• Sul match Imane Khalif - Angela Carini

    Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia).

    Auguro all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria.
    Tuttavia c'è un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi XY e non XX.
    Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi.

    Ora, in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi.

    Chiedo scusa per essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in forma dimostrativa.

    E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici.
    (Segnalo un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.)

    Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto?
    Storicamente la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70. Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente.

    A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale" delle differenze.

    Di questo superamento sostanziale fanno parte numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica (o, per chi vi aderisce, ideale).

    Si tratta di una curiosa forma di idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io (alla Natura, alla Materia, alla Società).

    Di questa tendenza fa parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale percepita, vista come come superiore all'identità biologica.

    L'intera tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile, rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti.

    Il cerchio così si chiude.

    La prima mossa sancisce la superiorità delle pretese idealistiche di una sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla biologia, ma anche sulla realtà sociale).

    La seconda mossa, mette al sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come omofobe, sessiste, retrograde, ecc.).

    E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale?

    Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi.
    Ed è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo delirio culturale.

    Andrea Zhok
    Sul match Imane Khalif - Angela Carini Da quanto capisco - non seguo queste Olimpiadi come forma di boicottaggio privato - oggi nella categoria superleggeri donne gareggeranno Imane Khalif (Algeria) e Angela Carini (Italia). Auguro all'atleta italiana ogni bene e possibilmente la vittoria. Tuttavia c'è un problema non trascurabile. Imane Khalif - secondo quanto riportato dall'International Boxing Association nel 2023 - è biologicamente un uomo, in quanto l'analisi del DNA ha riportato la presenza di cromosomi XY e non XX. Peraltro, se uno dubitasse dell'analisi cromosomica, uno sguardo alla struttura fisica dell'atleta non lascia molti dubbi. Ora, in molti sport, e in modo particolarmente rilevante negli sport di combattimento, la differenza biologica tra chi ha avuto una crescita e pubertà maschile e chi ha avuto una crescita e pubertà femminile è molto marcata. La densità ossea è maggiore nei maschi, il che ha due implicazioni: conferisce maggiore resistenza alle percosse e, dipendendo la potenza di una percossa da massa per velocità, l'incremento della massa ossea conferisce maggiore potenza al colpo (le misurazioni medie danno una potenza di pugno maschile del 162% rispetto al pugno femminile). Anche i tempi di reazione sono inferiori e sia le fibre muscolari bianche, da cui dipende la velocità, che rosse, da cui dipende la resistenza, sono mediamente maggiori nei maschi. Chiedo scusa per essermi soffermato su queste banalità prosaiche, ma in un mondo in cui l'ideologia cancella la realtà, anche l'ovvio deve essere ribadito in forma dimostrativa. E l'ovvio qui è che mettere su di un ring un atleta geneticamente maschio contro un'atleta geneticamente femmina è una grave scorrettezza. Può darsi che la sorte sia benevola, ma in generale è un'ingiustizia, con potenziali rilevanti rischi fisici. (Segnalo un dettaglio forse non noto a chi non ha praticato la boxe. Alle Olimpiadi si utilizza un caschetto per gli incontri. Il caschetto nella boxe è l'apoteosi dell'ipocrisia. Infatti il caschetto limita soltanto le ferite superficiali, i sanguinamenti delle sopracciglia o degli zigomi - preservando gli spettatori - ma i traumi cerebrali legati all'entità della percossa sono esattamente identici, e naturalmente sono quelli ad essere i più pericolosi nel medio periodo.) Ora, la questione è: come si è potuti arrivare a questo punto? Storicamente la cesura ideologica su questi temi avviene all'inizio degli anni '70. Fino ad allora le rivendicazioni di genere (first-wave feminism) avevano sollevato il sacrosanto tema dell'eguaglianza formale, legale, dei diritti tra persone di sesso, genere o inclinazione sessuale differente. A partire dai primi anni '70 si avvia invece un movimento ideologico con caratteristiche essenzialmente differenti, che non mira più al raggiungimento di diritti legali identici (in Occidente raggiunti), ma ad un non meglio precisato "superamento sostanziale" delle differenze. Di questo superamento sostanziale fanno parte numerose battaglie distinte, il cui punto di caduta comune però è il rifiuto della realtà materiale nel nome di una rivendicazione ideologica (o, per chi vi aderisce, ideale). Si tratta di una curiosa forma di idealismo, che inizia in sempre maggior misura a negare la realtà come se si trattasse di un improvvido accidente, qualcosa che dovrebbe essere superato di principio dall'autoaffermazione volontaria. Come in una novella forma di idealismo assoluto, l'Io si deve qui imporre al non-Io (alla Natura, alla Materia, alla Società). Di questa tendenza fa parte il rigetto delle differenze sessuali, viste come latrici di discriminazione, nel nome della "lotta al patriarcato", e ne fanno parte tutte le varie forme di rivendicazione dell'identità sessuale percepita, vista come come superiore all'identità biologica. L'intera tematica viene infine presa ostaggio dall'atteggiamento politicamente corretto, che rende ogni discussione aperta di tali questioni difficile, rischiosa, sempre sull'orlo di accuse infamanti. Il cerchio così si chiude. La prima mossa sancisce la superiorità delle pretese idealistiche di una sorta di Io assoluto, che può e anzi deve imporsi sulla materia (sulla biologia, ma anche sulla realtà sociale). La seconda mossa, mette al sicuro dalle confutazioni le pretese di questo Io assoluto, isolandolo dalle critiche, attraverso una loro delegittimazione a priori (come omofobe, sessiste, retrograde, ecc.). E cosa resta fuori da questo cerchio splendidamente autoreferenziale? Nulla. Nulla salvo la realtà, che anche se i suoi campioni sono stati silenziati, rimane tuttavia testardamente in piedi. Ed è la realtà che, con i suoi tempi, la sua implacabilità, e purtroppo anche le sue vittime sacrificali, finirà per fare giustizia di questo delirio culturale. Andrea Zhok
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  • LA NATO È DIVENTATA UNA BABY GANG!

    Gli Stati Uniti sono certamente la più grande cleptocrazia della storia, un modello di riferimento per tutti gli altri paesi. Il sistema cleptocratico si è consolidato negli ultimi quarant’anni tramite i processi di deindustrializzazione e finanziarizzazione che hanno consentito alle oligarchie di sradicarsi da ogni contesto sociale e territoriale, diventando bolle autoreferenziali. Ciò ha reso superflua la mediazione politica, per cui i politici riescono a svolgere un ruolo soltanto se fanno parte di lobby d’affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato, ed anche al legale e all’illegale. Le lobby d’affari comunicano con un registro imbonitorio e manipolatorio da televendita, quindi cercano di sfruttare simultaneamente tutte le pulsioni e le velleità del potenziale cliente. I popoli sono un po’ come degli schizofrenici dalle personalità multiple; cioè hanno propensioni culturali diverse che si sono succedute, dissociate e sovrapposte nel corso dei secoli. Il compito della politica dovrebbe essere quello di mediare, cercando di assecondare maggiormente quella personalità – quella tendenza culturale – che meglio corrisponda alle effettive possibilità di un dato momento. Le lobby d’affari invece non si pongono di questi problemi; anzi, dato che comunicano con una logica pubblicitaria, tendono ad attivare contemporaneamente tutte le pulsioni, anche le più contraddittorie. Per questo motivo oggi gli USA ci appaiono come un grande caso psichiatrico, nel quale le pulsioni imperiali, isolazioniste e palingenetiche (la “cancel culture”) si esprimono in una gigantesca cacofonia ed in una rissa permanente che spappola ogni mediazione politica.

    Fonte: https://comedonchisciotte.org/la-nato-e-diventata-una-baby-gang/
    LA NATO È DIVENTATA UNA BABY GANG! Gli Stati Uniti sono certamente la più grande cleptocrazia della storia, un modello di riferimento per tutti gli altri paesi. Il sistema cleptocratico si è consolidato negli ultimi quarant’anni tramite i processi di deindustrializzazione e finanziarizzazione che hanno consentito alle oligarchie di sradicarsi da ogni contesto sociale e territoriale, diventando bolle autoreferenziali. Ciò ha reso superflua la mediazione politica, per cui i politici riescono a svolgere un ruolo soltanto se fanno parte di lobby d’affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato, ed anche al legale e all’illegale. Le lobby d’affari comunicano con un registro imbonitorio e manipolatorio da televendita, quindi cercano di sfruttare simultaneamente tutte le pulsioni e le velleità del potenziale cliente. I popoli sono un po’ come degli schizofrenici dalle personalità multiple; cioè hanno propensioni culturali diverse che si sono succedute, dissociate e sovrapposte nel corso dei secoli. Il compito della politica dovrebbe essere quello di mediare, cercando di assecondare maggiormente quella personalità – quella tendenza culturale – che meglio corrisponda alle effettive possibilità di un dato momento. Le lobby d’affari invece non si pongono di questi problemi; anzi, dato che comunicano con una logica pubblicitaria, tendono ad attivare contemporaneamente tutte le pulsioni, anche le più contraddittorie. Per questo motivo oggi gli USA ci appaiono come un grande caso psichiatrico, nel quale le pulsioni imperiali, isolazioniste e palingenetiche (la “cancel culture”) si esprimono in una gigantesca cacofonia ed in una rissa permanente che spappola ogni mediazione politica. Fonte: https://comedonchisciotte.org/la-nato-e-diventata-una-baby-gang/
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  • LA DOMANDA NON È SE CI SARÀ LA GUERRA, MA QUALE GUERRA CI SARÀ

    Un paio di giorni fa il presidente serbo Vučić ha espresso il suo forte timore che 3-4 mesi ci separino dalla Terza Guerra Mondiale. Che si tratti di una valutazione realistica o magari di eccessiva apprensione da parte di chi ha già esperito sulla propria pelle la natura “eminentemente difensiva” della Nato, è quanto scopriremo solo vivendo.

    Possiamo però sin d’ora fare qualche considerazione generale sulle linee di tendenza che si profilano.

    Dal punto di vista di un confronto diretto tra grandi potenze militari la questione cruciale riguarda la percezione interna di un carattere “decisivo” del conflitto regionale in corso. Per la Russia è chiarissimo, e lo è stato sin dall’inizio, che si trattasse di una minaccia percepita come esistenziale. L’asimmetria del confronto qui dev’essere ben percepita: nel conflitto russo-ucraino la Russia è formalmente l’aggressore, avendo violato i confini ucraini con le sue truppe, ma la Russia si percepisce aggredita perché ha visto anno dopo anno i preparativi Nato ai propri confini (esercitazioni congiunte, costruzione di infrastrutture militari, il cambio di regime di Maidan, la persecuzione delle proprie minoranze in Ucraina, ecc.). Questi eventi sono stati lamentati come prodromi o ad un’aggressione diretta o ad un posizionamento di vantaggio strategico che metteva potenzialmente in scacco le difese russe. È qui necessario tener ferme alcune premesse storiche e geografiche: la Russia è sempre stata particolarmente esposta alle minacce sul fronte occidentale, dove è stata più volte attaccata, dove non ci sono barriere naturali degne di nota, e dove si trovano le principali città, a partire da Mosca. Questi timori sono stati espressi da vari governi russi innumerevoli volte, per anni, e solo il controllo occidentale sulla narrativa pubblica ha impedito che questo fatto fosse generalmente riconosciuto prima dello scoppio della guerra. Non l’Occidente ma la Russia vive una sfida militare alle proprie porte da vent’anni; non è l’Occidente ma la Russia ad essere oggi colpita sul proprio territorio dalle armi di una potente alleanza militare ostile, con il supporto tecnologico e informativo della stessa.

    Per la Russia, dunque, non c’è spazio per “passi indietro”, perché si è già arrivati ai confini, al limite che minaccia la propria esistenza statuale: fare passi indietro significa perdere la capacità di mantenersi integra.

    Che dire degli USA e della Nato? Qui dal punto di vista delle minacce dirette la situazione è molto differente, eppure nelle linee di fondo non è dissimile. Gli USA non stanno versando sangue, né stanno subendo danni infrastrutturali dall’attuale confronto con la Russia. E tuttavia il problema qui è di natura sistemica: la narrativa che ha sostenuto la fiducia nel sistema occidentale, militare e finanziario, impone al sistema di presentare un orizzonte di crescita, dominio e forza internazionale. L’iniziativa russa, sostenuta in modo defilato ma sostanziale dalla Cina, ha messo in moto un processo di “insubordinazione” nel mondo extra-occidentale, che rappresenta un effetto domino devastante per l’egemonia politica ed economica dell’Occidente a guida americana. Veder scossa la propria capacità di imporre trattati a sé favorevoli in Africa, America Latina, Medio Oriente ed Asia minaccia frontalmente il modello di sviluppo occidentale, modello già in crisi per ragioni interne, e che conta da sempre sulla possibilità di estrarre plusvalore dal mondo meno industrializzato (come risorse naturali, energetiche, manodopera a basso costo, ecc.). Il sistema hobbesiano della competizione economica infinita appare tollerabile solo finché le proprie popolazioni appartengono solo in modo marginale alla sfera dei perdenti in questa competizione. Quando la lotta economica di tutti contro tutti comincia ad erodere significativamente i modi di vita del proletariato europeo o americano, l’allarme scatta, perché l’unità dei sistemi occidentali è fornita soltanto dalla promessa di un benessere (comparativamente) diffuso.

    Questo significa che, per ragioni diverse, anche nell’Occidente a guida americana l’attuale “insubordinazione internazionale” fomentata dalla Russia rappresenta un rischio esistenziale: essa porta alla luce i “limiti intrinseci allo sviluppo” che i critici del modello capitalista hanno riconosciuto da tempo e che ora bussano alle porte.

    Nessuno dei due contendenti può dunque permettersi un’aperta sconfitta.

    Ci sono margini per un onorevole pareggio? Non molti e sempre di meno. Più passa il tempo, maggiori sono gli investimenti economici e umani nel conflitto, minori sono gli spazi per un esito che non appaia come una sconfitta all’una o all’altra parte. Per dire, è chiaro che le condizioni degli accordi di Minsk II, che erano rivendicati dalla Russia prima dell’inizio della guerra, se accettati oggi rappresenterebbero una grave sconfitta per i russi, lasciando 8 milioni di russofoni in balia politica di quegli stessi che li hanno perseguitati prima e bombardati poi. Più passa il tempo, maggiori i costi, più i risultati accettati come minimi per ciascuna delle parti si ampliano.

    Questo quadro rende la possibilità di un conflitto diretto, ogni giorno che passa, sempre più probabile,.

    Si apre però qui una questione essenziale, che riguarda la NATURA del conflitto.

    La possibilità, paventata e temuta, che si pervenga ad un diretto scontro senza esclusione di colpi, dunque ad una guerra anche nucleare, non può essere esclusa. Per quanto entrambe le parti in conflitto comprendano bene il carattere potenzialmente terminale di un tale confronto, qui il rischio proviene non tanto dalla programmazione esplicita della guerra quanto dalla logica dell’escalation, che può far arrivare alla soglia della deflagrazione, pensando di controllarla, per poi sorpassarla magari per un fraintendimento, per un eccesso di timore o di sospetto.

    Ma personalmente credo che le possibilità di un conflitto nucleare diretto siano ancora relativamente basse, non trascurabili, ma basse.

    Lo scenario che invece credo sia altamente probabile, direi certo, salvo gli scenari peggiori di cui sopra, è quello dello sviluppo di forme inusitate e devastanti di GUERRA IBRIDA.

    Per “guerra ibrida” (hybrid warfare) si intende una strategia militare che impiega una varietà di tattiche atte a portare nocumento all’avversario, limitando il ricorso alla guerra convenzionale e privilegiando invece forme di attacco non dichiarate, che possono sempre ricadere nella “plausible deniability”, nell’area grigia delle cose non pienamente dimostrabili di cui si può negare la responsabilità. Il problema è che oggi gli spazi per queste forme di guerra sono enormi, incomparabilmente superiori a tutto ciò che il passato ci ha consegnato.

    Sono parte della guerra ibrida il supporto ad atti terroristici, anche da parte di gruppi terzi. Il terrorismo può infatti essere di tipo diretto, come attacchi ad infrastrutture strategiche da parte di qualche commando infiltrato (ma qui c’è sempre il rischio che qualcuno venga preso è che la “deniability” venga meno.) E poi c’è la possibilità, tutt’altro che complessa, di sostenere, manipolare, armare gruppuscoli già esistenti che odiano l’avversario, ma che mai avrebbero le risorse per attentati in grande stile (questi sono, ad esempio, i termini in cui viene oggi letto in Russia l’attentato al Crocus City Hall del 24 marzo, i cui autori diretti sono del Tagikistan, ma la cui preparazione rinvia per i russi ai servizi segreti ucraini).

    Possono rientrare nella guerra ibrida anche atti terroristici che non appaiono tali, come sabotaggi, apparenti malfunzionamenti infrastrutturali, incidenti aerei, ferroviari, ecc.

    Possono rientrare nella guerra ibrida forme di guerra batteriologica mirata, ad esempio con patogeni selezionati per colpire in modo privilegiato certi gruppi etnici. E anche qui l’apparenza può essere quella del caso o dell’accidente.

    Possono essere esempi di guerra ibrida attacchi cibernetici di varia natura, destinati a entità finanziarie, a database, archivi, ecc.

    Possono essere momenti di una guerra ibrida attacchi speculativi finanziari, volti a creare occasioni che rendano i mercati internazionali un’arma per destabilizzare un paese.

    E poi esistono innumerevoli ambiti di guerra ibrida di cui ancora non abbiamo esempi espliciti, ma che sono oggi tecnologicamente disponibili. Pensiamo ad esempio alle accuse mosse neanche troppo velatamente dal ministro degli esteri turco agli USA di essere dietro al terremoto in Turchia e Siria del 2023. Che oggi vi siano modi per indurre, in punti tettonicamente predisposti, eventi tellurici è stato oggetto di studio militare (se lo studio si sia mai tradotto in realtà è questione che ignoriamo).

    E naturalmente possono essere parte di una guerra ibrida eventi critici volti a condizionare specifici eventi elettorali, come la creazione di vittime ad hoc, di capri espiatori, o operazioni di discredito alla vigilia delle elezioni, ecc.

    Se l’orizzonte di una durevole e intensa guerra ibrida è l’orizzonte che abbiamo di fronte nei prossimi anni, è, a mio avviso, necessario tener ferme due cose.

    La prima è che per la natura stessa della guerra ibrida, intenzionalmente opaca ed inesplicita, i margini di strumentalizzazione interna sono amplissimi. Può così accadere che qualcosa sia effettivamente un evento di guerra ibrida mossa da una potenza estera, ma può anche accadere che qualcosa sia un mero incidente, oppure un’operazione interna false flag volta a condizionare il fronte interno (le operazioni “sotto falsa bandiera” sono di una semplicità disarmante in un contesto in cui per definizione le bandiere negli attacchi reali non vengono esposte).

    Se, come si dice, la prima vittima della guerra è la verità, in una guerra ibrida la verità pubblica tende a dissolversi in maniera integrale: semplicemente tutto è potenzialmente strumentale per qualcuno.
    Una simile atmosfera di sospetto coltivato ad arte e di condizionamenti occulti tende a consolidare in posizioni di potere chi già detiene il potere, e tende a rendere massimamente difficile la costruzione di qualunque iniziativa politica eterodossa, estranea al potere già consolidato.

    Questo punto ci porta ad una seconda conclusione: la direzione primaria in cui si deve muovere, in questo contesto storico, una politica critica, una politica d’opposizione autentica, deve avere al centro della propria agenda la RICHIESTA DI PACE (che vuol dire convivenza, riduzione della conflittualità internazionale, allentamento delle tensioni, accettazione della pluralità di prospettive, accettazione di un multipolarismo con pari dignità dei vari poli, ecc.) e il RIFIUTO DELL’EMERGENZIALISMO (rifiuto della creazione costante di ansia, terrore, di sindromi dell’attacco o della catastrofe incombente, per manipolare la volontà pubblica).
    Volontà di pace, nel senso più comprensivo, e rifiuto dell’atteggiamento emergenzialista, dovrebbero essere al centro di ogni iniziativa politica che si voglia capace di resistere ai tempi oscuri in cui siamo stati sospinti.
    LA DOMANDA NON È SE CI SARÀ LA GUERRA, MA QUALE GUERRA CI SARÀ Un paio di giorni fa il presidente serbo Vučić ha espresso il suo forte timore che 3-4 mesi ci separino dalla Terza Guerra Mondiale. Che si tratti di una valutazione realistica o magari di eccessiva apprensione da parte di chi ha già esperito sulla propria pelle la natura “eminentemente difensiva” della Nato, è quanto scopriremo solo vivendo. Possiamo però sin d’ora fare qualche considerazione generale sulle linee di tendenza che si profilano. Dal punto di vista di un confronto diretto tra grandi potenze militari la questione cruciale riguarda la percezione interna di un carattere “decisivo” del conflitto regionale in corso. Per la Russia è chiarissimo, e lo è stato sin dall’inizio, che si trattasse di una minaccia percepita come esistenziale. L’asimmetria del confronto qui dev’essere ben percepita: nel conflitto russo-ucraino la Russia è formalmente l’aggressore, avendo violato i confini ucraini con le sue truppe, ma la Russia si percepisce aggredita perché ha visto anno dopo anno i preparativi Nato ai propri confini (esercitazioni congiunte, costruzione di infrastrutture militari, il cambio di regime di Maidan, la persecuzione delle proprie minoranze in Ucraina, ecc.). Questi eventi sono stati lamentati come prodromi o ad un’aggressione diretta o ad un posizionamento di vantaggio strategico che metteva potenzialmente in scacco le difese russe. È qui necessario tener ferme alcune premesse storiche e geografiche: la Russia è sempre stata particolarmente esposta alle minacce sul fronte occidentale, dove è stata più volte attaccata, dove non ci sono barriere naturali degne di nota, e dove si trovano le principali città, a partire da Mosca. Questi timori sono stati espressi da vari governi russi innumerevoli volte, per anni, e solo il controllo occidentale sulla narrativa pubblica ha impedito che questo fatto fosse generalmente riconosciuto prima dello scoppio della guerra. Non l’Occidente ma la Russia vive una sfida militare alle proprie porte da vent’anni; non è l’Occidente ma la Russia ad essere oggi colpita sul proprio territorio dalle armi di una potente alleanza militare ostile, con il supporto tecnologico e informativo della stessa. Per la Russia, dunque, non c’è spazio per “passi indietro”, perché si è già arrivati ai confini, al limite che minaccia la propria esistenza statuale: fare passi indietro significa perdere la capacità di mantenersi integra. Che dire degli USA e della Nato? Qui dal punto di vista delle minacce dirette la situazione è molto differente, eppure nelle linee di fondo non è dissimile. Gli USA non stanno versando sangue, né stanno subendo danni infrastrutturali dall’attuale confronto con la Russia. E tuttavia il problema qui è di natura sistemica: la narrativa che ha sostenuto la fiducia nel sistema occidentale, militare e finanziario, impone al sistema di presentare un orizzonte di crescita, dominio e forza internazionale. L’iniziativa russa, sostenuta in modo defilato ma sostanziale dalla Cina, ha messo in moto un processo di “insubordinazione” nel mondo extra-occidentale, che rappresenta un effetto domino devastante per l’egemonia politica ed economica dell’Occidente a guida americana. Veder scossa la propria capacità di imporre trattati a sé favorevoli in Africa, America Latina, Medio Oriente ed Asia minaccia frontalmente il modello di sviluppo occidentale, modello già in crisi per ragioni interne, e che conta da sempre sulla possibilità di estrarre plusvalore dal mondo meno industrializzato (come risorse naturali, energetiche, manodopera a basso costo, ecc.). Il sistema hobbesiano della competizione economica infinita appare tollerabile solo finché le proprie popolazioni appartengono solo in modo marginale alla sfera dei perdenti in questa competizione. Quando la lotta economica di tutti contro tutti comincia ad erodere significativamente i modi di vita del proletariato europeo o americano, l’allarme scatta, perché l’unità dei sistemi occidentali è fornita soltanto dalla promessa di un benessere (comparativamente) diffuso. Questo significa che, per ragioni diverse, anche nell’Occidente a guida americana l’attuale “insubordinazione internazionale” fomentata dalla Russia rappresenta un rischio esistenziale: essa porta alla luce i “limiti intrinseci allo sviluppo” che i critici del modello capitalista hanno riconosciuto da tempo e che ora bussano alle porte. Nessuno dei due contendenti può dunque permettersi un’aperta sconfitta. Ci sono margini per un onorevole pareggio? Non molti e sempre di meno. Più passa il tempo, maggiori sono gli investimenti economici e umani nel conflitto, minori sono gli spazi per un esito che non appaia come una sconfitta all’una o all’altra parte. Per dire, è chiaro che le condizioni degli accordi di Minsk II, che erano rivendicati dalla Russia prima dell’inizio della guerra, se accettati oggi rappresenterebbero una grave sconfitta per i russi, lasciando 8 milioni di russofoni in balia politica di quegli stessi che li hanno perseguitati prima e bombardati poi. Più passa il tempo, maggiori i costi, più i risultati accettati come minimi per ciascuna delle parti si ampliano. Questo quadro rende la possibilità di un conflitto diretto, ogni giorno che passa, sempre più probabile,. Si apre però qui una questione essenziale, che riguarda la NATURA del conflitto. La possibilità, paventata e temuta, che si pervenga ad un diretto scontro senza esclusione di colpi, dunque ad una guerra anche nucleare, non può essere esclusa. Per quanto entrambe le parti in conflitto comprendano bene il carattere potenzialmente terminale di un tale confronto, qui il rischio proviene non tanto dalla programmazione esplicita della guerra quanto dalla logica dell’escalation, che può far arrivare alla soglia della deflagrazione, pensando di controllarla, per poi sorpassarla magari per un fraintendimento, per un eccesso di timore o di sospetto. Ma personalmente credo che le possibilità di un conflitto nucleare diretto siano ancora relativamente basse, non trascurabili, ma basse. Lo scenario che invece credo sia altamente probabile, direi certo, salvo gli scenari peggiori di cui sopra, è quello dello sviluppo di forme inusitate e devastanti di GUERRA IBRIDA. Per “guerra ibrida” (hybrid warfare) si intende una strategia militare che impiega una varietà di tattiche atte a portare nocumento all’avversario, limitando il ricorso alla guerra convenzionale e privilegiando invece forme di attacco non dichiarate, che possono sempre ricadere nella “plausible deniability”, nell’area grigia delle cose non pienamente dimostrabili di cui si può negare la responsabilità. Il problema è che oggi gli spazi per queste forme di guerra sono enormi, incomparabilmente superiori a tutto ciò che il passato ci ha consegnato. Sono parte della guerra ibrida il supporto ad atti terroristici, anche da parte di gruppi terzi. Il terrorismo può infatti essere di tipo diretto, come attacchi ad infrastrutture strategiche da parte di qualche commando infiltrato (ma qui c’è sempre il rischio che qualcuno venga preso è che la “deniability” venga meno.) E poi c’è la possibilità, tutt’altro che complessa, di sostenere, manipolare, armare gruppuscoli già esistenti che odiano l’avversario, ma che mai avrebbero le risorse per attentati in grande stile (questi sono, ad esempio, i termini in cui viene oggi letto in Russia l’attentato al Crocus City Hall del 24 marzo, i cui autori diretti sono del Tagikistan, ma la cui preparazione rinvia per i russi ai servizi segreti ucraini). Possono rientrare nella guerra ibrida anche atti terroristici che non appaiono tali, come sabotaggi, apparenti malfunzionamenti infrastrutturali, incidenti aerei, ferroviari, ecc. Possono rientrare nella guerra ibrida forme di guerra batteriologica mirata, ad esempio con patogeni selezionati per colpire in modo privilegiato certi gruppi etnici. E anche qui l’apparenza può essere quella del caso o dell’accidente. Possono essere esempi di guerra ibrida attacchi cibernetici di varia natura, destinati a entità finanziarie, a database, archivi, ecc. Possono essere momenti di una guerra ibrida attacchi speculativi finanziari, volti a creare occasioni che rendano i mercati internazionali un’arma per destabilizzare un paese. E poi esistono innumerevoli ambiti di guerra ibrida di cui ancora non abbiamo esempi espliciti, ma che sono oggi tecnologicamente disponibili. Pensiamo ad esempio alle accuse mosse neanche troppo velatamente dal ministro degli esteri turco agli USA di essere dietro al terremoto in Turchia e Siria del 2023. Che oggi vi siano modi per indurre, in punti tettonicamente predisposti, eventi tellurici è stato oggetto di studio militare (se lo studio si sia mai tradotto in realtà è questione che ignoriamo). E naturalmente possono essere parte di una guerra ibrida eventi critici volti a condizionare specifici eventi elettorali, come la creazione di vittime ad hoc, di capri espiatori, o operazioni di discredito alla vigilia delle elezioni, ecc. Se l’orizzonte di una durevole e intensa guerra ibrida è l’orizzonte che abbiamo di fronte nei prossimi anni, è, a mio avviso, necessario tener ferme due cose. La prima è che per la natura stessa della guerra ibrida, intenzionalmente opaca ed inesplicita, i margini di strumentalizzazione interna sono amplissimi. Può così accadere che qualcosa sia effettivamente un evento di guerra ibrida mossa da una potenza estera, ma può anche accadere che qualcosa sia un mero incidente, oppure un’operazione interna false flag volta a condizionare il fronte interno (le operazioni “sotto falsa bandiera” sono di una semplicità disarmante in un contesto in cui per definizione le bandiere negli attacchi reali non vengono esposte). Se, come si dice, la prima vittima della guerra è la verità, in una guerra ibrida la verità pubblica tende a dissolversi in maniera integrale: semplicemente tutto è potenzialmente strumentale per qualcuno. Una simile atmosfera di sospetto coltivato ad arte e di condizionamenti occulti tende a consolidare in posizioni di potere chi già detiene il potere, e tende a rendere massimamente difficile la costruzione di qualunque iniziativa politica eterodossa, estranea al potere già consolidato. Questo punto ci porta ad una seconda conclusione: la direzione primaria in cui si deve muovere, in questo contesto storico, una politica critica, una politica d’opposizione autentica, deve avere al centro della propria agenda la RICHIESTA DI PACE (che vuol dire convivenza, riduzione della conflittualità internazionale, allentamento delle tensioni, accettazione della pluralità di prospettive, accettazione di un multipolarismo con pari dignità dei vari poli, ecc.) e il RIFIUTO DELL’EMERGENZIALISMO (rifiuto della creazione costante di ansia, terrore, di sindromi dell’attacco o della catastrofe incombente, per manipolare la volontà pubblica). Volontà di pace, nel senso più comprensivo, e rifiuto dell’atteggiamento emergenzialista, dovrebbero essere al centro di ogni iniziativa politica che si voglia capace di resistere ai tempi oscuri in cui siamo stati sospinti.
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  • Il mondo sta attraversando un periodo di cambiamento significativo, dove le dinamiche politiche e sociali sembrano privilegiare sempre di più una minoranza, a discapito della maggioranza delle persone. Questa tendenza, descritta come la "dittatura mondiale della minoranza", ha portato alla fine della democrazia e all'inizio di un'era di oligarchia.

    https://dituttoedipiu.altervista.org/dittatura-delle-minoranze-verso-un-nuovo-ordine-mondiale-oligarchico/

    #Cambiamento #DinamichePolitiche #DinamicheSociali #Minoranza #Maggioranza #Tendenza #DittaturaMondiale #Democrazia #Oligarchia #NuovoOrdineMondiale #CambiamentoSignificativo #Società #Politica #SocietàContemporanea #Globalizzazione #Crisi #EquilibrioDiPotere #Disuguaglianza #Ingiustizia #SfideGlobali #Potere #Controllo #Manipolazione #CambiamentoSociale #AnalisiSociopolitica #CrisiDemocratica #Elite #Influenza #Governance #Dominanza
    Il mondo sta attraversando un periodo di cambiamento significativo, dove le dinamiche politiche e sociali sembrano privilegiare sempre di più una minoranza, a discapito della maggioranza delle persone. Questa tendenza, descritta come la "dittatura mondiale della minoranza", ha portato alla fine della democrazia e all'inizio di un'era di oligarchia. https://dituttoedipiu.altervista.org/dittatura-delle-minoranze-verso-un-nuovo-ordine-mondiale-oligarchico/ #Cambiamento #DinamichePolitiche #DinamicheSociali #Minoranza #Maggioranza #Tendenza #DittaturaMondiale #Democrazia #Oligarchia #NuovoOrdineMondiale #CambiamentoSignificativo #Società #Politica #SocietàContemporanea #Globalizzazione #Crisi #EquilibrioDiPotere #Disuguaglianza #Ingiustizia #SfideGlobali #Potere #Controllo #Manipolazione #CambiamentoSociale #AnalisiSociopolitica #CrisiDemocratica #Elite #Influenza #Governance #Dominanza
    DITUTTOEDIPIU.ALTERVISTA.ORG
    Dittatura delle minoranze: verso un nuovo ordine mondiale oligarchico? - D
    L'articolo di Boni Castellane suona come un monito apocalittico, un canto funebre per la democrazia
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  • QUANDO LE LUCI DELLA RIBALTA SI SPENGONO
    Ormai dimenticato da chi lo aveva reso una celebrità, il televirologo più amato dagli italiani da tempo sgomita per rimanere in tendenza e anche oggi torna alla carica. In un tweet, arriva a sfruttare l'omicidio di Pisa per suggerire tendenziosamente un'associazione implicita tra l'aggressione avvenuta e il fatto che l'omicida fosse, almeno sostiene lui, un no-vax.

    La realtà. L'aggressore, Gianluca Paul Seung, di 35 anni, ex paziente della vittima, la psichiatra Barbara Capovani, è affetto da turbe psichiche e disturbi della personalità. È noto da tempo agli investigatori come persona «di elevata pericolosità» e ha una fedina penale costellata di precedenti per violenze, anche carnali. In passato, è riuscito a evadere da alcune misure cautelari. Nelle sue scorribande ha anche picchiato a sangue un medico di Viareggio, creato scompiglio al tribunale di Lucca, molestato una minorenne, ci informa il Corriere Fiorentino. Dunque, da dove arriva l'associazione con il mondo "no-vax"? Con ogni probabilità dalla seguente frase, riportata da più testate: "[Seong] accusa il sindaco di Viareggio, evoca riti satanici, azzarda teorie fantasiose su ormoni ricavati dal sangue dei bambini per allungare la vita alla regina Elisabetta. Dice pure di sapere dove è nascosto Matteo Messina Denaro, scrive denunce contro Putin e i danni da vaccino".

    Tutto per dieci minuti di celebrità.

    Fonte Canale Telegram: Giubbe Rosse
    QUANDO LE LUCI DELLA RIBALTA SI SPENGONO Ormai dimenticato da chi lo aveva reso una celebrità, il televirologo più amato dagli italiani da tempo sgomita per rimanere in tendenza e anche oggi torna alla carica. In un tweet, arriva a sfruttare l'omicidio di Pisa per suggerire tendenziosamente un'associazione implicita tra l'aggressione avvenuta e il fatto che l'omicida fosse, almeno sostiene lui, un no-vax. La realtà. L'aggressore, Gianluca Paul Seung, di 35 anni, ex paziente della vittima, la psichiatra Barbara Capovani, è affetto da turbe psichiche e disturbi della personalità. È noto da tempo agli investigatori come persona «di elevata pericolosità» e ha una fedina penale costellata di precedenti per violenze, anche carnali. In passato, è riuscito a evadere da alcune misure cautelari. Nelle sue scorribande ha anche picchiato a sangue un medico di Viareggio, creato scompiglio al tribunale di Lucca, molestato una minorenne, ci informa il Corriere Fiorentino. Dunque, da dove arriva l'associazione con il mondo "no-vax"? Con ogni probabilità dalla seguente frase, riportata da più testate: "[Seong] accusa il sindaco di Viareggio, evoca riti satanici, azzarda teorie fantasiose su ormoni ricavati dal sangue dei bambini per allungare la vita alla regina Elisabetta. Dice pure di sapere dove è nascosto Matteo Messina Denaro, scrive denunce contro Putin e i danni da vaccino". Tutto per dieci minuti di celebrità. 🟥Fonte Canale Telegram: Giubbe Rosse
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  • Storica sentenza sui fatti di Gaza

    Venerdì 26 gennaio 2024 è stata adottata una sentenza che alcuni giornalisti hanno definito “storica”: i giudici della Corte Internazionale di Giustizia, organo dell’ONU, hanno respinto la richiesta di archiviazione proposta da Israele riguardo all’accusa di genocidio del popolo palestinese. Tale accusa era stata promossa a fine dicembre dal Sudafrica, in una relazione di 84 pagine. Ma la Corte non si è limitata a respingere la richiesta di archiviazione: ha riconosciuto diversi punti chiesti dalla parte accusatrice; soprattutto il fatto che alcune azioni compiute da Israele possono violare la convenzione ONU sul genocidio. In seguito a ciò, nell’ordinanza, ha stabilito urgenti “misure di sicurezza” per evitare che si compia effettivamente un genocidio del popolo palestinese nella Striscia di Gaza. In sostanza ha detto a Israele di rispettare i diritti dell’uomo previsti nella convenzione sul genocidio siglata nel 1950 dallo Stato ebraico e nel 1997 dallo Stato africano, e quindi di permettere gli aiuti umanitari e condizioni di vita decorose agli abitanti delle zone occupate. Tale decisione è molto argomentata e motivata anche dai rapporti dei responsabili ONU sulla vigilanza del rispetto dei diritti umani. Non è stata invece accolta l’esplicita richiesta del Sudafrica di un “cessate il fuoco” immediato, con soddisfazione di Netanyahu, ma sono state citate le dichiarazioni “pro genocidio” dello stesso e di alcuni esponenti del governo israeliano.
    Inoltre la Presidente della CIG, Joan Donoghue, ha stabilito che Israele debba presentarsi tra un mese per riferire sull’andamento dell’applicazione delle misure cautelari previste e ha ordinato di adottare i provvedimenti necessari ed efficaci affinché si porti assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza.
    Questa sentenza, è inutile negarlo, costituisce un vero e proprio “spartiacque” rispetto alla tendenza degli organismi internazionali di favorire il cosiddetto “nord del mondo” a danno dei Paesi più poveri o comunque meno importanti politicamente. Essa va nella direzione di un reale riconoscimento dei diritti dell’uomo anche negli Stati “non filo-occidentali”, cioè non proni al potere ebraico-statunitense, e quindi apre ad una fine del conflitto e ad un riconoscimento reale dello Stato palestinese. Questo viene confermato dalla reazione rabbiosa dei capi ebraici, alcuni dei quali hanno addirittura accusato la Corte di antisemitismo, come se ciò fosse il criterio fondante per stabilire chi abbia ragione e chi no, qualunque atto si compia. La Corte invece ha dimostrato, stavolta, di guardare i dati, le cifre, i resoconti, considerandoli più importanti delle posizioni ideologiche di parte.

    prof. Pietro Marinelli
    Storica sentenza sui fatti di Gaza Venerdì 26 gennaio 2024 è stata adottata una sentenza che alcuni giornalisti hanno definito “storica”: i giudici della Corte Internazionale di Giustizia, organo dell’ONU, hanno respinto la richiesta di archiviazione proposta da Israele riguardo all’accusa di genocidio del popolo palestinese. Tale accusa era stata promossa a fine dicembre dal Sudafrica, in una relazione di 84 pagine. Ma la Corte non si è limitata a respingere la richiesta di archiviazione: ha riconosciuto diversi punti chiesti dalla parte accusatrice; soprattutto il fatto che alcune azioni compiute da Israele possono violare la convenzione ONU sul genocidio. In seguito a ciò, nell’ordinanza, ha stabilito urgenti “misure di sicurezza” per evitare che si compia effettivamente un genocidio del popolo palestinese nella Striscia di Gaza. In sostanza ha detto a Israele di rispettare i diritti dell’uomo previsti nella convenzione sul genocidio siglata nel 1950 dallo Stato ebraico e nel 1997 dallo Stato africano, e quindi di permettere gli aiuti umanitari e condizioni di vita decorose agli abitanti delle zone occupate. Tale decisione è molto argomentata e motivata anche dai rapporti dei responsabili ONU sulla vigilanza del rispetto dei diritti umani. Non è stata invece accolta l’esplicita richiesta del Sudafrica di un “cessate il fuoco” immediato, con soddisfazione di Netanyahu, ma sono state citate le dichiarazioni “pro genocidio” dello stesso e di alcuni esponenti del governo israeliano. Inoltre la Presidente della CIG, Joan Donoghue, ha stabilito che Israele debba presentarsi tra un mese per riferire sull’andamento dell’applicazione delle misure cautelari previste e ha ordinato di adottare i provvedimenti necessari ed efficaci affinché si porti assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza. Questa sentenza, è inutile negarlo, costituisce un vero e proprio “spartiacque” rispetto alla tendenza degli organismi internazionali di favorire il cosiddetto “nord del mondo” a danno dei Paesi più poveri o comunque meno importanti politicamente. Essa va nella direzione di un reale riconoscimento dei diritti dell’uomo anche negli Stati “non filo-occidentali”, cioè non proni al potere ebraico-statunitense, e quindi apre ad una fine del conflitto e ad un riconoscimento reale dello Stato palestinese. Questo viene confermato dalla reazione rabbiosa dei capi ebraici, alcuni dei quali hanno addirittura accusato la Corte di antisemitismo, come se ciò fosse il criterio fondante per stabilire chi abbia ragione e chi no, qualunque atto si compia. La Corte invece ha dimostrato, stavolta, di guardare i dati, le cifre, i resoconti, considerandoli più importanti delle posizioni ideologiche di parte. prof. Pietro Marinelli
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  • Matteo Brandi
    Noto in molti commenti una certa tendenza al disfattismo e al fatalismo.
    "Eh ma tanto le cose stanno così!"
    "Eh ma non c'è nulla da fare!"
    "Eh ma siamo finiti!"
    Ora, io capisco lo scoramento e la rabbia di fronte alle follie di quest'epoca. Credetemi quando vi dico che, personalmente, mi sento un'anima antica intrappolata in un secolo di squallore infinito. Ma questo è il momento storico che ci è dato vivere e non ha senso piangersi addosso.
    Anzi, a ben vedere ci sono segnali molto positivi attorno a noi. Non lasciatevi abbattere dai commenti dei rimbecilliti sui social o dallo scabroso circo mediatico che vomita il peggio del genere umano. Tante certezze, a livello globale, stanno vacillando. Guardando la cartina del mondo, tra vent'anni, osserveremo un quadro molto diverso.
    Cosa significa? Quello che vi ripeto e continuerò a ripetervi: la Storia si è rimessa in moto. Il che si traduce nella fine dell'immobilità che molti danno per assodata. Grandi cambiamenti sono all'orizzonte.
    No, non parlo di salvatori esterni. Certo, alcune congiunture internazionali possono dare una spintarella in grado di far crollare, ad esempio, il Moloch europeo, ma non datele per assodate. E, soprattutto, non affidatevi a supereroi stranieri.
    Cercate invece di prendere atto di come nulla sia immutabile e di quanto sia essenziale responsabilizzarci come popolo e come individui. Volenti o nolenti, saremo presto anche noi raggiunti dall'uragano della Storia. Possiamo affrontare questo vento impetuoso offrendogli le nostre lacrime oppure spiegando le vele, per catturarlo.
    Nessuno farà questa scelta al posto nostro.

    Matteo Brandi
    Matteo Brandi Noto in molti commenti una certa tendenza al disfattismo e al fatalismo. "Eh ma tanto le cose stanno così!" "Eh ma non c'è nulla da fare!" "Eh ma siamo finiti!" Ora, io capisco lo scoramento e la rabbia di fronte alle follie di quest'epoca. Credetemi quando vi dico che, personalmente, mi sento un'anima antica intrappolata in un secolo di squallore infinito. Ma questo è il momento storico che ci è dato vivere e non ha senso piangersi addosso. Anzi, a ben vedere ci sono segnali molto positivi attorno a noi. Non lasciatevi abbattere dai commenti dei rimbecilliti sui social o dallo scabroso circo mediatico che vomita il peggio del genere umano. Tante certezze, a livello globale, stanno vacillando. Guardando la cartina del mondo, tra vent'anni, osserveremo un quadro molto diverso. Cosa significa? Quello che vi ripeto e continuerò a ripetervi: la Storia si è rimessa in moto. Il che si traduce nella fine dell'immobilità che molti danno per assodata. Grandi cambiamenti sono all'orizzonte. No, non parlo di salvatori esterni. Certo, alcune congiunture internazionali possono dare una spintarella in grado di far crollare, ad esempio, il Moloch europeo, ma non datele per assodate. E, soprattutto, non affidatevi a supereroi stranieri. Cercate invece di prendere atto di come nulla sia immutabile e di quanto sia essenziale responsabilizzarci come popolo e come individui. Volenti o nolenti, saremo presto anche noi raggiunti dall'uragano della Storia. Possiamo affrontare questo vento impetuoso offrendogli le nostre lacrime oppure spiegando le vele, per catturarlo. Nessuno farà questa scelta al posto nostro. Matteo Brandi
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  • STANNO SVILUPPANDO "VACCINI" A MRNA PER LA MALARIA

    Diverse università e ditte, tra cui Biontech, stanno provando a produrre un veleno a mRNA per la malaria per lucrare sugli africani e nel frattempo sfoltirli un po'.

    1) ADIUVANTE TOSSICO

    L'obiettivo dello studio, che trovate qui (https://t.me/dereinzige2/1276), dovrebbe essere l'aumento di cellule T residenti nel fegato, e iniettando come antigene da far sintetizzare tramite mRNA la ovalbumina del pollo e l'antigene della malaria RPL6, è stato visto che le risposte del sistema immunitario erano nulle. Quindi hanno aggiunto come adiuvante l'αGC, un nanolipide che ha portato ad una produzione di cellule natural killer. Il problema di questo adiuvante è la tossicità per il fegato (https://www.nature.com/articles/nri35095523.pdf), perché topi a cui è stato somministrato hanno sviluppato necrosi epatica (https://www.nature.com/articles/bjc2014486). Se somministrato a topi sotto stimolazione della via beta adrenergica comporta un'irreversibile fibrosi miocardica (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7656804/), ipertrofia cardiaca e fibrosi renale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34243040/), il veleno Pfizer di per sé porta ad un aumento delle catecolamine (https://t.me/dereinzigeitalia/508) che agiscono come un fattore di stimolazione di questa via. L'αGC può portare all'aterosclerosi (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8618636/) e rendere le placche più instabili, e una rottura di queste può causare una trombosi. L'accumulo di cellule natural killer nel sangue in seguito alla stimolazione da αGC è altamente infiammatorio (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8618636/), e un'elevata dose di questo adiuvante può esacerbare e rendere suscettibili all'encefalomielite (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20084083/). Sull'uomo questo adiuvante è ancora sperimentale, ma quanto detto fin ora non fa ben sperare.

    2) IL VACCINO BIONTECH

    Nonostante lo studio precedente sia un nulla di fatto perché non ha studiato nemmeno l'efficacia vaccinale, si possono trovare articoli come questi (1, 2) che fanno propaganda di questi veleni a mRNA per la malaria, addirittura anteponendo i vaccini alle cure per far risparmiare soldi agli stati. Persino Biontech ha già iniziato la sperimentazione umana (https://classic.clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT05581641) di un suo prodotto a mRNA dove si utilizzano esseri umani come carne da macello (1, 2, 3, 4, 5) e già sono partiti con 3 dosi. La base per questa sperimentazione è un singolo studio preclinico (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8213722/) sui topi dove questa volta l'antigene è la proteina PfCSP, e anche in questo case l'efficacia è un misero 40% contro lo sviluppo dell'infezione dopo 2 dosi. Con la terza dose l'efficacia sale al 60%, valore ancora basso, ed è stata studiata solo per 14 giorni. Anche in questo caso gli adiuvanti sono problematici, perché sono simili a quelli usati per il veleno Pfizer, e quindi se usati sugli esseri umani avranno le stesse dannose conseguenze (https://t.me/dereinzigeitalia/499) sul sistema immunitario.

    Note:
    1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10166207/
    2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10041686/

    1. https://www.voaafrica.com/a/biontech-begins-human-trial-to-test-malaria-vax/6888702.html
    2. https://www.gavi.org/vaccineswork/hunting-perfect-protein-malaria-mrna-vaccine
    3. https://www.biopharma-reporter.com/Article/2022/07/12/biontech-set-to-take-malaria-vaccine-into-clinical-trials
    4. https://www.reuters.com/business/healthcare-pharmaceuticals/biontech-initiates-clinical-trial-mrna-based-malaria-vaccine-candidate-2022-12-23/
    5. https://www.clinicaltrialsarena.com/news/biontech-vaccine-candidate-malaria/

    3) LA MALARIA SI PUÒ CURARE

    L'inoculazione di prodotti sperimentali è del tutto insensata, a maggior ragione perché esistono attualmente dei trattamenti efficaci per la malaria. In linea di massima si può usare la clorochina, ma se il ceppo di malaria ha sviluppato resistenza (https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2794759) è più indicata l'artemisinina, oppure proguanil, quinina e clindamicina. Il trattamento della Malaria infatti si basa principalmente sull'adattare l'uso di questi farmaci (https://www.aafp.org/pubs/afp/issues/2022/0900/malaria.html) in base al ceppo di provenienza del parassita, perché in diverse regioni può aver sviluppato diverse resistenze ai farmaci. In quei casi in cui si dovesse sviluppare una malaria grave, il trattamento invece è l'artesunato da somministrare per via endovenosa (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK294445/#ch7.s6) per poi passare alle terapie già menzionate. I pro vax sicuramente obietterebbero dicendo che il vaccino è preferibile perché a furia di trattare la malaria coi farmaci si sviluppa farmacoresistenza, ma in realtà un fenomeno analogo, ancor più grave perché porta alla selezione di nuove varianti (https://t.me/dereinzigeitalia/527), può succedere con qualsiasi tipo di vaccino.

    CONCLUSIONI

    Big Pharma col covid in Africa ha potuto fare pochi affari, e quindi adesso vogliono avere la loro rivalsa usando la malaria, una patologia che è sempre stata problematica in Africa, e sfruttando la tendenza che gli africani rifiutano meno i vaccini per la malaria rispetto ai vaccini per altre patologie. In questo modo quello che hanno fatto qui con il veleno Pfizer potranno farlo lì con l'equivalente della malaria.

    Fonte Canale Telegram: https://t.me/dereinzigeitalia
    STANNO SVILUPPANDO "VACCINI" A MRNA PER LA MALARIA Diverse università e ditte, tra cui Biontech, stanno provando a produrre un veleno a mRNA per la malaria per lucrare sugli africani e nel frattempo sfoltirli un po'. 1) ADIUVANTE TOSSICO L'obiettivo dello studio, che trovate qui (https://t.me/dereinzige2/1276), dovrebbe essere l'aumento di cellule T residenti nel fegato, e iniettando come antigene da far sintetizzare tramite mRNA la ovalbumina del pollo e l'antigene della malaria RPL6, è stato visto che le risposte del sistema immunitario erano nulle. Quindi hanno aggiunto come adiuvante l'αGC, un nanolipide che ha portato ad una produzione di cellule natural killer. Il problema di questo adiuvante è la tossicità per il fegato (https://www.nature.com/articles/nri35095523.pdf), perché topi a cui è stato somministrato hanno sviluppato necrosi epatica (https://www.nature.com/articles/bjc2014486). Se somministrato a topi sotto stimolazione della via beta adrenergica comporta un'irreversibile fibrosi miocardica (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7656804/), ipertrofia cardiaca e fibrosi renale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34243040/), il veleno Pfizer di per sé porta ad un aumento delle catecolamine (https://t.me/dereinzigeitalia/508) che agiscono come un fattore di stimolazione di questa via. L'αGC può portare all'aterosclerosi (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8618636/) e rendere le placche più instabili, e una rottura di queste può causare una trombosi. L'accumulo di cellule natural killer nel sangue in seguito alla stimolazione da αGC è altamente infiammatorio (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8618636/), e un'elevata dose di questo adiuvante può esacerbare e rendere suscettibili all'encefalomielite (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20084083/). Sull'uomo questo adiuvante è ancora sperimentale, ma quanto detto fin ora non fa ben sperare. 2) IL VACCINO BIONTECH Nonostante lo studio precedente sia un nulla di fatto perché non ha studiato nemmeno l'efficacia vaccinale, si possono trovare articoli come questi (1, 2) che fanno propaganda di questi veleni a mRNA per la malaria, addirittura anteponendo i vaccini alle cure per far risparmiare soldi agli stati. Persino Biontech ha già iniziato la sperimentazione umana (https://classic.clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT05581641) di un suo prodotto a mRNA dove si utilizzano esseri umani come carne da macello (1, 2, 3, 4, 5) e già sono partiti con 3 dosi. La base per questa sperimentazione è un singolo studio preclinico (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8213722/) sui topi dove questa volta l'antigene è la proteina PfCSP, e anche in questo case l'efficacia è un misero 40% contro lo sviluppo dell'infezione dopo 2 dosi. Con la terza dose l'efficacia sale al 60%, valore ancora basso, ed è stata studiata solo per 14 giorni. Anche in questo caso gli adiuvanti sono problematici, perché sono simili a quelli usati per il veleno Pfizer, e quindi se usati sugli esseri umani avranno le stesse dannose conseguenze (https://t.me/dereinzigeitalia/499) sul sistema immunitario. Note: 1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10166207/ 2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10041686/ 1. https://www.voaafrica.com/a/biontech-begins-human-trial-to-test-malaria-vax/6888702.html 2. https://www.gavi.org/vaccineswork/hunting-perfect-protein-malaria-mrna-vaccine 3. https://www.biopharma-reporter.com/Article/2022/07/12/biontech-set-to-take-malaria-vaccine-into-clinical-trials 4. https://www.reuters.com/business/healthcare-pharmaceuticals/biontech-initiates-clinical-trial-mrna-based-malaria-vaccine-candidate-2022-12-23/ 5. https://www.clinicaltrialsarena.com/news/biontech-vaccine-candidate-malaria/ 3) LA MALARIA SI PUÒ CURARE L'inoculazione di prodotti sperimentali è del tutto insensata, a maggior ragione perché esistono attualmente dei trattamenti efficaci per la malaria. In linea di massima si può usare la clorochina, ma se il ceppo di malaria ha sviluppato resistenza (https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2794759) è più indicata l'artemisinina, oppure proguanil, quinina e clindamicina. Il trattamento della Malaria infatti si basa principalmente sull'adattare l'uso di questi farmaci (https://www.aafp.org/pubs/afp/issues/2022/0900/malaria.html) in base al ceppo di provenienza del parassita, perché in diverse regioni può aver sviluppato diverse resistenze ai farmaci. In quei casi in cui si dovesse sviluppare una malaria grave, il trattamento invece è l'artesunato da somministrare per via endovenosa (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK294445/#ch7.s6) per poi passare alle terapie già menzionate. I pro vax sicuramente obietterebbero dicendo che il vaccino è preferibile perché a furia di trattare la malaria coi farmaci si sviluppa farmacoresistenza, ma in realtà un fenomeno analogo, ancor più grave perché porta alla selezione di nuove varianti (https://t.me/dereinzigeitalia/527), può succedere con qualsiasi tipo di vaccino. CONCLUSIONI Big Pharma col covid in Africa ha potuto fare pochi affari, e quindi adesso vogliono avere la loro rivalsa usando la malaria, una patologia che è sempre stata problematica in Africa, e sfruttando la tendenza che gli africani rifiutano meno i vaccini per la malaria rispetto ai vaccini per altre patologie. In questo modo quello che hanno fatto qui con il veleno Pfizer potranno farlo lì con l'equivalente della malaria. Fonte Canale Telegram: https://t.me/dereinzigeitalia
    T.ME
    Der Einzige 2 - L'angolo degli ebetizzati
    Questo è lo studio sul vaccino a mRNA per la malaria di cui parlerò nel prossimo post del canale grande. Ve lo metto qui perché è attualmente inaccessibile senza proxy universitario, dato che essendo troppo recente, su sci hub non si trova. Link originale https://www.nature.com/articles/s41590-023-01562-6
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  • "Invisibili" - dibattito post proiezione - Bareggio 15 luglio 2023 - interventi e domande del pubblico - Parte Seconda

    Alberto Donzelli: "...Sulla popolazione abbiamo visto i dati inglesi, dove c'è, c'è una tendenza, all'aumento della mortalità, che è la punta dell'iceberg dei danni, quante più dosi si effettuano. Quindi il fatto di dar retta a chi dice facciamo una vaccinazione all'anno, come ormai oggi viene sdoganato da La Repubblica continuamente, piuttosto che da altri ancora più autorevoli istituzionali portatori di messaggio, a partire dall'OMS, ovviamente fa perdere credibilità a chi da' questo tipo di messaggio..."

    Interventi e domande del pubblico ai relatori presenti in sala.
    Testimonianze di altri danneggiati in modo grave da vaccino.
    Sono utili le analisi periodiche?
    Cosa possiamo fare in caso di danni da vaccino?
    Le malattie auto-immuni indotte da vaccino.
    Cosa possiamo fare per chiedere l'indennizzo per i danni subiti da vaccino?
    I gravi danni che le mascherine possono provocare.

    https://rumble.com/v31v0os-invisibili-dibattito-post-proiezione-bareggio-interventi-e-domande-del-pubb.html?mref=zns5u&mc=uqu8z

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    "Invisibili" - dibattito post proiezione - Bareggio 15 luglio 2023 - interventi e domande del pubblico - Parte Seconda Alberto Donzelli: "...Sulla popolazione abbiamo visto i dati inglesi, dove c'è, c'è una tendenza, all'aumento della mortalità, che è la punta dell'iceberg dei danni, quante più dosi si effettuano. Quindi il fatto di dar retta a chi dice facciamo una vaccinazione all'anno, come ormai oggi viene sdoganato da La Repubblica continuamente, piuttosto che da altri ancora più autorevoli istituzionali portatori di messaggio, a partire dall'OMS, ovviamente fa perdere credibilità a chi da' questo tipo di messaggio..." Interventi e domande del pubblico ai relatori presenti in sala. Testimonianze di altri danneggiati in modo grave da vaccino. Sono utili le analisi periodiche? Cosa possiamo fare in caso di danni da vaccino? Le malattie auto-immuni indotte da vaccino. Cosa possiamo fare per chiedere l'indennizzo per i danni subiti da vaccino? I gravi danni che le mascherine possono provocare. https://rumble.com/v31v0os-invisibili-dibattito-post-proiezione-bareggio-interventi-e-domande-del-pubb.html?mref=zns5u&mc=uqu8z #imbio #laboratorioimbio #mantovani #mauromantovani #dottormantovani #albertodonzelli #donzelli #dottordonzelli #avvocatovaccarella #invisibili #invisibilibareggio #docufilm #paolocassina #covid-19 #no-vaccine #stopcovid-19vaccines #comitatoascoltami
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  • Lunedì 19 giugno Nicola Porro ha intervistato in esclusiva l'imprenditore più ricco del mondo, con cui ha parlato di denatalità, Twitter e intelligenza artificiale...

    Lunedì 19 giugno a Quarta Repubblica è andata in onda l'intervista esclusiva di Nicola Porro a Elon Musk, l'imprenditore più ricco del mondo. Musk ha parlato del problema della denatalità in Italia e nel mondo, di Twitter, di intelligenza artificiale ed energie rinnovabili.

    "L'Italia è un Paese fantastico, anche per investire", esordisce Elon Musk spiegando di essere stato più volte in vacanza in Italia e di aver festeggiato i suoi quarant'anni a Venezia. Secondo l'ad di Tesla, il nostro Paese è attraversato dal problema della denatalità: "Mi preoccupo per il tasso di natalità troppo basso, dovete fare figli. La tendenza a livello globale è questa e gli essere umani rischiano di scomparire". "Le proiezioni attuali vanno in questa direzione: credo che l'anno scorso siano morte il doppio delle persone rispetto ai nuovi nati - prosegue Musk - Non penso che l'immigrazione possa risolvere questo problema. Francamente penso si tratti più di una questione morale e pi la popolazione diminuisce più si riduce la consapevolezza collettiva e di conseguenza la nostra capacità di capire la natura dell'universo".

    Ovviamente si è parlato anche di Twitter, recentemente diventato di proprietà dell'imprenditore americano: "A volte mi viene detto che dovrei impedire a qualcuno di parlare, ma io penso che, se questa persona non sta violando la legge, non ci siano motivi per cui io le impedisca di esprimersi. Se le persone vogliono che la legge sia diversa allora devono far approvare una nuova legge, però non deve essere Twitter a decidere cosa sia legale e cosa non lo sia".

    Nicola Porro introduce poi il tema dell'intelligenza artificiale: "È un'arma a doppio taglio, come il nucleare, perché si tratta di una tecnologia molto potente e per questo può essere usata in modo sbagliato. Tutti dovremmo preoccuparci: cosa succede ora che c'è qualcosa che può essere più intelligente degli essere umani?".

    Durante l'intervista si discute anche di energie rinnovabili: "Servono l'energia solare e quella eolica, un mix delle due fonti rinnovabili, ma sono anche a favore del nucleare".

    https://mediasetinfinity.mediaset.it/article/mediasetinfinity/quartarepubblica/nicola-porro-intervista-elon-musk-denatalita-twitter-intelligenza-artificiale_SE000000000560_a42758

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    Lunedì 19 giugno Nicola Porro ha intervistato in esclusiva l'imprenditore più ricco del mondo, con cui ha parlato di denatalità, Twitter e intelligenza artificiale... Lunedì 19 giugno a Quarta Repubblica è andata in onda l'intervista esclusiva di Nicola Porro a Elon Musk, l'imprenditore più ricco del mondo. Musk ha parlato del problema della denatalità in Italia e nel mondo, di Twitter, di intelligenza artificiale ed energie rinnovabili. "L'Italia è un Paese fantastico, anche per investire", esordisce Elon Musk spiegando di essere stato più volte in vacanza in Italia e di aver festeggiato i suoi quarant'anni a Venezia. Secondo l'ad di Tesla, il nostro Paese è attraversato dal problema della denatalità: "Mi preoccupo per il tasso di natalità troppo basso, dovete fare figli. La tendenza a livello globale è questa e gli essere umani rischiano di scomparire". "Le proiezioni attuali vanno in questa direzione: credo che l'anno scorso siano morte il doppio delle persone rispetto ai nuovi nati - prosegue Musk - Non penso che l'immigrazione possa risolvere questo problema. Francamente penso si tratti più di una questione morale e pi la popolazione diminuisce più si riduce la consapevolezza collettiva e di conseguenza la nostra capacità di capire la natura dell'universo". Ovviamente si è parlato anche di Twitter, recentemente diventato di proprietà dell'imprenditore americano: "A volte mi viene detto che dovrei impedire a qualcuno di parlare, ma io penso che, se questa persona non sta violando la legge, non ci siano motivi per cui io le impedisca di esprimersi. Se le persone vogliono che la legge sia diversa allora devono far approvare una nuova legge, però non deve essere Twitter a decidere cosa sia legale e cosa non lo sia". Nicola Porro introduce poi il tema dell'intelligenza artificiale: "È un'arma a doppio taglio, come il nucleare, perché si tratta di una tecnologia molto potente e per questo può essere usata in modo sbagliato. Tutti dovremmo preoccuparci: cosa succede ora che c'è qualcosa che può essere più intelligente degli essere umani?". Durante l'intervista si discute anche di energie rinnovabili: "Servono l'energia solare e quella eolica, un mix delle due fonti rinnovabili, ma sono anche a favore del nucleare". https://mediasetinfinity.mediaset.it/article/mediasetinfinity/quartarepubblica/nicola-porro-intervista-elon-musk-denatalita-twitter-intelligenza-artificiale_SE000000000560_a42758 #elonmusk #musk #ai #nicolaporro
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    Quarta Repubblica, Nicola Porro intervista esclusiva a Elon Musk - Quarta repubblica | Mediaset Infinity
    Nicola Porro ha intervistato in esclusiva Elon Musk, imprenditore più ricco al mondo, che ha parlato di denatalità, Twitter e intelligenza artificiale
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