

    Video in HD e download:
    www.kla.tv/28154

    Testo del video e fonti:
    www.kla.tv/28154/pdf
    Update per Greta – ecco i veri nemici del clima (di Ivo Sasek) I brevetti di geoingegneria mostrano: Le stesse menti che ci chiedono sempre più soldi per “salute e clima”, sono le stesse che ci stanno comprovatamente danneggiando e manipolando il clima da decenni. I responsabili della crisi climatica devono essere chiamati per nome! I VERI inquinatori devono essere accusati pubblicamente. ♦️ Video in HD e download: www.kla.tv/28154 ♦️ Testo del video e fonti: www.kla.tv/28154/pdf
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  • Your First Look at SAS Operators: What They Are and How to Use Them

    New to SAS? Start here!
    Get your first look at SAS operators—what they are, how they work, and why they matter in data analysis.
    Quick, clear, and beginner-friendly.
    #SAS #DataScience #Analytics #TPointTech

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  • L'intervista di Tucker Carlson sull'11 settembre parla dell'omicidio di Muammar Gheddafi da parte di Hillary Clinton.

    Prima che Gheddafi venisse assassinato, aveva rivelato in diretta sulla CNN che non era Osama Bin Laden il responsabile degli attacchi dell'11 settembre, ma l'America.

    La CNN lo interrompe e passa subito alla pausa pubblicitaria.

    Tucker Carlson's 9/11 interview discusses Hillary Clinton's assassination of Muammar Gaddafi.

    Before Gaddafi was assassinated, he revealed live on CNN that Osama Bin Laden was not responsible for the 9/11 attacks, but America.

    CNN cuts him off and goes straight to commercial break

    Source: https://x.com/elisamariastel1/status/1914212492273725658?t=QDo6ALalO6XXIn1zhKePcg&s=19
    L'intervista di Tucker Carlson sull'11 settembre parla dell'omicidio di Muammar Gheddafi da parte di Hillary Clinton. Prima che Gheddafi venisse assassinato, aveva rivelato in diretta sulla CNN che non era Osama Bin Laden il responsabile degli attacchi dell'11 settembre, ma l'America. La CNN lo interrompe e passa subito alla pausa pubblicitaria. Tucker Carlson's 9/11 interview discusses Hillary Clinton's assassination of Muammar Gaddafi. Before Gaddafi was assassinated, he revealed live on CNN that Osama Bin Laden was not responsible for the 9/11 attacks, but America. CNN cuts him off and goes straight to commercial break Source: https://x.com/elisamariastel1/status/1914212492273725658?t=QDo6ALalO6XXIn1zhKePcg&s=19
    0 Comments 0 Shares 478 Views 7
  • CAMILLA, PROSCIOLTI
    GLI ASSASSINI
    I VERI RESPONSABILI SONO L'EX MINISTRO SPERANZA, MAGRINI, AIFA, EMA, DRAGHI, CONTE e TUTTI COLORO CHE GIÀ SAPEVANO DEGLI EFFETTI AVVERSI e DELLE MORTI IMPROVVISE!

    Non ci sarà nessun processo per la morte di Camilla Canepa, il primo volto portato in piazza nelle nelle manifestazioni di denuncia degli aventi avversi al vaccino covid.
    I cinque medici imputati per il decesso della ragazza, 15 giorni dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca, sono stati prosciolti perché il “fatto non sussiste”.
    Dopo l’iniezione il 25 maggio 2021 (al tempo consigliato solo agli over 60) somministrato durante un open day - quelli promossi per i giovani con salamelle e gadgets vari - era stata colpita da una trombosi dovuta a un livello di piastrine basse scatenata dal vaccino.
    Durante l’udienza il legale della famiglia ha dichiarato che i medici “dovrebbero andare a processo perché a quella data c’erano conoscenze scientifiche tali da imporre un percorso diagnostico e terapeutico diverso da quello seguito”.
    CAMILLA, PROSCIOLTI GLI ASSASSINI I VERI RESPONSABILI SONO L'EX MINISTRO SPERANZA, MAGRINI, AIFA, EMA, DRAGHI, CONTE e TUTTI COLORO CHE GIÀ SAPEVANO DEGLI EFFETTI AVVERSI e DELLE MORTI IMPROVVISE! Non ci sarà nessun processo per la morte di Camilla Canepa, il primo volto portato in piazza nelle nelle manifestazioni di denuncia degli aventi avversi al vaccino covid. I cinque medici imputati per il decesso della ragazza, 15 giorni dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca, sono stati prosciolti perché il “fatto non sussiste”. Dopo l’iniezione il 25 maggio 2021 (al tempo consigliato solo agli over 60) somministrato durante un open day - quelli promossi per i giovani con salamelle e gadgets vari - era stata colpita da una trombosi dovuta a un livello di piastrine basse scatenata dal vaccino. Durante l’udienza il legale della famiglia ha dichiarato che i medici “dovrebbero andare a processo perché a quella data c’erano conoscenze scientifiche tali da imporre un percorso diagnostico e terapeutico diverso da quello seguito”.
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  • ORRORE SENZA FINE!

    L'attivazione dello SPID è un'esperienza miserabile che non augurerei al mio peggior nemico
    Discussione
    Recentemente si è aperto il capitolo "Figlio mio, ci puoi dare una mano con questo SPID?". I miei genitori ottantenni hanno ovviamente poca dimestichezza con l'informatica (anche se ce la mettono tutta) e io da anni li aiuto un po' in tutto: email, banche, internet, cellulari, eccetera.

    Ovviamente è arrivato il turno dello SPID, che si è rivelato essere un incubo. Per completare le procedure ci sono volute settimane, perché ad ogni tentativo c'era sempre qualcosa che non andava: SMS che non arriva, codice OTP scaduto, errore di sistema, sito irraggiungibile, servizio momentaneamente non disponibile e poi il terrificante (e inspiegabile) "Credenziali non corrette" / "Autorizzazione fallita". Senza tralasciare "Il numero di telefono non è certificato", nonostante fosse ovviamente certificato.

    Nel caso di mio padre ho dovuto cambiare la password una decina di volte, con la classica telefonata al numero romano per avere la password sulla mail ufficiale... E per ogni cambio password bisognava inventarsi qualcosa di nuovo, altrimenti scattava l'errore "Hai usato una password SIMILE negli ultimi QUINDICI mesi"... Ma vaff.

    Oggi ho ritentato di completare l'attivazione sul cellulare di mia madre ma dopo aver inserito l'ennesimo codice OTP, ricevuto via SMS, l'app dello SPID (Poste Italiane) dice semplicemente "Impossibile continuare con l'operazione". Dopodichè torna al login e fine. Niente errori, niente spiegazioni, niente alternative. Un bel "suca" e fine della festa.

    Mio padre ieri entrava sulla app senza problemi. Oggi passa da casa mia per chiedermi di fare delle prove e misteriosamente... La password non è più valida (nota: andava fino a ieri). Chiamiamo il numero romano, attendiamo mail, click, cambio password, conferma. Ora entra di nuovo... Ma fino a quando?

    La mia domanda è: come ci si può aspettare che una persona non "nerd" possa anche solo lontanamente capire come gestire lo SPID? Oltretutto se non hai un cellulare performante è un disastro, perché è un costante passare da una applicazione all'altra nella costante ricerca di codici, conferme, email, ecc.

    Abbiamo provato ad accedere al fascicolo cittadino di papà:

    tap sull'icona, si apre l'app Fascicolo Sanitario (con calma)

    tap su bottone SPID, digita le credenziali, conferma (Poste It)

    chiede di andare sulla app dello SPID (e già scatta il panico)

    vai alla home, tap icona SPID

    si apre lo SPID, tenta il login... "Credenziali invalide"

    tap su "recupera credenziali" e ti dice di chiamare un numero telefonico

    vai alla home, tap sulla cornetta, chiama il numero romano, e attendi 25 sec circa

    "ding..." arriva una notifica, è una mail

    vai alla home, apri Gmail, controlla i messaggi, trova quello corretto, apri il messaggio

    click sul link della mail, si apre Chrome, scegli una nuova password, conferma (e prega)

    vai alla home, torna sulla app SPID, digita la password... Funziona!

    genera un codice OTP (e prendi nota)

    vai alla home, torna al Fascicolo Sanitario, accedi con il codice OTP

    finalmente entri nel Fascicolo Sanitario

    Ora... Ditemi come può un anziano gesstire una cosa del genere. Oltretutto ho dovuto prendere due cellulari nuovi, perché i loro Xiaomi erano un po' "basici" ed incistati di app inutili che li rendevano lenti come la morte.
    ORRORE SENZA FINE! L'attivazione dello SPID è un'esperienza miserabile che non augurerei al mio peggior nemico Discussione Recentemente si è aperto il capitolo "Figlio mio, ci puoi dare una mano con questo SPID?". I miei genitori ottantenni hanno ovviamente poca dimestichezza con l'informatica (anche se ce la mettono tutta) e io da anni li aiuto un po' in tutto: email, banche, internet, cellulari, eccetera. Ovviamente è arrivato il turno dello SPID, che si è rivelato essere un incubo. Per completare le procedure ci sono volute settimane, perché ad ogni tentativo c'era sempre qualcosa che non andava: SMS che non arriva, codice OTP scaduto, errore di sistema, sito irraggiungibile, servizio momentaneamente non disponibile e poi il terrificante (e inspiegabile) "Credenziali non corrette" / "Autorizzazione fallita". Senza tralasciare "Il numero di telefono non è certificato", nonostante fosse ovviamente certificato. Nel caso di mio padre ho dovuto cambiare la password una decina di volte, con la classica telefonata al numero romano per avere la password sulla mail ufficiale... E per ogni cambio password bisognava inventarsi qualcosa di nuovo, altrimenti scattava l'errore "Hai usato una password SIMILE negli ultimi QUINDICI mesi"... Ma vaff. Oggi ho ritentato di completare l'attivazione sul cellulare di mia madre ma dopo aver inserito l'ennesimo codice OTP, ricevuto via SMS, l'app dello SPID (Poste Italiane) dice semplicemente "Impossibile continuare con l'operazione". Dopodichè torna al login e fine. Niente errori, niente spiegazioni, niente alternative. Un bel "suca" e fine della festa. Mio padre ieri entrava sulla app senza problemi. Oggi passa da casa mia per chiedermi di fare delle prove e misteriosamente... La password non è più valida (nota: andava fino a ieri). Chiamiamo il numero romano, attendiamo mail, click, cambio password, conferma. Ora entra di nuovo... Ma fino a quando? La mia domanda è: come ci si può aspettare che una persona non "nerd" possa anche solo lontanamente capire come gestire lo SPID? Oltretutto se non hai un cellulare performante è un disastro, perché è un costante passare da una applicazione all'altra nella costante ricerca di codici, conferme, email, ecc. Abbiamo provato ad accedere al fascicolo cittadino di papà: tap sull'icona, si apre l'app Fascicolo Sanitario (con calma) tap su bottone SPID, digita le credenziali, conferma (Poste It) chiede di andare sulla app dello SPID (e già scatta il panico) vai alla home, tap icona SPID si apre lo SPID, tenta il login... "Credenziali invalide" tap su "recupera credenziali" e ti dice di chiamare un numero telefonico vai alla home, tap sulla cornetta, chiama il numero romano, e attendi 25 sec circa "ding..." arriva una notifica, è una mail vai alla home, apri Gmail, controlla i messaggi, trova quello corretto, apri il messaggio click sul link della mail, si apre Chrome, scegli una nuova password, conferma (e prega) vai alla home, torna sulla app SPID, digita la password... Funziona! genera un codice OTP (e prendi nota) vai alla home, torna al Fascicolo Sanitario, accedi con il codice OTP finalmente entri nel Fascicolo Sanitario Ora... Ditemi come può un anziano gesstire una cosa del genere. Oltretutto ho dovuto prendere due cellulari nuovi, perché i loro Xiaomi erano un po' "basici" ed incistati di app inutili che li rendevano lenti come la morte.
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  • BUON INIZIO DI SETTIMANA, CARISSIMI AMICI. IN QUESTA ITALIA, RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, NON MANCA UN OMICIDIO AL GIORNO !!!!UCCISIONI DI DONNE, DANNO NUMERI CHE FANNO SPAVENTO, DALL'INIZIO DELL'ANNO. ACCOLTELLAMENTI TRA MINORI, RITROVAMENTO DI CADAVERE IN UNA AUTO DATA A FUOCO. ED ANCORA, E' DI STAMANE LA NOTIZIA DI UN UOMO CHE HA UCCISO IL NUOVO COMPAGNO DELLA MOGLIE !!!!! SOLO VIOLENZE E SOLO DISASTRI !!!! LA SITUAZIONE E' QUESTA, MA QUESTO NON IMPENSIERISCE NESSUNO !!!! SI PARLA SEMPRE E SOLO DI SOLDI E MAI DELLA TRISTE FINE DI UN POPOLO, QUELLO ITALIANO, PEGGIO CONCIATO DI TUTTI I POPOLI D'EUROPA O DEL MONDO ???!!! UN ABBRACCIO E BUONA GIORNATA A TUTTI.
    BUON INIZIO DI SETTIMANA, CARISSIMI AMICI. IN QUESTA ITALIA, RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, NON MANCA UN OMICIDIO AL GIORNO !!!!UCCISIONI DI DONNE, DANNO NUMERI CHE FANNO SPAVENTO, DALL'INIZIO DELL'ANNO. ACCOLTELLAMENTI TRA MINORI, RITROVAMENTO DI CADAVERE IN UNA AUTO DATA A FUOCO. ED ANCORA, E' DI STAMANE LA NOTIZIA DI UN UOMO CHE HA UCCISO IL NUOVO COMPAGNO DELLA MOGLIE !!!!! SOLO VIOLENZE E SOLO DISASTRI !!!! LA SITUAZIONE E' QUESTA, MA QUESTO NON IMPENSIERISCE NESSUNO !!!! SI PARLA SEMPRE E SOLO DI SOLDI E MAI DELLA TRISTE FINE DI UN POPOLO, QUELLO ITALIANO, PEGGIO CONCIATO DI TUTTI I POPOLI D'EUROPA O DEL MONDO ???!!! UN ABBRACCIO E BUONA GIORNATA A TUTTI.
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  • In basso: i “ragazzini” assassini che in Inghilterra hanno compiuto delle stragi.

    In alto: l’attore che hanno scelto per la serie Netflix “Adolescence”che parla di questi crimini.

    Il piano è chiaro, da una parte si vogliono nascondere le azioni degli stranieri, dall’altro, dipingere “l’uomo bianco” come il male assoluto.

    Source:
    https://x.com/SaP011/status/1907048357421301795?t=bY7ZR2moCfJtRqftYyBDiw&s=19
    In basso: i “ragazzini” assassini che in Inghilterra hanno compiuto delle stragi. In alto: l’attore che hanno scelto per la serie Netflix “Adolescence”che parla di questi crimini. Il piano è chiaro, da una parte si vogliono nascondere le azioni degli stranieri, dall’altro, dipingere “l’uomo bianco” come il male assoluto. Source: https://x.com/SaP011/status/1907048357421301795?t=bY7ZR2moCfJtRqftYyBDiw&s=19
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  • Quando penso al potere che ha avuto questo bifolco, e ai disastri che ha combinato mi sale il crimine..
    Quando penso al potere che ha avuto questo bifolco, e ai disastri che ha combinato mi sale il crimine..
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